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ai tempi del COVID-19 (la parola ai poeti)

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2020 08:06
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22/03/2020 08:06
 
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Maria Grazia Calandrone

La casa

Senti come funziona la casa che amavi. Le resistenze elettriche
vibrano negli astucci
di polietilene, le condotte
fiottano. Analizza l’amore
che le cose ti portano. Le superfici
lisce, non intaccate. Esse
sono vicine, disponibili. Analizza l’amore
che le cose ti portano ancora. La durezza concreta degli smalti. I solventi, le cere
sparse sui legni di una nave affondata
nel cielo. Io
diffuso
nel corpo collettivo vulnerabile.

Morbilità. Guerra
dall’invisibile. Tutti dicono
guerra. Il nostro primo scontro planetario
non l’avevamo immaginato così. Resistenza immobile
contro un unico sciame. In assenza di corpi, il corpo urbano è
astratto, scarnificato. Paesaggio con sirene,
uno sconcerto
inferto
al corpo comune. I palazzi sporgono dall’asfalto
come fenomeni del Pleistocene.
Le costole fluttuanti della Tangenziale, il gran riso sdentato
del Colosseo, riso totale
dell’arcata dentale
con gli alveoli vuoti. Rictus
prestorico, cava del sogno di maschere severe del futuro.

Adoperano strumenti simili a quelli del verderame, per nebulizzare le strade
con un amalgama di acidi
iridescenti. Metti il corpo lavato nell’aria. L’aria
è un reagente, si addensa
quando tocca una corolla. Riconosce la vita, l’
accarezza. Anche questa
che muore da sola. Intorno ai polsi
ha un’estate in rovina.
Quando l’alieno sarà stato esposto
alla coscienza, verrà ingoiato nell’indifferenza della storia
insieme all’immodificabile ammontare
dei morti. Quello che brilla, mi dicevi sempre, non ha fine.
Il lavandino, una stella.

Ci orientavamo nello spaziotempo dei pomeriggi
filando dietro al suono di ogni nome
aperto dal dialetto come un’arancia. Sentivamo di essere vicini
al punto di rottura di un sistema, un ingranaggio asciutto
che non vale la pena definire ancora.

Borchie e lastre. Nei fatti, tutto è fermo
come da un blocco di paesaggio sognato.
Ma è passato talmente tanto tempo
e a non avere fine non sono state stelle
né pianeti, sei stata tu: a non avere fine
sono quelli che fanno brillare
il mondo dentro il suo mero essere
questo silenzio ampio, domenicale, con la voce che chiama
dalla cucina.

O dalla fine del mondo, è lo stesso, se a chiamare è la voce
di chi governa fino a tarda sera
e poi
cede al futuro, che è una conchiglia di memoria, lo splendore promesso
quando ogni mattina mi posavi
una tazza di latte sul comodino.



"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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