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Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie.

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2016 08:11
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21/04/2016 08:11
 
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Le ultime poesie scritte da Sylvia Plath sono testi indipendenti o costituiscono un unico poema?

...............
Manca solo qualche giorno a quel fatidico 11 febbraio 1963 quando Sylvia scrive:

"La perfezione è terribile, non può avere figli,
fredda come alito di neve, comprime il ventre

dove i tassi soffiano come idre,
l’albero della vita e l’albero della vita

che sciolgono le loro lune, mese dopo mese, senza scopo.
La piena del sangue è piena d’amore,

sacrificio assoluto.
Significa: non più idoli, solo io,

io e te.
Così nella loro sulfurea bellezza, nei loro sorrisi

Questi manichini posano sghembi stasera
A Monaco, obitorio tra Parigi e Roma,

nudi e calvi nelle loro pellicce,
lecca lecca arancioni su bastoni d’argento

insopportabili, senza intelletto.
(….)

Oh l’aria casalinga di queste finestre,
i pizzi da neonato, i dolci ornati di foglie verdi,

i grevi tedeschi addormentati nel loro Stolz senza fondo.
E appesi ai ganci i telefoni neri

Che luccicano
Luccicano e digeriscono

L’assenza di voci. La neve non ha voce
"(I MANICHINI DI MONACO).

Il tema della perfezione è qui delineato chiaramente, nella sua impossibile conciliazione con la vita. I manichini incarnano perfettamente ciò che si vorrebbe dalla donna, una volta tolta la sua facoltà di fare figli. A circostanziarla è la città di Monaco, un obitorio tra Roma e Parigi, colto nel suo freddissimo inverno, dove la neve ha il compito di soffocare l’albero della vita celato nel ventre di ogni donna col suo respiro di morte, diventando quasi fisicamente visibile nei telefoni neri appesi ai ganci.
Spettrale e assurdamente crudele il paesaggio che invece rimanda a simboli di vita, come i pizzi da neonato.
Si delinea in questo brano uno dei temi tragici di queste ultime poesie, cioè il contrasto tra natura e maternità.
Solo un cenno al fatto che i manichini sono opera della volontà e rappresentano nel’immaginario d’uomo la priorità delle proporzioni femminili sulle sue capacità intellettuali.
In effetti in un mondo dominato dal potere maschile la forza della natura:

"soffia come idre\l’albero della vita"
…..e anche se

"La piena del sangue è piena d’amore,

sacrificio assoluto.
Significa non più idolo, solo io,
io e te."


viene distorta dal suo scopo, lavorando per lui e contro sé stessa.

il risultato è questo

"sciogliere le lune, mese dopo mese, senza scopo."

[Che in TOTEM diverrà:

"non esiste stazione finale, solo valigie

dalle quali esce e si dispiega lo stesso io come un vestito
liso e lustro.
"]

Siamo qui in presenza di una metafora viva dove natura e uomo sembrano concordi nella distruzione da operare assieme. Il risultato è costituito da questi manichini che invadono Monaco

"insopportabili, senza intelletto"



Se i manichini di Monaco, rappresentano l’ouverture, LIMITE è l’atto finale della stessa sinfonia.
Stesso tema, ma con la solennità del coro:

"La donna ora è perfetta
Il suo corpo

morto veste il sorriso della compiutezza,"

La dissociazione della vita dal corpo di donna è dunque il suggello della perfezione. Questo sembra dire nel suo incipit ed è naturale leggerci, tutto quello che, a parte le luci, nella storia si è voluto da una Donna, ruolo passivo nella società, oggetto degli appetiti dell’uomo, spesso impotente come l’autrice stessa dinnanzi al tradimento. A darle compiutezza c’è anche il sorriso che la fa rassomigliare ad una statua greca. Ma si ha subito l’impressione che ci voglia introdurre in un discorso che non riguarda semplicemente la donna. Cosa intende dire con l’espressione

"l'illusione di una necessità greca

fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi

nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita"


parla di qualcosa che riguarda la tragicità, credo, che fissa questa donna per sempre in una illusione marmorea. Credo anche che ci voglia mettere sull’avviso che non sta parlando di Sylvia, ma della sua proiezione in un mondo tragico.
Nella strofa successiva la scena si sposta sui bambini morti:

"I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,

presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti

di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino

s'irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno"
.(LIMITE)

È naturale anche qui pensare che la necessità di cui parla nei versi precedenti non sia altro che il destino così come è nella tragedia antica. Io penso a Medea ed all’assassinio dei suoi figli per vendicare il tradimento di Giasone. La necessità greca vorrebbe portarseli via, come la rosa con i suoi petali quasi a rivendicare la loro appartenenza esclusiva alla madre nel momento della rescissione del vincolo matrimoniale.
Adesso però la poesia s’illumina di una nuova luce. Diversamente dal caso di Medea che per vendicare il tradimento, uccide i figli e fugge via, il destino qui esige la morte della madre e dei figli. E’ questa la scena finale della tragedia a cui pensa di assistere Sylvia.
Medea col suo atto si ribella al tradimento, ma qui è in gioco tutto l’essere Donna ed il suo morire (per opera di chi? Con quale modalità? Suicidio? Nessuna indicazione!) insieme ai frutti del matrimonio, appare come un estremo atto perpetrato da qualcuno\ qualcosa a suo danno e condotto in nome di un perverso gioco di perfezione\distruzione. Ci troviamo di fronte ad un nuovo modo di essere Medea e di portare all’ estremo limite il male contro la Donna soprattutto nel suo aspetto di Maternità. Ciò che avverrà dopo alla poetessa non riguarda questa poesia e le pulsioni estreme di cui è portatrice, ma la vita reale dove l’amore materno prevarrà sulla necessità greca.
E noi?
Verrà a noi ogni volta che leggiamo la poesia di pensare al suicidio e dunque a mettere al posto della donna morta la stessa Sylvia, togliendo dalla scena i bambini per farli risorgere come piccoli lazzari dal loro ripiegarsi sulle tazze di latte vuote. L’operazione però non è del tutto legittima dal momento che nella metafora dell’irrigidirsi del giardino, viene indicata una forza ostile superiore che rende inevitabile il richiudersi della rosa. Traducendo la metafora l’autrice sta dicendo che ad uccidere e quindi ad avere parte attiva è il giardino, diventato terreno impossibile per la fioritura. Ma il giardino rappresenta l’uomo o racchiude l’idea più vasta della Natura?
Nel propendere per quest’ultima sembrerebbe che Sylvia si sia convinta che all’interno della Natura operi una forza ostile a chi ci abita.
Ipotesi che sembra avere risposta nel corpo di questa come di altre poesie.
C’è da chiedersi perché poi tra i tanti modi per rappresentare i figli abbia scelto dei serpenti. La risposta forse è in TOTEM.

Eccomi dunque a questa poesia e alla forza inesorabile che piega a sé persino i binari mentre sono fotografati nella loro inutile corsa senza una meta precisa. Penso all’inclemenza nella mannaia del macellaio ed all’ assenza assoluta di pietà nell’ aborto di lepre. Il padrone di questo mondo è soltanto la morte mentre il cobra, il serpente dal morso letale, rappresenta il suo totem. In questa ottica non esistono che brevi comparse, dell’io, con le tasche piene di desideri e assenza di mete finali, del ragno sorpreso mentre incute terrore di morte alla mosca ma destinato a sua volta a finire a bastonate. E a nulla valgono le ostie che dovevano salvare il mondo, la placenta di Platone col suo contenuto di civiltà e razionalità, il Cristo che prometteva vita eterna, ridotti entrambi ad effigie dello stesso totem su cui è impressa la loro sconfitta.
E’ in questo mondo che si svolge la vita di tutti dove l’unica destinazione è rappresentata dall’abbraccio della morte.
C’è da averne terrore?

"Mi lascerò atterrire dal cappuccio del cobra_____
Dalla solitudine del suo occhio, l’occhio delle montagne
Attraverso cui sfila eternamente il cielo? "(TOTEM)
……


Lo stesso destino di perfezione della donna morta accompagna il protagonista di “PARALITICO”.
Sta lì nella sua immobilità assoluta, a tenerlo in vita è un polmone d’acciaio, il suo Dio.
Tutti gli passano accanto, la moglie, i figli gli anonimi. Lui è vivo, sente scorrere il sangue nella pietra morta del cervello, è cosciente di quello che accade anche se in una strana perfezione vegetale che non chiede nulla alla vita.

"L’artiglio
della magnolia,
Ebbra dei suoi profumi,
non chiede nulla alla vita"
(PARALITICO)


In MISTICA non c’è una risposta alla domanda:

"Quando si è visto Dio, qual è il rimedio?"

O meglio, se c’è è per ridurne la portata:

"non c’è grande amore, solo tenerezza? " (MISTICA)

L’assenza di amore dunque è il grande dramma. L’illusione che ce ne sia genera le domande che turbinano come uncini per la pelle. Sembra un’ esaltazione di tutto ma poi ogni cosa ritorna al suo posto. Chi procede su questa strada, sembra dire l’autrice esperisce qualcosa che lo trasformerà radicalmente. Volere Dio equivale a volere la propria distruzione, l’annullamento completo della propria volontà in funzione di quella Altrui. Fondamento della religione è infatti fare la volontà di Dio:
-Sia fatta la tua volontà! Recita la preghiera di Gesù!
Ma che c’entra tutto questo con Sylvia? Niente direi se non che Dio ed il rapporto mistico sono due metafore meravigliose. Sembra che la nostra autrice voglia chiarire a sé stessa il significato stesso dell’amore, di chi ha amato e da chi è stata amata. Se l’amore è un legame così estremo, come è possibile che finisca o scadi a tenerezza?
Quando si è vissuto così profondamente l’amore, tanto da fare dell’altro un Dio e da essere posseduto da esso, non è possibile tornare indietro. Se questo succede ogni cosa perde di significato compresa la vita che infatti continua a scorrere-ed il cuore a battere-come se niente fosse.
Il pensiero corre a Saffo:

"simile a un dio è quell’uomo…"

ma anche a PAROLE. Dove al delitto operato dal taglio del legno corrisponde un’eco che riporta la sofferenza mortale dell’albero. Parole\echi dunque che corrispondono al vero sofferto ma destinate a perdersi inesorabilmente nel tempo.
E niente e nessuno è capace di colmare quel senso di svuotamento di significato, identico a quello di Mistica-dove:

"il significato cola dalle molecole".(MISTICA)

E arriviamo a GIGOLO’. Cosa c’entra questa poesia col contesto di morte e perdita di senso del resto?
C’entra la macchina perfetta quasi da Casanova felliniano

"La mia bocca s’incurva
Nella smorfia di Cristo
Quando il mio motore arriva alla fine

ed il suo narcisismo assoluto:

soddisfatto,
tutta l’acqua che ricade un occhio
sul cui specchio teneramente
mi sporgo e vedo me."


Ed in effetti riecco emergere la tenerezza ma come amore di sé. Se l’amore per l’altro è un fallimento, quello per la propria persona è invece robusto e indistruttibile. L’amore del GIGOLO è solo un pretesto per mettere in moto dei muscoli d’acciaio e:

Mutare
"le femmine in fremiti d’argento"

GIGOLO’ dunque rappresenta la verità di sesso nascosto nel rapporto di coppia, una verità che al riparo dalle foto di famiglia e dagli anelli al naso fa valere su tutto

"una distesa di seni come meduse" (GIGOLO’)

Dal lato opposto di Mistica, Gigolò rappresenta l’uomo perfetto senza veli, nel suo credersi immortale ma che, guardato nella sua essenza di maschio, è incapace di amore verso l’altro. Se questo è il Dio\uomo, quali sono le conseguenze?
La risposta è in BONTA’:
una bontà zuccherosa pervade la casa, solo le grida dei bambini, nella loro innocenza rappresentano l’eco dell’albero tagliato di PAROLE. I bambini non sanno nulla di questa

"bontà premurosa che soavemente ricompone i cocci sparsi" (BONTA’)

ma la vedono all’opera nei sorrisi e nel Padre che arriva con una tazza di tè
incapace, a sua volta, di cogliere la profondità della ferita da cui sgorga uno zampillo di sangue, impossibile da tamponare ma anche da cogliere come messaggio dell’animo e dunque rivelazione poetica.
La divisione intellettuale prima ancora che sentimentale è segnata da questo gesto di porgere i due bambini, come fossero due mazzi di rose donati per galanteria. Formalismo di sorrisi edulcorati e falsità da una parte, sanguinamento dell’ io dall’altra.
Mondi inconciliabili come sul palcoscenico di una tragedia in cui il finale è preannunciato da CONTUSIONE. Il sangue fluisce nella parte lesa,

"il colore affluisce nel punto, viola opaco
il resto del corpo è slavato
colore di perla.

In un pozzo di roccia
Il mare succhia ossessivo,
una cavità perno di tutto il mare"


insomma, tutto il dolore si accumula in un punto e finisce solo quando

"il cuore si chiude
il mare rifluisce
gli specchi sono velati.
"(CONTUSIONE)

Resta il tema dei bambini, gli unici puri a cavalcare la scena, per i quali ancora sobbalza il cuore:

"Il tuo occhio limpido è l’unica cosa infinitamente bella" (BAMBINO)

Riempirlo con tutte le cose buone e innocenti dovrebbe essere il minimo lavoro etico
di qualunque genitore poichè anche in un gioco innocente come quello di mordere un palloncino si può nascondere il desiderio di possedere il mondo e di distruggerlo.

"Il tuo
fratellino fa
stridere il suo palloncino come un gatto.
Sembra vedere
dall’altra parte un buffo mondo rosa da mangiare
E morde

Poi cade seduto,
brocchetta grassa, contemplando un mondo chiaro come l’acqua.
Nel pugnetto
un brandello rosso".(PALLONCINO)

Non è un caso che questi versi finali siano rivolti a sua figlia. Di fronte a lei c’è un bocciolo di uomo che gioca a divenire padrone del mondo, donna compresa.

(fintipa2)




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Nota: I versi riportati in lingua italiana nel mio testo sono tratti da: SYLVIA PLATH –Tutte le poesie –Oscar Mondadori-2013 -[Testi originali delle poesie citate:

1-The Munich Mannequins

Perfection is terrible, it cannot have children.
Cold as snow breath, it tamps the womb

Where the yew trees blow like hydras,
The tree of life and the tree of life

Unloosing their moons, month after month, to no purpouse.
The blood flood is the flood of love,

The absolute sacrifice.
It means: no more idols but me,

Me and you.
So, in their sulfur loveliness, in their smiles

These mannequins lean tonight
In Munich, morgue between Paris and Rome,

Naked and bald in their furs,
Orange lollies on silver sticks,

Intolerable, without minds.
The snow drops its pieces of darkness,

Nobody’s about. In the hotels
Hands will be opening doors and setting

Down shoes for a polish of carbon
Into which broad toes will go tomorrow.

O the domesticity of these windows,
The baby lace, the green-leaved confectionery,

The thick Germans slumbering in their bottomless Stolz.
And the black phones on hooks

Glittering
Glittering and digesting

Voicelessness. The snow has no voice

2-Totem

The engine is killing the track, the track is silver,
It stretches into the distance. It will be eaten nevertheless.

Its running is useless.
At nightfall there is the beauty of drowned fields,

Dawn gilds the farmers like pigs,
Swaying slightly in their thick suits,

White towers of Smithfield ahead,
Fat haunches and blood on their minds.

There is no mercy in the glitter of cleavers,
The butcher’s guillotine that whispers: ‘How’s this, how’s this?’

In the bowl the hare is aborted,
Its baby head out of the way, embalmed in spice,

Flayed of fur and humanity.
Let us eat it like Plato’s afterbirth,

Let us eat it like Christ.
These are the people that were important —-

Their round eyes, their teeth, their grimaces
On a stick that rattles and clicks, a counterfeit snake.

Shall the hood of the cobra appall me —-
The loneliness of its eye, the eye of the mountains

Through which the sky eternally threads itself?
The world is blood-hot and personal

Dawn says, with its blood-flush.
There is no terminus, only suitcases

Out of which the same self unfolds like a suit
Bald and shiny, with pockets of wishes,

Notions and tickets, short circuits and folding mirrors.
I am mad, calls the spider, waving its many arms.

And in truth it is terrible,
Multiplied in the eyes of the flies.

They buzz like blue children
In nets of the infinite,

Roped in at the end by the one
Death with its many sticks.

3-Paralytic

It happens. Will it go on? ——
My mind a rock,
No fingers to grip, no tongue,
My god the iron lung

That loves me, pumps
My two
Dust bags in and out,
Will not

Let me relapse
While the day outside glides by like ticker tape.
The night brings violets,
Tapestries of eyes,

Lights,
The soft anonymous
Talkers: 'You all right?'
The starched, inaccessible breast.

Dead egg, I lie
Whole
On a whole world I cannot touch,
At the white, tight

Drum of my sleeping couch
Photographs visit me-
My wife, dead and flat, in 1920 furs,
Mouth full of pearls,

Two girls
As flat as she, who whisper 'We're your daughters.'
The still waters
Wrap my lips,

Eyes, nose and ears,
A clear
Cellophane I cannot crack.
On my bare back

I smile, a buddha, all
Wants, desire
Falling from me like rings
Hugging their lights.

The claw
Of the magnolia,
Drunk on its own scents,
Asks nothing of life.

4-Child

I want to fill it with color and ducks,
The zoo of the new
Whose name you meditate--
April snowdrop, Indian pipe,
Little

Stalk without wrinkle,
Pool in which images
Should be grand and classical

Not this troublous
Wringing of hands, this dark
Ceiling without a star.

5-Gigolo

Pocket watch, I tick well.
The streets are lizardy crevices
Sheer-sided, with holes where to hide.
It is best to meet in a cul-de-sac,

A palace of velvet
With windows of mirrors.
There one is safe,
There are no family photographs,

No rings through the nose, no cries.
Bright fish hooks, the smiles of women
Gulp at my bulk
And I, in my snazzy blacks,

Mill a litter of breasts like jellyfish.
To nourish
The cellos of moans I eat eggs -
Eggs and fish, the essentials,

The aphrodisiac squid.
My mouth sags,
The mouth of Christ
When my engine reaches the end of it.

The tattle of my
Gold joints, my way of turning
Bitches to ripples of silver
Rolls out a carpet, a hush.

And there is no end, no end of it.
I shall never grow old. New oysters
Shriek in the sea and I
Glitter like Fontainebleau

Gratified,
All the fall of water and eye
Over whose pool I tenderly
Lean and see me.

6-Mystic

The air is a mill of hooks --
Questions without answer,
Glittering and drunk as flies
Whose kiss stings unbearably
In the fetid wombs of black air under pines in summer.


I remember
The dead smell of sun on wood cabins,
The stiffness of sails, the long salt winding sheets.
Once one has seen God, what is the remedy?
Once one has been seized up

Without a part left over,
Not a toe, not a finger, and used,
Used utterly, in the sun's conflagration, the stains
That lengthen from ancient cathedrals
What is the remedy?

The pill of the Communion tablet,
The walking beside still water? Memory?
Or picking up the bright pieces
Of Christ in the faces of rodents,
The tame flower-nibblers, the ones

Whose hopes are so low they are comfortable --
The humpback in his small, washed cottage
Under the spokes of the clematis.
Is there no great love, only tenderness?
Does the sea

Remember the walker upon it?
Meaning leaks from the molecules.
The chimneys of the city breathe, the window sweats,
The children leap in their cots.
The sun blooms, it is a geranium.

The heart has not stopped.
Kindness
Kindness glides about my house.
Dame Kindness, she is so nice!
The blue and red jewels of her rings smoke
In the windows, the mirrors
Are filling with smiles.

What is so real as the cry of a child?
A rabbit's cry may be wilder
But it has no soul.
Sugar can cure everything, so Kindness says.
Sugar is a necessary fluid,

Its crystals a little poultice.
O kindness, kindness
Sweetly picking up pieces!
My Japanese silks, desperate butterflies,
May be pinned any minute, anesthetized.

And here you come, with a cup of tea
Wreathed in steam.
The blood jet is poetry,
There is no stopping it.
You hand me two children, two roses

7-Words

Axes
After whose stroke the wood rings,
And the echoes!
Echoes traveling
Off from the center like horses.

The sap
Wells like tears, like the
Water striving
To re-establish its mirror
Over the rock

That drops and turns,
A white skull,
Eaten by weedy greens.
Years later I
Encounter them on the road—-

Words dry and riderless,
The indefatigable hoof-taps.
While
From the bottom of the pool, fixed stars
Govern a life.

8-Contusion

Color floods to the spot, dull purple.
The rest of the body is all washed-out,
The color of pearl.

In a pit of a rock
The sea sucks obsessively,
One hollow thw whole sea's pivot.

The size of a fly,
The doom mark
Crawls down the wall.

The heart shuts,
The sea slides back,
The mirrors are sheeted.

9-Balloons

Since Christmas they have lived with us,
Guileless and clear,
Oval soul-animals,
Taking up half the space,
Moving and rubbing on the silk

Invisible air drifts,
Giving a shriek and pop
When attacked, then scooting to rest, barely trembling.
Yellow cathead, blue fish---
Such queer moons we live with

Instead of dead furniture!
Straw mats, white walls
And these traveling
Globes of thin air, red, green,
Delighting

The heart like wishes or free
Peacocks blessing
Old ground with a feather
Beaten in starry metals.
Your small

Brother is making
His balloon squeak like a cat.
Seeming to see
A funny pink world he might eat on the other side of it,
He bites,

Then sits
Back, fat jug
Contemplating a world clear as water.
A red
Shred in his little fist.

10-Edge

The woman is perfected.
Her dead

Body wears the smile of accomplishment,
The illusion of a Greek necessity

Flows in the scrolls of her toga,
Her bare

Feet seem to be saying:
We have come so far, it is over.

Each dead child coiled, a white serpent,
One at each little

Pitcher of milk, now empty.
She has folded

Them back into her body as petals
Of a rose close when the garden

Stiffens and odors bleed
From the sweet, deep throats of the night flower.

The moon has nothing to be sad about,
Staring from her hood of bone.

She is used to this sort of thing.
Her blacks crackle and drag.]
[Modificato da cripaf 21/04/2016 08:24]
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