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Le ochette

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2012 07:26
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21/03/2012 10:06
 
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Capita di fare sogni così angoscianti da desiderare che si interrompano all'istante.
E' così forte la volontà di uscirne da ritrovarsi desti, il ticchettio di una sveglia a scandire il buio e gli occhi spalancati a perforarlo, cercando di intuire i contorni familiari della vita reale.
Ma per quanti sforzi facessi per svegliarmi, l'uomo davanti a me quella mattina non spariva e continuava a pronunciare parole di cui non volevo comprendere appieno il significato.
Uscii dallo studio medico stringendo in mano una cartellina verde che pesava come il piombo. Gli ultimi sospiri dell'inverno erano dissipati da una primavera precoce, ma io sentivo freddo. Avevo paura.
Malciloma maligno al seno destro, niente apparenti metastasi, 6 sedute di chemioterapia ad intervalli di dodici giorni una dall'altra,conseguente radioterapia.

Il tema dei mesi a venire finiva in _ia.
Assurdamente, camminando, continuavo a cercare parole che facessero rima con quelle dell'incubo che ancora mi avvolgeva impietoso: nostalgia, malinconia, malattia, via, via, via, volevo scappare via, lontano da tutto e soprattutto da me.
Ci sono persone che entrano nella tua vita come un vento impetuoso, spalancano le imposte, gonfiano le tende, scompigliano i capelli, poi fuggono lasciandosi dietro solo qualche pensiero sparpagliato sul pavimento.
Altre bussano e varcano la tua soglia in punta di piedi. Si accucciano in silenzio in un angolo, senza spostare niente e lì rimangono per sempre, semplicemente essendoci, indelebili presenze.
Notai subito Tania entrando nella sala d'aspetto del reparto di oncologia. Tra quei muri pitturati di un chiarissimo verde acqua che provavano, senza riuscirci, ad infondere serenità, si distingueva tacendo, in mezzo al chiacchericcio confuso di anime che condividendo il dolore cercavano di renderlo meno greve.
Si era isolata dal gruppo di donne che la malasorte avevo riunito in quella stanza e, proprio perchè silente, scelsi di sedermi vicino a lei. Nemmeno io avevo voglia di parlare e lei non aveva proprio l'aria di voler attaccare discorso con alcuno.
Il naso affondato in un libro, ascoltava chissà quale musica con le cuffiette di un hi_pod sulle orecchie, e non so perchè mi venne in mente, guardandola, la poesia dell'albatros, uccello maestoso in cielo, essere goffo e impacciato sulla terra. Mai immagine fu più indovinata, ma questo lo avrei scoperto solo più tardi.
Aveva i capelli neri legati con noncuranza, e qualche ciuffo sfiorava, sfuggendo dall'elastico, le pagine del libro.
Ci ricoverarono nella stessa camera.
Diventammo amiche così, mentre il mondo ci crollava addosso.
Lentamente, tra le notti bianche di gemiti dell'ospedale facevamo entrare l'una nel mondo dell'altra, raccontandoci.
Campionessa regionale di deltaplano quella miniatura di donna s'illuminava parlandomi della sua grande ala, comprata facendo tanti sacrifici.

Mi parlava del vento e delle correnti favorevoli che l'aiutavano a volare: quelle termiche che creano bolle d'aria calda e ti sollevano sempre più in alto, le ascensionali che quasi ti rapiscono dalla cima della roccia scelta per saltare, e ti fanno viaggiare veloce in gara con gli uccelli compagni di gioco, persi lassù nell'azzurro.
Col parapendio si vola anche a oltre mille metri di quota, dove a regnare è soltanto la voce delle nuvole.
Mi diceva di chiudere gli occhi e di immaginarmi al mare, in un pomeriggio di vento.
Con le parole, mi disegnava quelle piccole increspature che si formano a fior d'acqua e s'inseguono ridenti. Si chiamano "ochette" e, se le nuvole sono le compagne di gioco, loro sono le consigliere dei parapendisti.
E' guardando la direzione e la velocità del loro incedere che si intuisce quanto sia buono quel giorno per volare.
Io, da parte mia, la portavo tenendola per mano nel mio universo fatto di colori.
La pelle nuda che si trasformava in opera d'arte era la mia passione. Spiegavo, con fervore, come parlassi con la persona che dovevo tatuare, per ore.
Prima di cominciare volevo conoscerla almeno un po’, dipingerle addosso qualcosa che fosse già parte di lei.
Le descrivevo la magìa che avevano per me i fiori che mi adornavano un braccio leggeri o come le avrei fatto nascere sulla schiena le ali, se un giorno me lo avesse permesso.
Lei mi guardava rapita e mi faceva segno di si con la testa.
Anche nel tempo più infingardo sono celati doni preziosi.
L'amicizia tra me e quella buffa ragazza dal viso d'elfo era uno di quei regali.
Non parlavamo quasi mai della malattia, non ce n'era bisogno. Ci specchiavamo l'una nell'altra.
Un tacito patto ci faceva sorridere quando l'altra piangeva, e piangere quando aveva una giornata abbastanza buona per sorridere.
Tania fu la prima che cominciò a perdere i capelli.
Un pomeriggio bussò alla mia porta con la morte negli occhi, stringendosi addosso quel lungo ciuffo di chioma come una madre si stringe al petto il figlio malato.
L'abbracciai, cercando di consolarla e lei si rifugiò fra le mie braccia, cercando di consolare me per quello che sarebbe stato domani.
Non so come ci baciammo.
Non so dirvi nemmeno oggi se ci fosse passione carnale in quel bacio, so che fu un bacio d'amore profondo; come una lama di coltello divise la paura in due, come un miracolo moltiplicò per due il coraggio.
Quanta magia in ogni gesto e grazia e passione, a rendere dolci le amare pillole che la vita sembrava aver voluto serbare tutte per noi; forse proprio per questo, senza domande inutili, ci scaldammo l'anima dentro mille abbracci, nelle notti troppo lunghe.

Ho un rapporto strano con la fede, che non comprende eteree visioni di angeli in Paradiso. E' ad un uccello splendido che penso, quando scrivo che ora Tania di ali ne possiede due.
Non sono stata io a regalargliele.

La primavera è arrivata tardi quest'anno, ha riempito veloce ogni anfratto di mondo, quasi come a scusarsi per averci fatto attendere.
Sono immersa in un panorama bellissimo.
Sotto di me si apre il mare, sopra il cielo è un flash di luce.
A pelo d'acqua migliaia di "ochette", seguono il vento ridendo.
L'istruttore mi guarda mostrando il pollice alto
Siamo sotto la stessa ala. Lui è tranquillo, io un po’ meno.
Chiudo gli occhi e salto. Li riapro e sto volando.
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Post: 164
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03/04/2012 07:26
 
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non mi sono dimenticata dei tuoi racconti. con calma ci arriverò. devo solo attendere il momento propizio per fare letture che vanno oltre le 15 righe.


[SM=g2843109]
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