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Vivian Lamarque

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2016 09:02
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25/04/2016 09:17
 
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grazie al suggerimento di franco(cripaf), un'autrice che mancava alla pagine del nostro forum:

Vivian Lamarque

ho selezionato una pagina web che mi sembra un inizio interessante per presentare questa autrice. poi, Franco, ci guiderai magari tu ad altre opere che ritieni significative



Poesie 1972-2002 di Vivian Lamarque


Tu immagina un tepore.
Una copertina calda sulle ginocchia e un angolo che ti copre bene i piedi. Qualcuno ti passa gentilmente una tazza di thè, o di cosa ti piace di più. Cosa ti piace?

Ecco, sorseggialo. Ti senti davvero a posto, ti guardi e ti piaci.
Tutto intorno è in ordine, e la gente ti sorride. Sensazione di serenità.

Così mi sento quando leggo Vivian Lamarque.
(e ammetto candidamente a me stessa che è così perché la sento simile a me, perché leggendola ho come la famigliare impressione di aver già visto tutto questo, e scorrendo le righe mi sento sopraffatta ugualmente da un incantato stupore)

Tutto ha inizio con questa micropoesia.



IL SIGNORE NEL CUORE

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva?
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.


Le poesie di Vivian Lamarque hanno per me un fascino incommensurabile.
Sono piccoli, deliziosi gioielli che si sciolgono in bocca, levigando il palato di armonica dolcezza, con uno stile fiabesco a tratti, grazie anche all'uso dei tempi dei verbi e degli aggettivi.
Non è difficile notare come ami avvicinare al soggetto della poesia aggettivi in forma vezzeggiativa, quasi a creare un insolito ambiente infantile.
È come trovarsi a vedere brevi istanti di situazioni, flash di pensiero. Generalmente di contenuta lunghezza, sono frasine dall'aria tenera e semplice, mini filastrocche che stampano sorrisi in viso.



L'amore mio quando era bambino
chissà che grembiulini metteva
e se era un bambino buono o così così
l'amore mio quando era bambino
se sapevo dov'era me lo rubavo.


Sono quasi felice
ti posso cantare
il sole batte su questo pennino
lo fa luccicare.



Cercasi casa
cercasi casa con sole
con sole fin dal mattino
casa con dentro un bambino
con madre con padre
secondo te a chi assomiglia
cercasi casa
con dentro famiglia.


Alcune poesie sono dedicate al trauma dell'adozione, al momento in cui scopre di avere due madri.
L'argomento, che evidentemente ha portato l'autrice a soffrire e forse ad affrontare un'analisi, viene sempre trattato con un tratto morbido di matita, nonostante la delusione palese.
[Questo mi ha fatto pensare al carattere sereno e pacifico, quasi rassegnato, tenero e solitario (di me, di Vivian) e ho visto con occhio solidale anche sfumature di freddezza sciolti in un composto di grazia, che mimetizza il dispiacere e il rimpianto]
È ricorrente, nel suo mondo, il pensiero di un doppio affetto.



A NOVE MESI

A nove mesi la frattura
la sostituzione il cambio di madre
Oggi ogni volto ogni affetto
le sembrano copie cerca l'originale
in ogni cassetto affannosamente.


ABBANDONO

Mangiavo dormivo
facevo la brava-bambina
per conquistarti "mammina".
Corteggiamento vano
a nove mesi mi hai presa per mano
mi hai lasciata a Milano.


Altre rispecchiano la dolcezza di un rapporto famigliare, scritte con uno stile ironico, leggero, morbido. Le parole una in fila all'altra prive di punteggiatura sono stuzzichini lievi, fiocchi di neve sui vetri, ciliegie da mordere. Qualsiasi argomento ripreso ha la forza del divertissement, venature di raffinata ironia, scanzonata lievità.


REGALI DI NATALE

Per Natale ti faccio i seguenti regali due punti
caramelle svizzere per quando hai la tosse forte da far paura
che non mangerai mai
filtri per quando fumi che butterai dalla finestra
un bicchiere piccolo per bere di meno figuriamoci
dei gettoni per telefonarmi una sera da un bar
una bugia di terracotta per quando avremo buio
una piccola spada perchè sei il mio amore pericoloso
e poi anche un pezzetto di me quale vuoi?


IO TRA VOI

A letto
io tra voi come a volte
siamo scivolati nel sonno tutti e tre da una parte
e perciò vi sento respirare benissimo:
una come ancora giocando
e l'altro così familiare.


Quando leggo, mi figuro una tenda appena velata su un panorama felice, dietro la quale si possono intravedere (o immaginare) altre cose, giochi avvolti di luce soffice, tenerezza in ambiente candido e giocondo.

La sensazione è però sempre quella di un sentimento esistente, o esistito, che riacquista splendore e vita attraverso le parole.
Un sentimento che non muore, che riecheggia, e prende forma attraverso poche righe, a volte solo una o due.

Qualcuno può dire: sono capace pure io a scrivere così.
Io no.


A volte, anche una frase semplice, detta con il giusto tono, se trasmessa in modo carezzevole, ha un sapore raffinato.
E mi stupisce come spesso Vivian Lamarque ci riesca usando parole comuni.
D'altronde, non è certo la ricercatezza dei vocaboli che ne fa apprezzare la bellezza, o forse sì.


Tienimi ancora un po' preziosa
mangiami
a Natale.



Sto ferma immobile:
sono commossa di te.



L'amore mio la prima volta che è un po' distratto
me lo prendo e me lo porto via.


E poi c'è la trilogia dedicata al dottore B.M., il suo analista Junghiano: "Il signore d’oro" , "Il signore degli spaventati", "Poesie dando del Lei".
Per me, una delle parti più belle del libro.

Attraverso le sue parole, si legge un carico di ironia non da poco, condita da una trasparente adorazione, forse una grande stima, o un latente innamoramento.
Tant'è che le poesie sono essenzialmente distillati di tenerezza, venticelli freschi e per nulla insolenti.
Invitata dall'analista a ridurre il numero di poesie dedicate, scrive alla fine duecento "Signori": gocce di sentimenti discreti, frammenti eleganti di desideri, domandine irriverenti e birichine.

Curiosa infatti è l'abitudine di frapporre punti interrogativi tra un verso e l'altro.
Il risultato profuma di infanzia, di carezze, di occhiolini. È come se ci fosse un dialogo tra cuore e cervello, tra autrice e lettore.
Un dialogo intriso di conferme, di spiegazioni o anche solo di ripetizioni, che danno ritmo e brio al componimento.


IL SIGNORE DELLA BUONANOTTE

Da un letto lontano con tutta la migliore stessa buonanotte
gli augurava.
C'era la luna?
Oh sì la luna e anche le mille stelle, più le fronde degli alberi e le
addormentate acque, con tutto tutto buonanotte gli augurava.
E il signore sentiva?
Sì, il signore piano piano sentiva, mentre si addormentava.


IL SIGNORE SOGNATO

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata.
Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava.
E nella realtà?
La realtà non c'era, era abdicata.
Splendidissima regnava la vita immaginata.


IL SIGNORE D'ORO

Era un signore d'oro. Un signore d'oro fino, zecchino.
Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato
colore, per il luccichio dei suoi occhi, era un signore molto
ricercato.
I corsi dei fiumi venivano deviati, i fondali scandagliati e setacciati,
ma i signori che affioravano brillavano poco, erano signori
pallidi, opachi, non erano d'oro vero, erano signori falsi.
Non avevano aurifere vene?
No, le loro lente vene scorrevano quasi del tutto essiccate in
direzione dei loro minuscoli cuori, a fatica.
E dov'era il signore d'oro vero?
Lontano, in una casa assolata, pigro e paziente, aspettando di
essere trovato, in un angolino, il signore d'oro luccicava.


IL SIGNORE NELL'ARIA

Alle ore venti ognuno tornava alla sua casa.
Non avevano una stessa casa?
No, ma nell'aria sì.
Nell'aria?
Sì, a destra e a sinistra nel mezzo dell'aria avevano una stessa
casa. Con le porte e le finestre gli uccelli le cene le voci e il riposo.
Non i colori?
Sì, colori splendenti erano appesi nei quadri nell'aria della casa.


LA SIGNORA NON GELOSA

Una signora che stava diventando gelosa non lo diventò.
Nemmeno un po'?
Sì, un po' sì ma pochissimo, come un solletico al contrario che
invece di far ridere manca poco a piangere.


IL SIGNORE PUNTINO

Non potendolo vedere sempre, quando infine poteva vederlo lo
guardava moltissimo, fino all'ultimo minuto, fino all'ultimo
secondo, e anche dopo si voltava indietro, si voltava indietro.
Il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del
tutto irriconoscibile, eppure lei lo riconosceva benissimo,
anche sottoforma di minuscolo puntino laggiù.


LA SIGNORA DEL PARASOLE

Come nel famoso quadro, ma non lui a lei, lei a lui teneva il
verde parasole.
Era un parasole speciale.
Chi stava lì sotto era protetto da tutti i mali del mondo.
La signora stava ben attenta a coprire perfettamente tutto il
signore, a non lasciarne fuori, in pericolo, nemmeno un pezzetto.



Attraverso la grazia vellutata delle sue parole,
Vivian Lamarque affronta anche argomenti dolorosi, come la guerra, le malattie, la perdita di persone care.
Dedica con infinita sicurezza e comprensione parole precise,
in poesie che portano i nomi di persone amate.
Racconta con la stessa infaticabile leggerezza della vita dei “vu cumprà”, dei soldati morenti, delle difficoltà aspre che costellano l'esistenza.
Nonostante la sinuosità armoniosa dei versi, riesce ad essere tagliente ed affilata, quasi perentoria.



SOLDATI

Problema:
se ne morirono congelati seimila
solo tra Natale e l'Epifania
quanti ne morirono
in tutto?

ALL'ULTIMO ESAME

Se sono stati capaci tutti
sarò capace anch'io
nessuno è stato bocciato
tantomeno quaggiù rimandato
(magari essere rimandati sfuggire!)
capaci tutti proprio tutti,
di morire.



La sezione degli Inediti contempla un lungo poemetto intitolato L'albero, che si stacca dal resto delle composizioni.
A fine libro invece c'è una raccolta di poesie dedicate a persone conosciute, amate in vita e dopo la morte, ricordate attraverso omaggi.
Vivian Lamarque non manca di colorare ogni passaggio, anche quelli che potrebbero essere più foschi.
Ed è speciale nel raccontare le emozioni, nell'augurare cose buone, nell'accompagnare sospiri e frasi, nell'accatastare profumi e chiarori.
Facile, quasi spontaneo, immaginare di essere in un prato, vedere margherite, ascoltare risate argentine, sospirare per un sorriso desiderato.


ALLA LUNA

Oh essere anche noi la luna di qualcuno!
Noi che guardiamo
essere guardati, luccicare
sembrare da lontano
la candida luna
che non siamo.



PER LE NOZZE DI MYRIAM E GIORGIO
(sei sei del novantasei)

"E se piove mamma?" Se piove
figlia se fili dal cielo
scenderanno se nuvole grigie
vi avvolgeranno fa niente
non ti ruberanno il bianco
vestito né l'anello dal dito
non ruberanno la sposa
allo sposo né lo sposo
alla sposa un furto
d'azzurro a una sposa
felice, che perdonabile cosa.


Sono piccoli cammei di una gentile ingenuità, sfiorano l'improbabile e fanno sorridere per la tendenza a riportare situazioni in chiave giocosa, come soffi di bambini su candele dispettose e girotondi allegri.


L'amore mio chissà com'era quando era innamorato
e come andava e veniva
e come si emozionava
forse faceva delle vocine
di certo comunque volava.


Qualcuno dice (attenendomi a cosa ho letto su internet), che la portata di dolcezza contenuta possa essere paragonata ad uno zuccherificio, facilmente attuabile da qualsiasi (o quasi) bambino.
Per taluni è sopravvalutata, una donna che dispone in finte rime e allitterazioni delle riproduzioni di vignette reali, paesaggi di fiaba ed emozioni che si fanno danzate.
Io dico che pare a volte di trovarsi di fronte ad un circo di immagini, pepato con abbondante ironia, come se si divertisse lei stessa a comporre marachelle, anziché poesie.



PRECIPIZIO

Come in un film da ridere
mi stai facendo la fotografia
e mi dici di fare un passo indietro
ancora uno ancora uno uno
mentre mi spingi verso il precipizio
ti sorrido fiduciosamente
(forse hai agito innocentemente).





fil0diseta_______________________________________________________________________________________________________
Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
(Antonin Artaud) 
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28/04/2016 15:00
 
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sono andata alla preentazione di Madre 'inverno, commovente

----------------------------------------------------------------
"ogni giorno rubo un pezzo di spiaggia al mare e ogni giorno il mare se la riprende"
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Post: 174
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29/04/2016 09:02
 
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Non conoscevo Vivian Lamarque fino a poco tempo fa. Meno di un mese credo.
Ero alla Feltrinelli, anche piuttosto seccato perché dei libri d’università che mia figlia mi aveva chiesto di comprare non si trovavano. Avrei dovuto aspettare. Gli impiegati sono sempre molto gentili in questi casi.
Una settimana di tempo, se ci sono nei depositi. Cristina non era rimasta contenta su whatsapp e dunque stavo per andarmene. L’altro colosso dell’editoria locale si trova a due passi. Devo dire però che mi piace stare in una folla di lettori. La hall è enorme e non c’è mai spazio per sedersi. Primo e secondo piano.
Il popolo barese che sfoglia di tutto e legge avidamente in silenzio! Una meraviglia davvero come si concentri in un piccolo spazio chi ama ancora il libro.
-Non è come sulla linea C , dove si ascoltano mille vicende personali raccontate nei telefonini. Tanto a chi importa se si vuole divorziare perchè una storia di tradimenti è stata appena scoperta. Anche questo tipo di popolo barese però mi piace. Bè molti parlano lingue strane, l’arabo, l’albanese, il russo. Tutte le lingue compongono una opera moderna che mi accompagna dal Petruzzelli al largo Due Giugno mentre scorrono le vetrine ed i cartelloni pubblicitari, che adoro-
Di solito faccio sempre le stesse tappe all’interno della libreria.
Il giro parte dai poeti, ovviamente. C’è anche Celan, questa volta, ma costa troppo. Ci penserò un altro po’ prima di acquistarlo.
Poi la svolta della Letteratura, con tutti gli autori in ordine alfabetico.
Ho comprato nel tempo tutto ciò che era disponibile di S. Plath, A. Sexton di V. Magrelli e tanti altri. Di Sanguineti però ancora nulla.
Ma ecco all‘improvviso spuntare da una colonna, un libro con un titolo familiare.
MADRE D'INVERNO.
Ho scritto qualcosa con quel titolo.
È quello di una mia poesia. -Saranno poesie le cose che scrivo?-
Di solito, quando scopro un titolo uguale ad una mia poesia, mi prende lo sgomento.
Caspita! mi dico questa volta: “cos’è sta cosa?” Mi piacerebbe dirla in barese ma scriverla annulla qualunque effetto.
Vedo alcune facce note dell’editoria cambiare aspetto sulle copertine.
Persino Stalin, un librone fresco fresco di stampa- si arriccia il baffo. Anche Eco e Pasolini si vestono di un’aria misteriosa. Che sarà mai? Mi dico.
E’ davvero strano che due autori-Vabbè, a confronto ci sono un sassolino ed il Monte Bianco- arrivino a formulare un titolo così.
Per mia meraviglia scopro che si tratta di un libro di poesie.
Autrice italiana con nome francese, Vivian Lamarque.
Non costa poco, ma nemmeno molto. Lo sfoglio nervosamente per cercare la poesia del titolo. Di solito funziona così ma in questo caso non ne trovo. Non capisco e questo m’incuriosisce parecchio.
Leggo tutto ciò che lei ha scritto sull’argomento madre, scopro che ce ne sono due nella sua vita.
M’appassiona la sua storia, il suo stile.
In questo periodo sto alle prese con S. Plath. Il mondo infuocato di “Fever 103”, è lontanissimo da qui. Eppure m’attira e mi convince come i poeti veri e grandi, che hanno la sincerità nelle vene.
Ok alla fine decido di comprare il libro e di prenotare quelli per mia figlia. Lo chiederò direttamente a lei. Chissà se da qualche parte ha una email. Chissà se mi risponderà. Le vorrei spiegare la storia della mia madre d’inverno. Quell’incontro in un ospedale barese con una madre che aveva perso il figlio. Le chiederò del suo titolo. Chissà se mi risponderà.

ciao franco


-----------------------------------
questi alcuni titoli che ho trovato in rete, tratti da "Madre d'inverno", Vivian Lamarque. Mondadori ed.. : (a me piacciono molto e dunque ritornerò sui suoi testi, a modo mio come sempre)



Ritratto con mare I

Oggi di fronte a te
ho messo un mare.
L’ha appeso Paolo,
è un olio Castellani, scogli
violetti come quel giorno
che quasi annegavamo,
spruzzi lievi di bianca
schiuma ti guardano
che li guardi
mentre io guardo te
diventata quadro.

*

Ritratto con vela

Ci mancava anche il vento! Come quando in casa
la malchiusa finestra da sola si spalancava e
aria folate d’aria tende di vela, pol-mo-ni dicevi,
respiravi. Ora sulla tua fronte da secchi
rami in volo ferita, piano come bianca benda,
piano di platano plana una grande foglia.

*

Ritratto con intermittenza

Come il diavolo l’acquasanta temo
l’intermittenza delle luci di natale
quelle luci col vizio di tramontare
continuamente tramontare. A ogni
batter di ciglia pendono dall’abete
dai rami fili neri strani e l’intorno
si fa spettrale, tutto il contrario
del natale. Idem il tuo ritratto
come di una non viva che di nuovo
cessasse di vivere, che ricominciasse
tutto da capo morte vita morte
occhi aprire chiudere aprire
come un’insonnia – del morire.

*

Compro Oro

………………………………………………a Lello Baldini

Scusa che ho venduto quella tua spilla
d’oro, quella come un ramo d’oro
a un Compro Oro, a una addetta signorinella
pallida come la tua canzone però è sposata
le ho venduto anche anellini vado
e vengo ormai mi conosce fa così
caldo le ho detto come fa otto ore
perché non mette un ventilatore
di quelli piccoli ce ne sono anche
portatili ha ragione ha detto ma tanto
lo so già che non lo metterà, non so
che Compro Oro è, l’ho scelto
che sia vicino a casa e educato
le quotazioni del giorno non me le dice
mai, speriamo. Disapproveresti, sei la solita
mi diresti, e poi perché vendere
la spilla d’oro al Compro Oro non ne hai
bisogno, è vero non ne ho bisogno, era
per non lasciarla ai ladri che prima
o poi verranno, dicono che vanno da tutti,
mi sono già entrati dalla finestra, dalla
porta non osano sai che fuori ho scritto Tom Ponzi
e Polizia, l’oro loro non l’hanno trovato ma
un altro potrebbe non hanno portato via niente
solo mi pare una carta di credito, il computer no
perché astuta avevo incollato un foglietto
con scritto non funziona portare
a riparare (dovrei però tradurlo in caso
di ladro straniero) e poi scusa l’ho venduta
per non lasciare pensieri a figlia e nipoti
tutti oggi preferiscono contanti, tanto la tua
spilla d’oro con sul ramo dei fruttini sangue
di rubino (la Compro Oro ha detto che
non occorre staccarli, ci pensa lei) e colore
del tuo smisurato cuore, tanto la tua spilla –

ce l’ho infilzata nel petto, mi sanguina, però
ora che l’ho posata qui sulla carta
un poco meno (sai facciamo così noi poeti).

*

Cedrus atlantica

Preventivo per abbattimento
con ausilio di scala cingolata
che fortuna non assisterai
era come tuo da metà Novecento
l’albero, le sue aghiformi braccia
ti entravano nel balcone quasi
in casa, per non dire del luttuoso
giorno in cui ti trattennero,
ti impedirono il disperato salto.

Ma ormai fantasma il salto, fantasma
il motivo del salto e la sua origine,
fantasma la notizia, fantasma chi dovette
dartela, fantasma chi ti consolò,
fantasma chi per primo ti chiamò
vedova, fantasma lui il giovanissimo
coniuge tra i più biondi e belli
a spasso nel regno dei cieli, fantasmi
i cieli, fantasma tutto, ogni accadimento,
ogni ricordo di ricordo di accadimento,
ogni poesia di accadimento?

*

Disastro del Gleno

……………………………………..ai miei cugini camuni

Che colpo di fortuna nell’ossario
di Musocco si era liberato un posto
proprio accanto a lui, ossario matrimoniale.
Ma tu hai voluto tornare a occhi chiusi
nella valle dove li avevi aperti, accanto
a fratelli padre e madre, veramente di lei
c’è solo la fotografia, le ossa se le era rubate
con tutto quanto il cimitero, nel ’23,
l’acqua ladra del Gleno.

*

L’età

A delle persone chiedevo di indovinare
quanti anni avevi come facevo sempre
per meravigliarli che erano quasi cento.
Ma nessuno questa volta voleva rispondere
non capivo perché suggerivo ma loro zitti
bocche cucite su vi aiuto io sono molto più
di ottanta, dite un numero rispondono sempre
tutti perché voi tacete? chiedevo ostinata
nel sogno, non capivo, io. Ma lui il sogno
sì, lui lo sapeva che non l’hanno più l’età,
i morti.

*

Madre l’altra valdese

Naturalmente ci tenevo a far sapere che avevo degli
antenati anch’io, ma non volevo tirarli fuori dalla
tomba per le orecchie e pareva che non venisse
mai l’occasione di introdurli in modo che potesse
apparire casuale.
Mark Twain

Da sotto il Rosa guarda a occhi chiusi le nevi
dalla Valle dei Valdesi, i perseguitati, i semi-sterminati
e nel 1689 i gloriosamente rimpatriati. Immobile
guarda svettare gli alberi, anche lei svettava libera,
figlia scandalo del Moderatore, quattro figli
fece, un dono per ogni stagione
dell’anno: il figlio biondo di giugno,
il bruno figlio d’autunno, la cara
dicembrina, e infine l’ultima, l’illegittima,
la nata d’aprile, la scribacchina.

*

Preferisco Szymborska II

Preferisco Szymborska
preferisco Szymborska in riva al fiume Warta
che preferisce i Paesi conquistati
a quelli conquistatori, preferisco i vivi
preferisco i morti, preferisco i morti caduti
i loro nomi scritti sul monumento in piazza
che i figli “su leggi” dicono ai figli e ai figli
dei figli ma poi un giorno alt
nessuno in piazza indica più niente a nessuno
preferisco saperlo che siamo formichine
che ci spazzerà via il vento che ci spazzerà via
il tempo, preferisco tutto, preferisco tutti
tutti i fiori dei prati, portarli ai giovani
caduti, preferisco la parola camposanto
fare giustizia togliere l’acqua piovana
ai fiori finti che tanto non la bevono
e darla a quelli veri che la bevono subito
che la bevono fino all’ultima goccia
come bambini con la cannuccia
preferisco la pioggia, la voce della pioggia
e quella del mare, preferisco sedermi guardare
preferisco saperlo che siamo formichine
che ci spazzerà via il vento che ci spazzerà via
il tempo, preferisco i madrigali, preferisco le ali
preferisco la parola ridere preferisco la parola
piangere che in polacco si dicono circa smiac e puakac
preferisco Szym che “sei bella dico alla vita”
preferisco Szymborska, preferisco Wisława
che in polacco si dice Visuava.

*

P.S.

Ma voi poeti su non spingete non litigate
litigare per fare? Siamo piccole voci
per un coro grande, voci tutte diverse
avanti che c’è tempo, che c’è posto
per tutti (quasi tutti).

(Poesie tratte da Madre d'inverno. Mondadori)
[Modificato da cripaf 29/04/2016 09:06]
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