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Fuochi incrociati

Ultimo Aggiornamento: 01/10/2017 21:30
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01/10/2017 21:30
 
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Fuochi incrociati
Pioveva forte quella sera su Parigi.
Avremmo potuto ascoltare il rumore della pioggia respinta dalle tegole
di quel sottotetto, condiviso, con "les amis".
Avremmo potuto ma, mentre il fumo delle sigarette
grattava il soffitto scosceso, assumendo proprio la forma del fumo e
abbandonando quella di elemento sociale ed aggregante, quello di intellettuale liberatorio gesto di adolescenti;
Mentre rivoli di questa illusione, quasi inosservati, dispiegavano nell'ascesa, la loro verità sopra le nostre teste : noi parlavamo ascoltando dischi in sottofondo.
Cosi' non sentimmo la pioggia che voleva entrare e non vedemmo il fumo che voleva uscire.
E la pioggia non entrò ed il fumo non uscì.
Parlavamo tanto e le nostre parole erano sogni ed i miei si dipingevano nei suoi bellissimi occhi grigi, scivolavano sui suoi lunghi capelli biondi e trovavo persino sensato che i miei pensieri, di un mondo migliore, passassero anche sulle sue gambe velate di scuro.
Niente sarà più così, mai più. Esiste tutto una volta sola. Sognavo allora, sognavamo tutti. Ci sentivamo liberi dentro, nei nostri cappotti: i nostri manteaux. Il mondo ci apparteneva perché eravamo certi che lo avremmo reso migliore. E parlavamo tutti del futuro, come io ora parlo del passato.
Io ora sono il passato che si racconta, sono il futuro immaginato allora.
Ricordo le serate al cinemà, vedere il film mentre si consumava una sigaretta in quattro.Io sono il futuro di allora. E pensando a come sarebbe stato raccontarlo, mi vedo alzarmi al centro del nostro rifugio dal tetto scosceso, tenendo bassa la testa ed allargando le braccia per chiedere il silenzio. E con fare profetico dire...”Nel futuro, non fumeremo più nei cinema, perché sarà vietato”. Il divampare della discussione e poi pensare, ma si, è un segno di civiltà , che viene dal futuro, difficile da capire ora, ma immaginabile.
Sotto quel cielo grigio di settembre, l'odore dell'estate, lentamente, cedeva il passo a quello del liceo: l'ansia e la voglia di ritrovarsi e di raccontarsi ancora e di tornare ai nostri sogni. Quelle corse pazze in motorino, la "mobilette". Che accorciavano le distanze che ci davano libertà. Una fermata all'angolo, Ernest che salta su e via a casa di Vero'.
Io sono il futuro di allora, se penso a come sarebbe stato raccontarlo
mi vedo fermo all'angolo sulla mobillette, mentre Erique salta su, raccontargli che nel futuro ci sarebbero voluti minuti; che se non avesse avuto con sé il casco non avrei potuto accompagnarlo, che gli incontri per caso, al volo, non si sarebbero potuti trasformare in scorrazzate improvvisate. Che l'odore delle cose, il vento e la pioggia non ci avrebbero più ridotti come pulcini felici ed infreddoliti, protetti, come saremmo stati, dai nostri caschi ed il nostro modernissimo abbigliamento.
Immagino la smorfia di Erique: "C'est conn... ça". Si è stupido, ma poi è la civiltà che viene dal futuro, si salveranno tante vite. Capirai l'importanza della sicurezza, che anche solo andare senza guanti ti sembrerà un'imprudenza. È giusto che sia così.
E quando la pioggia ci sorprendeva, tutti dentro al primo bistrot.
Quelle uova sode sul bancone, non sapevo resistere, ogni volta, pane e uova sode e sale, poi birra :"une demie" e sigarette.
Ricordo le manifestazioni e le riunioni organizzate tra i gusci di uova e le cicche delle sigarette. E tutto costava poco perché potevamo permettercelo. A me così sembrava, abituato alla divisa italiana, dove le monete non valevano nulla, quella moneta di Francia era pesante. Mi divertiva veder cambiare la mia moneta in pane, sigarette o uova sode ed avere anche il resto. Mi sembrava di esser un personaggio di quei sceneggiati francesi che spesso avevo visto in tv.
Io sono il futuro di allora, se penso a come sarebbe stato raccontarlo: mi vedo, alzarmi in piedi, in quel locale fumoso e leggendo nei gusci di uovo profetizzare ancora: “nel futuro, "mes cheres amis", non potremo fumare neanche nei locali, e avremo nelle tasche tutti la stessa moneta, saremo l'Europa”.
Ma le nostre monete peseranno meno, e ripararsi in un locale costerà caro, non potremo farlo ogni volta che piove.
Pero', l'Europa, che bella.
Le gite in campagna, la due cavalli di Pierre, che spasso.
Ci fermavamo alla fattoria di Madame Trousse (io cosi' la chiamavo, che mai ho capito come si chiamasse davvero). Mangiavamo pane e salame, pane e formaggio; si li avevamo visti stagionare e sotto l'ultimo sole settembrino, masticavamo fili d'erba.
Io sono il futuro di allora, se penso a come sarebbe stato raccontarlo: mi vedo sdraiato, schiena al tronco di quercia, giocare col mio filo d'erba, fissando, ispirato un punto infinito in mezzo al campo mietuto: dire che “nel futuro, il grano sarà selezionato in laboratorio, le pecore saranno clonate e noi non potremo più scegliere di cosa alimentarci”.
Pero' avremo meloni a forma di cubo.
"C'est dingue ça", sì è buffo tutto questo, ma è il futuro. Avremo sementi più resistenti e dal risultato garantito. E le macchine continueranno ad andare a benzina ma una due cavalli non potrà più circolare perché inquinante. Sì è la civiltà del futuro, tutto sarà più civile.
Io sono pero' contento che quel fumo, in quel sottotetto, non abbia mai incontrato quella pioggia e sono contento di non essere nato, da subito, nel futuro.

[anno ???]
[Modificato da fil0diseta 03/10/2017 00:20]
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