(buttato giù notturnamente, cercato di migliorare diurnamente)
I (notturno)
non senti come preme la strada sotto i piedi
il terriccio del ciglio continuamente pulsa, chiama a proseguire saldi
come l'erba che soffia contro la direzione del vento
e tu prendi a salire chiuso, dentro la prospettiva delle nuvole
che ti toccano alte, fanno rumore, ti nascondono le mani
non vedi le tue mani che mi vogliono toccare
non senti le tue stesse mani che mi stanno toccando
assente, inesistente, approssimata
aderiscono al mio suono, che perpetuo porti
e lasci scivolare tra le viscere e trifogli
lo conservi, visibile solo alla nebbia
ma la mia notte scende come le lacrime su di un bacio
sai quanto si lascia assorbire da un tuo bacio
non è inganno il ricordo, la presenza ultima della notte
come una bocca, un golfo mistico che ci abbraccia
senza il toccarci delle foglie, dell'urlo del rapace che ha perso la preda
ciò che ti aspetti è la corsa, il tonfo dei corpi, le bocche
l'odore di muschio che chiude
mi chiudi, ti chiudo, il tempo si chiude a colonna
non cerca, non trova. è immobile, come appiccicato
appiattito, stretto tra le spalle che vibrano come arpe
stonano, deglutiscono il buio del vento che soffia sulle mani
non voglio che tu vada, resta, restiamo aperti a questa notte
immaginata, copiata da tante altre notti
immaginario tu torni, come il silenzio del giorno che gira
un senso orario lentissimo e gioca a farti parlare: tu non parli
non sai di avere l'aspetto di un'armonia intatta
sventolata contro valle, spiegata alla cresta dei monti che si fa corona
ti incorona di guglie, di neve, un apparente ghiaccio
proteso verso me con gli occhi, un gelo che scioglie
sui capelli. sulle mie mani che gesticolano mute. irriverenti e mute
perché non vieni qui, nella sostanza comune dei passi
tra la carne che si fa corpo, il corpo che si stacca e vola
tace la voce, tacciono i passi, la tua postura innevata
pregna di scioglimenti, poi lontana. scorre. la schiena matta, disperata
resta seppure mia, resta mio il corpo
senza vedere, senza toccare, mio il pensiero
non ho virtù, ma resti mio
non ho virtù se non quella che non hai mai assolto
di aver lasciato seccare le rose antiche sulla scala
con le mani impresse al tocco della maniglia
ai pugni di chiodi per bucare le ruote. mi guardavi, mi imploravi
che ancora adesso la fronte mi pesa di un rimprovero che martella
sfogliando la trama di un film che ci somiglia
così diventi aria lontana, che mi attraversa tutti i meridiani
mi tocchi e premi su me la tua impronta. ogni grammo di te
si fa conca sulla pelle. tu sei qui, ho qui tutto di te: la pelle, la conca
il silenzio che parla in forma sgomenta, senza potermi dire
a domani
[Modificato da fil0diseta 27/07/2020 01:18]
"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)