fuorilluogo (messaggeria subliminale)

- alla tua giostra hai espiantato i motori

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- basta un silenzio, la costruzione
di due parole in croce per delineare
punti inespugnabili, sempre più acuti
trivellanti fino al centro della terra
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-sostanze da amare come assedi
- braccia avviluppanti come anfiteatri

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- io non ci sono
seccata agli orli come spiga
sul campo di grano

manca solo di piovere
il sangue dei tordi
martellati sotto la ruota
dello spaventapasseri
veloce come una giostra
che uccide il cavaliere
mentre cerca di agire da uomo

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- Sei come quella parte passiva
che abbiamo sul dorso delle mani
non ripiegante all'indietro, irrigidisce
non scambia, non accoglie


- il contrappeso
della schiena che ti sposta i baricentri
ti fa avanzare in viso un colorito grigio
di chi muore la vita aspettando i cent'anni

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-voglio non esserci con te
lasciando un vuoto senza fiamma


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La poesia ha anche una funzione catartica, ed in questi versi così “martoriati”, che a fatica trattengono l’urlo della rinuncia (la propria, quel voler non esserci), nel mio sentire avverto come un bisogno di alleggerirsi del peso della rinuncia dell’altro, che si formula come una rinuncia ad agire in tempi consoni, quasi di una rinuncia a vivere, lasciandosi passare addosso la ruota del tempo, senza mai prendere in mano le redini (quel morire la vita aspettando i cent’anni);

ci sono persone che da sole non ce la fanno, ma che preferiscono rimanere inerti anziché accettare l’aiuto, l’input di un'altra persona; allora la persona che apre le mani e trova invece pugni chiusi, soffre per non riuscire a illuminare, a espandere, ad aprire un sentiero, ben sapendo che non c’è una meta preconfezionata ma quello che conta è il percorso, il passo dopo passo, mettendosi in gioco, imparando dall’esperienza a cui dare la propria impronta con molto coraggio e un pizzico di follia.

A me sembra di leggere: finora c’ero, ho dato tutto quello che potevo, ti ho dato dei semi da coltivare e ogni attrezzo per rendere fertili le zolle della tua vita, ma tu fai passare le stagioni chiuso in una prigione (come gli hikikomori).

C’è un dare che non implica un ricevere, uno scambio, ma un prendere, assorbire, agire, trasformare, crescere; ma se questo non si verifica, l’energia viene bloccata, e quindi la persona generosa si sente frustrata, mortificata nel momento in cui la voglia di dare cade nel vuoto.

Ora io credo che questa scrittura di così forte impatto sia come un effetto- boomerang prodotto dal blocco dell’energia vitale, che si scontra con l’inerzia, l’insicurezza, le paure amplificate.

Può darsi che la mia lettura vada fuori binario, ma se, come si dice, la poesia è di chi la legge, questi testi, e i versi riportati in particolare, mi hanno suscitato forte emozione.

(Il titolo però non mi portava da nessuna parte).



Buon Natale! 😘