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29/05/2007 11:50 | |
-due vite impari,
metri, chiavistelli di assenze
vaghe, vergini, aspirate
deflusso
stallo delle consuetudini-
fu troppo il peso
di quel cielo obliquo, per diramare
voci secche al vento
e così gonfia l’aria tra le dita
per infilare storie
nei capelli
ma qui la luce
recita di rosso, con sottofondi
di sonagli a monte
mire di quotidiane transumanze
fumi di spezie
e schiocchi di falò
avvampano di aromi le balere
il cielo a specchi sul cobalto
spento
raduna i carri e le costellazioni
l’addio esce in giardino
fotogramma vuoti e capienze
di carezze a spanne
va in scena il giorno
senza tempi morti e diserta
le mie coniugazioni
-io me ne vado altrove a improvvisare
l’agrifoglio su le noci di cocco e amanti
in toghe di tarocchi
in giallo-
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