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L'uomo mediocre

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2007 12:30
05/07/2007 13:22
 
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L’uomo senza qualità guardava dalla sua finestra l’automobile che a Vienna compiva, investendola, la sua prima vittima, mentre le carrozze con signore ed orpelli col loro ombrellino ancora cadenzavano il ritmo della sera. Quanto denaro, pensava, occorrerebbe per risarcire una vita umana? L’equivalente di un sacco e mezzo di farina, per sfamare un anno intero la moglie e i suoi due figli, o una rendita per 15 anni di mezzo chilo al giorno di farina, a ché il secondo figlio raggiunga la sua maggiore età? Il danaro, pensava è la sintesi del nostro tempo, quel tempo che sottraiamo a noi stessi per cederlo agli altri attraverso il lavoro. Più del nostro tempo non possiamo cedere. E quanto vale questo nostro tempo? il tempo del pescatore è uguale a quello del musicista? il tempo del muratore è uguale a quello del chirurgo? e questa diversa qualità del nostro tempo che varia col
variare del mercato, è paragonabile al tempo della frutta, o del dessert, o di un quadro, o di un pietra angolare che regge la nostra casa?
Nel frattempo, Schiele dipingeva la ragazzina a gambe aperte sulla seggiola, e Munch il grido dal ponte. (testo di ormedelcaos)



(ecco quello che ne è uscito... per ora; dimmi tu, adesso...) [SM=g27988]








Mentre Schiele divarica gli umori
alla ragazza con labbra rubine

e mette in fuga amplessi di colori
Munch, da quel sordo grido senza fine


l’uomo mediocre dalla sua finestra
osserva l’automobile che a Vienna
regala con manovra sì maldestra
il primo scoop al sangue della penna

Quanto denaro – pensa- occorrerebbe
ed una vita umana pagherebbe
?

Quello delle signore in decolté
scarrozzate sul ritmo del commiato
a disegnar di pizzo macramè
le ombre al volto del malcapitato

quello di un sacco di farina e mezzo
che sfama moglie e figli un anno intero
tempo dato al padrone a caro prezzo
ché nulla d’altro v’è da dare, invero

Non si può ceder più del proprio tempo.
Quanto varrebbe questo nostro tempo?


La frutta costa un giorno al pescatore
vale una settimana un buon salmì
si paga il dolce a ore, il mutatore
in cambio di Harry Potter un Dalì

ed il chirurgo plastico, altrimenti
con incarnati freschi di giornata
a riempir tette e tirar su dei menti
avrà la casa là, sulla cascata

Si ferma il tempo sul rosso di Schiele
e spiana l’eco Munch sulle sue tele






[Modificato da fil0diseta 11/05/2012 11:52]
Email Scheda Utente
Post: 49
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05/07/2007 19:16
 
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( caspita e come sei stata brava, sembra di riconoscere quelle note con cui ti conobbi e restai steso )

sempre più difficile: ...evvai...va..



Scrittura linguaggio e reversibilità della scena

Dalla scrittura al linguaggio come dalla maglia al filo da raggomitolare di nuovo per una nuova maglia. Gli snodi si sciolgono ridando libertà alle parole. E le virgole che fine fanno?
Come quei quadri si raccapezzano tra colori sbiaditi e tra trenini della spesa il servo fedele anticipa il padrone e batte alla cassa l’importo senza resto.
Come un amore terminato, le parole abbandonano una ad una la scena tra noi due e restano le virgole e i punti, gli spazi che sempre più vuoti si interpongono tra noi fino poi a scomparire anch’essi. Oggi c’è una nuova cometa e si chiama speranza, rottura col vecchio e aggancio col nuovo.
In questa storia del segno che diventa simbolo, l’umanità cerca le sembianza, il filo del tenere il tempo tra le dita e dunque il soldo.
Compagni, anarchici, crisantemi ammollati e non l’indifferenza del cocomero arrossisce la massaia che Botero immortala all’uscita nuda e senza sesso in fiordaliso di gardenia tra due salami e due provole affumicate ma con gradiente di tattilità in indice volumetrico di stima al lardo, entelechia della sera pensile e soda.
E dalla finestra l’uomo senza qualità indice il processo al sacchetto, quella plastica che Christo ha rubato alla platea dei desiderosi e con cui sta incartando il ponte di Brooklyn mentre passa il treno delle tre e un quarto, e qualcuno vi sbadiglia dentro.




che ne dici?
Email Scheda Utente
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22/07/2007 18:31
 
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Conoscendo Daniela e la sua innata modestia, sicuro del fatto che lei non l'avrebbe mai fatto e ritenendo che questa discussione nulla abbia del cazzeggiamento (dove era inserita) la sposto in un luogo più consono certo dell'approvazione dei suoi attori.


Di seguito il link alla discussione che ha generato tale topic.

freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=102771&...



firstlast
06/10/2007 09:50
 
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dalla scrittura al linguaggio






Qual filo dalla maglia s’aggomitola
e disfa il vecchio per rifarlo nuovo
a libertà ogni nodo già capitola
la parola si smuove dal suo covo

E le virgole che fine hanno fatto?

Si ritrovano smunti di colore
i quadri, e fra i trenini della spesa
il fedel servo anticipa il signore
batte alla cassa importo senza resa

Come amore che porte più non apre
parole in fila lasciano la scena
tra noi, virgole, punti e spazi sempre
più vuoti, fino a perdere la vena

C’è una cometa nuova, la speranza
s’aggancia al nuovo e rompe con il vecchio
L’umanità che cerca la sembianza
e il simbolo, del segno divien specchio

il fil che tiene il tempo tra le dita
e dunque il soldo, sfoglia preferita


Compagni ed anarchici, i crisantemi
a bagno, non il rubro cocco méro
che indifferente arrosa di eritemi
la massaia eternata da Botero

è nuda, senza sesso in fiordaliso
di gardenia tra provole e salami
ma con gradiente di tatto colliso
che indice di stima al lardo acclami

entelechia di sera appesa e soda

Dall’alto l’uomo senza requisito
proclama un bel processo a quei sacchetti
di plastica che il Christo ha pur rapito
alla platea bramosa di banchetti

ora il ponte di Brooklyn sta involgendo
e passa il treno delle tre e un quarto,
dove qualcuno è dentro sbadigliando
ignaro di asfissiare nell’incarto




[SM=g27994]
Email Scheda Utente
Post: 224
OFFLINE
07/10/2007 12:30
 
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se ti va di tozzare ancora, come le macchinine:



Il treno, quest’invenzione fisica di giornata, mise in mobilità l’umanità agli albori del 900 vivo, impressionando, con gli impressionisti, il chiaroscuro morbido del non-giottesco quattrocento, euro, chiese il commesso del negozio di fronte la Padania, quello col fazzolettino verde nel taschino della giacca sgualcita morbida in lino di provenza.
Quest’impasse del dito indicativo il movimento della Cappella Sistina che ancora non mollava l’angolazione dell’universo, portò a singhiozzare il passaggio del sole a piazza San Marco, mentre il barista ancora clikkava sulla presa del caffè express. L’oriente è vuoto talvolta.
Passammo la giornata tra un euro e l’altro, tra Matisse e Chezanne, tra una gondola e l’acqua alta, senza Mosé, tra i volti bianchi di Renoir.

Dicesti: Le scarpe mi vanno strette. E ci sedemmo, nel rispetto della Legge 40, sullo scalone del tempio.





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