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08/12/2008 17:49 | |
Tu sai Francesca quanto io ammiri il tuo modo di scrivere e come non abbia alcun timore di affermare che la tua poetica nell’ultimo anno ha subito delle metamorfosi, lasciando intravedere in te le potenzialità che ho sempre sospettato.
Tuttavia negli ultimi tempi sembra tu stia compiendo un percorso, una ricerca interiore che ti portano ad esprimere attraverso la poesia uno stato d’animo particolare.
Ho notato che alterni fasi di stupendo lirismo, nei duetti con Sebastiano per esempio, (ma anche nel duetto con me ) dove il risultato dei tuoi testi è sicuramente quanto di meglio tu abbia scritto nell’ultimo anno, a pubblicazioni che sorprendono per la loro difficoltà di lettura e la loro ermeticità
Se non avessi letto tutti i tuoi testi, avrei commentato questa poesia come “strana ed incommentabile” (non perché brutta, quanto perché lontana dal tuo stile usuale e davvero molto particolare).
Ma conosco il tuo valore poetico e non posso limitarmi a giudicare l’esteriorità.
Quello che avverto in questo testo è un travaglio interiore, un soffermarsi sui termini per effettuare un collegamento mentale, al verso successivo, del quale solo tu hai la chiave di decriptazione.
E’ la frammentarietà che mi colpisce e mi spinge alla riflessione. Quei verbi e gli avverbi utilizzati come fossero un gioco di parole, come uno sfogo al fatto di esistere malgrado tutto.
Leggendo i tuoi versi, senza addentrarmi in interpretazioni improbabili, avverto quel nonsense dato dall’euforia di una bevuta dove, in una girandola di sensazioni contrastanti, tutto sembra rientrare in uno schema e ritrovare il senso della creazione primigenia. Dove verbi, aggettivi, avverbi, sostantivi si confondono e creano la realtà di una percezione distorta nella quale si coniugano, finalmente, il desiderio e la necessità dell’abbandono.
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