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Sette scalini

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2009 17:01
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06/05/2009 17:01
 
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Sono contenta di averti rievocato bei ricordi, FiloSetoso [SM=g27985]
Uhm, questo è il continuo, anche se non mi piace granché >.<
Mi piacciono solo gli ultimi due paragrafi, LoL

Gli occhi di quella bambina. Gli occhi di quella bambina erano magnifici, e al tempo stesso i più paurosi che avesse mai visto. Potevano possedere tanta angoscia gli occhi di una bambina? Alba non aveva mai visto così tanta tristezza, paura, smarrimento, in sol paio di occhi. Probabilmente, però, non sapeva che i suoi erano simili a quelli della piccola strega in quel momento, così come ignorava molte altre cose. Ignorava che la bambina in realtà non fosse una bambina, ma una longeva strega. Ignorava che i loro destini fossero intrecciati in uno stretto nodo e si sarebbero incrociati di nuovo, in altri luoghi e in altri tempi. Ignorava di essere lì per un motivo preciso, per un compito importante da svolgere in futuro, per qualcosa -qualcuno- di cui ancora non sapeva l'esistenza. Ignorava molto cose, Alba, ma le avrebbe sapute tutte, prima o poi, nel bene e nel male.
Allungò le mani, premendole a terra e con uno sforzo sovra umano riuscì a strisciare in avanti, guadagnando di un metro e mezzo circa la porta liberatoria.
E' questo che ti meriti, nient'altro. Cosa credevi? Che ti avrei salvata? Certo, certo che..no! Non lo farò mai, mai, MAI stupida ragazzina, MAI!
Meriti solo di soffrire, bruciare e morire. Che bello, che bella la smorfia di dolore sul tuo volto!

Sta..zitto.

Parole senza colore, pronunciate con la voce atona e distrutta di chi, ormai, non ha più nulla da perdere. Alba ormai stava perdendo, soffrire di più o di meno, cosa importava? Ormai aveva perso.
Ma non sapeva che presto, avrebbe vinto. Molto, molto più di prima.
Alzò lo sguardo verso la cupola, dove ci sarebbe dovuto essere il cielo.
Il cielo. Quando cade il cielo. E se cade il cielo? Era inimmaginabile. Non lo sapeva, non poteva saperlo; o forse più semplicemente non voleva saperlo. Perché lei al cielo doveva tutto: i suoi respiri, la sua vita stessa. Le sue ali. La sua essenza era legata lassù, dove nemmeno le nuvole si spingono, nell'infinito blu del cielo.
Ma ora il cielo stava cadendo e lei con lui. Non poteva far altro che cadere, lasciandosi scivolare in un baratro infinito: no, quella volta, non ci sarebbero stati lembi di terra ad attutire la sua caduta ed accoglierla. Precipitava, tutto precipitava. La sua vita stessa scivolava fra le dita della sua mano inerme e lei non poteva far altro che guardarla andar via, incapace di qualsiasi movimento. Morire. Come sarebbe stato morire? Morire. Meglio di vivere quel momento. Morire mille anni, piuttosto che passare un secondo di più in quella cripta. Ma sapeva che non sarebbe morta, sarebbe stato tutto troppo facile. Lei non doveva morire. Doveva soffrire. Soffrire in silenzio, sola. Perché Alba non aveva mai avuto nessuno al suo fianco. Nessuno si era mai preso cura di lei in modo affettuoso, nessuno l'aveva consolata o aiutata. Mai. Tutto quello che aveva, tutto ciò che lei era, era frutto del suo sforzo, di tanto impegno, di difficoltà infinite. Non lo aveva mai ammesso nemmeno a se stessa, ma solo lei sapeva quanto potesse essere realmente duro poter contare su nessuno.
Sola.
Ma in quel momento non era sola. Abbassò gli occhi, l'unica parte di lei rimasta del tutto viva, e li puntò nuovamente sulla creatura di fronte a lei. Lei? Aveva forse una funzione, lì, proprio in quel momento? Per aiutare lei, che non aveva mai chiesto aiuto a nessuno? Una smorfia sulla sua bocca. Le labbra disidratate si schiusero, come a voler parlare; boccheggiò nel vuoto come un pesciolino fuori dalla boccia e poi le richiuse. Non c'era abbastanza aria, né c'erano abbastanza forze, per parlare.
Si limitò ad avvicinarsi ancora di più alla ragazzina.
In quel momento, della maestosa colomba nera era rimasto ben poco. Lo sapeva bene Alba, l'alba della morte, e lo sapeva bene anche la Morte, alba del dolore, che si prendeva gioco di lei.
Lì, semi sdraiata sul pavimento sudicio, le braccia allungate, le mani ancorate al terreno; il corpo proiettato in avanti, strisciato sul pavimento. Il viso scarno, le labbra screpolate, la pelle sporca di nero in alcuni punti. Le ali piegate con sofferenza all'indietro, abbattute sulla sua schiena, come se non riuscisse più a muoverle. Non sembrava più il maestoso angelo che era stata: sembrava un cigno, un cigno agonizzante in un mare di petrolio, invischiato inesorabilmente nel catrame, senza possibilità di uscirne. Protese la testa, allungando il collo in avanti, come una ballerina di danza classica. Alba. Alba e la sua eleganza. Alba e i suoi elementi raffinati, unico segno di quel briciolo di dignità che ancora le rimaneva.
Le dita si staccarono dal suolo, una a una, in una sofferta danza, e la mano destra si alzò. Il bracciò si allungò, il palmo aperto, la mano tesa verso la bambina.
Si sarebbero aiutate. Insieme.
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