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La decontestualizzazione

Ultimo Aggiornamento: 11/06/2007 09:31
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09/06/2007 12:58
 
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La decontestualizzazione
A cura di arch. Vilma Torselli








Estrazione dal contesto, per una lettura inedita dell'oggetto d'uso comune



Decontestualizzazione significa letteralmente "estrazione dal proprio contesto", intendendo per contesto la fitta rete di relazioni che collegano ogni individuo alle svariate forme dell'attività culturale, civile e sociale del tempo in cui vive.

Storicamente, la prima decontestualizzazione che ha inciso macroscopicamente sul destino dell'uomo si è verificata con la nascita della scrittura, della grafia corrispondente ad un alfabeto fonetico (il primo fu inventatto dai Fenici 1500 anni a.C.) che decontestualizzò il linguaggio, fino ad allora base della tradizione orale in un contesto culturale in cui all'oralità del messaggio era affidata la trasmissione della comunicazione. Ciò permise di attribuire al messaggio decontestualizzato una vita autonoma, sottraendolo al contesto culturale dell'autore, conferendogli un carattere universale al di là delle limitazioni spazio-temporali e rendendolo comprensibile anche a chi non appartenesse al contesto culturale di origine.

La pratica della decontestualizzazione è abbondantemente presente nei movimenti artistici moderni come un vero e proprio meccanismo "poetico", essenziale alla costruzione dell'opera d'arte, che permette di estrapolare dal suo contesto un oggetto, snaturandolo e svuotandolo così del suo significato comune e conferendogli funzioni diverse ed incongrue. Talvolta all'operazione di estrapolazione e decontestualizzazione segue un riassemblaggio secondo una logica che risponde a precise esigenze creative, comunque l'intento di questo tipo di procedura è sempre quello di mettere l'osservatore nelle condizioni di valutare la realtà secondo un nuovo punto di vista, secondo una inusuale chiave di lettura, inducendolo a guardare con "nuovi occhi" anzichè cercare nuove vie.

Il Dadaismo, attraverso l'opera sovvertitrice di Marcel Duchamp, è il primo movimento che decontestualizza un oggetto d'uso comune (l'orinatoio, la ruota di bicicletta, lo scolabottiglie ecc.) estrapolandolo dal suo contesto, snaturandolo nella sua funzionalità, collocandolo in uno spazio non abituale, quello espositivo della galleria, e facendo di questa operazione la genesi di un'opera d'arte.
New Dada e Pop Art riprendono tale e quale la procedura di Duchamp, seppure con intenzionalità diverse in coerenza con le diversità culturali e sociali tra Europa ed America, decontestualizzando lattine di Campbell's Soup o bottiglie di Coca Cola, mentre Robert Rauschenberg nel suo "Monogram" presenta una capra imbalsamata, punto focale insolito ed assolutamente incongruo di una composizione che provoca nello spettatore un vero e proprio straniamento, oltre che, nella fattispecie, un brivido di disgusto: l'effetto ricercato è raggiunto.

In anni recenti, i 50/60, altri movimenti come l'Arte comportamentale, il Concettuale, l'Happening che mirano ad identificare l’arte con la vita, riprendono forme di decontestualizzazione e trasformazione del senso comune: Fluxus, movimento culturale d'arte totale allargata oltre l'arte visiva vera e propria, sviluppatosi in America e in Europa soprattutto grazie all'attività di John Cage, ricerca un rinnovamento linguistico attraverso il sovvertimento di ogni linguaggio predefinito, con un uso diverso dei mezzi espressivi ufficiali dell'arte e con il ricorso all'esperienza artistica alternativa e liberatoria, incurante dei limiti dei singoli contesti specifici per ogni forma d'arte.

In generale, si può dire che l'arte moderna utilizzi la decontestualizzazione per affermare l’autonomia dell'oggetto considerato in sè, come asseità (per usare un bel vocabolo di Mario Costa), slegato dai condizionamenti e dai significati aprioristici e perciò reso irriconoscibile ed universale: sotto questo punto di vista, decontestualizzazione è anche una ricerca di assoluto.


by


guide.supereva.com/arte_moderna/interventi/2003/08/141170.shtml




11/06/2007 09:31
 
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Proprio ieri, cercavo
la cronologia della biennale tra gli anni settanta e ottanta, per vedere se riuscivo a reperire notizie su una "composizione vivente", presentata proprio in quegli anni.

Si trattava di un nudo maschile e uno femminile, posizionati ai lati interni di un passaggio obbligato dei visitatori, che dovevano orientarsi di taglio, per oltrepassarlo, tanto i corpi erano vicini tra loro. L'interessante era studiare la reazione: chi passava dando le spalle all'uomo, chi alla donna; poi l'imbarazzo, la risata, la non curanza e tutto quello che si possa immaginare.
Quindi, ogni visitatore, diveniva con loro scultura vivente e dava significato sempre diverso alla composizione stessa, una specie di trasformazione continua del soggetto.

Ci vedo decontestualizzazione in questo. Forse mi sbaglio [SM=g27995] ?


Ah, poi di notizie non ne ho trovate: riporto a memoria [SM=g27987]




daniela
[Modificato da fil0diseta 22/02/2013 09:30]
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