da " Il verso dell' immemore"
Adagiato sulla breccia a levante di un rio,
Alfio ciondolò tra le polpe nelle acque terse di una gelida scorsa.
Diafano di pelle e nei gesti, profumava di canne verdi e di aria,
al suo fianco un carniere trabocco di gigli ed ortensie
di alcune rade di petali tra le mani di una prolissa riconta.
Uno rosso, uno rosa, un altro bianco
di ogni scheggia e straccio il ricordo di un invalido.
Quattro, cinque e sei
vaneggiava tra i riccioli neri sparsi di brezza,
e persi, nella nostalgia immemore di un tormento.
Parlava ai sassi e si specchiava tumido
al fondo, pregiato di corolle e mughetti
ansimava atono:
sette, otto, nove.
Senza mira né fiato, non aveva fame, non aveva sete.
Parlava ai sassi.