Anila Resuli

filodiseta--
00giovedì 8 ottobre 2009 08:46
omaggio a una cara amica
dal suo blog, sono capitata qui, un interessantissimo luogo in cui ho trovato poesie tratte da una sua raccolta inedita.




Dalla raccolta : Ombra silente





compreso il bacio, come intercapedine
studiata per reggere un muro, nel fiato,
così brevemente e largamente distante
da te, ché io non ebbi altro pianto, altra
casa dove far sorgere il dubbio d’esserti
anima – antitesi del corpo che brucia
e freme;
così è questo nostro pensiero
che vorticoso ci appartiene, come un
ombelico che trascina in cerchio le cose
nel nostro addome colmo di ciò che è
noi, semplicemente.


*


vedi come chiama, come traspare la lingua
alla bocca – la distanza delle nostre parole
mi sorveglia nei sogni, il buio di tutti i nervi
appartenenti al pianto. è come fossi un carillon
stroncato dalla pioggia, così interna agli ingranaggi
che appuntano la calma. più non suona.
e tu, più non guardi l’andirivieni della polvere
che sbianca continuamente il volto alle cose.


*


così com’è, su un foglio la sera, avvolgo
l’idea di te, sorpresa da tutte le cose
che mi sorvegliano come non fossi sola
dentro queste ombre. richiami l’odore
della pioggia che perpetuamente ti schiuma
nell’anima – la goccia appena scivola,
ed il vetro appena sfuma: non sei tu l’amore;
le cose ti abbandonano come ombra secca
ai piedi di un fiume, strappandosi vorticosamente
in lontananza.


*


qui stanno appuntiti i chiodi, pronti a definire
tutta una parete con le nostri parti affini –
così sono i nostri corpi appesi ai muri,
concavi perché l’anima distaccata osserva
la propria idea dell’essere ombra –
non vedi come spiaccio pure a me,
nella crocifissione del corpo che sembra mutato
senza l’anima – le cose s’ assomigliano tutte –
e mi vedo ora come trascino i piedi
come piccole statue infrangibili
per correre altrove.


*


le nostre cose parlano –
la casa, la sveglia, la luce che sfoca
sulle mensole tutte in fila a reggere zampe
e specchi – ascoltassi appena,
sapresti certo, sapresti dove muta il mio pensiero
prima del risveglio; prima che divenga
nuovamente sera.


*


la sorpresa sta nel coricarsi con la schiena
piatta sui gradini di casa, aspettandoti
– ad ogni piega
il pensiero distoglie l’esserti amante
con tutte le cose mutevoli addosso.



Anila Resuli ©





Biografia:


Anila Resuli nata in Albania nel 1981, trasferitasi in Italia nel ‘97, scrive poesie fin dai tempi dell’infanzia. Attualmente vive con il marito in provincia di Milano, dove continua gli studi di Mediazione Linguistica e Culturale, dedicandosi alla lingua cinese e alla lingua giapponese.
In ambito poetico collabora con Roberto Ceccarini sul progetto lettura di Oboe Sommerso leggendo diversi testi poetici di autori contemporanei editi e non; con Antonio Diavoli per una possibile raccolta a quattro mani e altro in ambito di audiopoesia; con Stefano Guglielmin sul sito Blanc de ta nuque per la rubrica e le traduzioni di poesia albanese contemporanea.
È citata da Maurizio Cucchi sulla rivista “Specchio” inserto de La stampa ed è presente con una ampia selezione di poesie sulla rivista Le voci della Luna marzo 2007 e una ampia selezione appare nell’antologia Nella borsa del viandante (con nota critica di Chiara De Luca, Fara Editore, 2009).
Nel 2009 fonda la casa editrice Clepsydra (e-book di poesia e fotografia, senza scopo di lucro).




La Muta
00giovedì 8 ottobre 2009 09:19
Re: omaggio a una cara amica
Sì, ritorno con piacere sulle parole di Anila, e ricordo con altrettanto piacere il momento in cui scattai la foto che ora funge da copertina per un libro di Diavoli, Lettere (scritte) a una ballerina di carillon.
Grazie Filo, mi hai riportato indietro di qualche anno e a sensazioni che avevo nascosto sotto qualche tappeto... [SM=g27985]
filodiseta--
00giovedì 8 ottobre 2009 09:29
uhhhhhhhh
allora posso dirle che ti conosco e portarle i tuoi saluti??? in questo periodo sono a stretto contatto con lei.

[SM=g27988]

filodiseta--
00venerdì 27 novembre 2009 08:08
dalla raccolta "Singole metà" (inediti)

*
tutto nella luce, di come le bocche
attirino bocche e formare parole ha
altri suoni da pronunciare – non è oltre
che fame; l’ubriaco che persegue il punto
e ci si distoglie nel passo, di continuo,
non è altro che preda – e qui la fame
è un teatro gigantesco, con campi
compresi tra l’odore del legno ed i tuoi occhi,

i tuoi occhi di azzurro bianchissimo.

*

la forma è sempre uguale – l’edera che scorre
sul muro e ne fa un manto grigio dove sospendere
tratti – la parete curva con l’occhio l’andirivieni
delle estive memorie, dov’eravamo leggiadri
a scambiare aquiloni – giovani si diceva allora -

il dettaglio sta nelle minime rimembranze.
è così il peso nei nostri denti, intarsiati
di calchi perfetti di solitudine.

*

avvertimi quand’è l’odore che richiama i tuoi occhi -

sorprendere l’antitesi dell’essere tua -
quando ogni cosa ha nome altro
e altre piccole cose, dimesse insieme,
circondano i nostri spazi -
qui, come una conchiglia che chiusa
pare un mondo tutto interamente nuovo,

sono la tua continua distesa d’acqua
che non t’annega, ma t’asciuga dei pianti

di modo che tu più non possa odiarmi.

*

fa parte di noi: essere due singoli greti
che compongono un fiume; lasciare un solco
sulla terra e pietrificare al buio
i nostri volti, disperatamente appesi agli occhi.

come cercare, se non la perfezione.

l’assenza distoglie l’esserti un’unica forma
imperfetta, compresa nel tuo profumo,
seppur continuamente distante.

*

parlami di quello che eri e che vuoi dire,
come fosse una bugia per sentirmi diversa.
così fanno gli innamorati distratti sotto i pioppi
che correggono il fiume, prima che passi.

non sono nuova, se non nel volto.

dimmi dunque, prima che l’assenza si muova
continua, dov’è il pianto del tuo distacco
e dov’è la luce tra i solchi che prendono fiato.

*

è dunque questa la solitudine: i tuoi occhi
a guardarmi appesa alla sedia, con dietro una croce
al muro, per ricordarci com’eravamo silenziosi,
nel nome delle nostre idee,
contaminate dal buio.

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