“Ater ego”, proprio così, un gioco di parole che trova la sua giustificazione nella singolare fisionomia che contraddistingue il protagonista delle vicende, nei chiaroscuri di un racconto che, d’acchito, si inquadrerebbe nella fantascienza, ma che si spinge – se ci è concesso il neologismo – verso la fantafilosofia.
Un campeggio, adolescenti che conversano attorno a un falò, una notte stellata: queste le premesse di una storia che poi, percorse le tappe più o meno obbligate di una trama “science fiction”, all’improvviso spalanca porte verso le dimensioni parallele, l’enigma del tempo e dello spazio, fino a delineare il profilo del destino… un destino che riguarda tutti noi.
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