Cardinali (1,2)

fabella
martedì 24 dicembre 2013 15:23

I
cosa so perdonare, me lo chiedo
in modo dolce ed indolore, magari
da sdraiata al sole, con quattro ruote
come un chiodo fisso, che viaggiano
al passato col futuro, messo nel cassonetto
il mio futuro, tu l’hai portato a spasso
a piacimento. il lampadario
un angolo di diario, i temi persi
la copertina spessa, le gocce
dal tratto indiscutibile orientale
i libri sciolti, le briglie
alle addizioni. a parte questo

incomprensibilmente preziosissimo

II
non ha accelerazioni, ma un’agonia
più lenta che ci sia, la confusione
sospetto, dentro la bellezza
di una calligrafia e per vendetta
esco con le mie amiche
metto il vestito rosso, che mi son fatta
per ferragosto
con la rosa in testa, finta senza spine
una carezza il suo guardarmi di velluto
azzurramente- la mia vendetta
che non ha fine

III
te lo ripeto, costantemente. vedo
la cattiveria che ti spalanca gli occhi
e mi fai vittima dei comuni ordinamenti
cambi le menti. ti evidenzi, ma gli altri
non ci stanno, spengono le bocche
sul tuo collo, le cicatrici, chiuse
a quanto vedo, capita di rado, è
una qualità del vento, che passa
le circonferenze, non gira in dietro

IV
mi prende ai polsi, mi risucchia
mulinelli di fiume alla pianura
ingannevolmente, mi fa credere
utile, inutilmente, casco di banane
non ci casco, impenno il mio potere
controverso, silenzio avverso
che ti spaura d’eccezione, ché non sei
pratico, né grammatico, a calcolare
l’anta dell’armadio, che non si chiude
la scala che s’inciampa nell’errore
di calcolo
fabella
mercoledì 25 dicembre 2013 05:53

I
sei sul tavolo a fette
anche un po’ staccate
appoggi il gomito, poggi la penna
che diventa pretenziosa
quando scrive rosa, o per lo meno
rosa del giardino, rosa del deserto
rosa come un nastro in un mare aperto
di impulsi accattivanti, di raffiche
rettifiche, educatamente
educanti

II
dalle finestre, il momento buono
lo acchiappi al volo
come fosse frutto di un sudario
filtro limpido trasformabile
in un velo cosmico
che si può lavare in lavatrice
vedere dall’oblò sinteticamente
prendere forma di sposa nucleare
spirito ottico, polvere lunare

III
è finito il ciclo, s’è già fatto buio
non vedo il tasto dello spegnimento
forse lo confondo con l’accensione
forse è lo stesso
o è la fibbia della tua cintura
so la misura, quasi a memoria
il numero dei buchi, il nome inciso
sul passante, da trovare
cercando sotto, sotto
lucidamente

IV
scivola il braccio accanto al gomito
dammi una mano
aiutami ad aprire questo oblò




fabella
venerdì 14 febbraio 2014 10:30
Re:
fabella, 24/12/2013 15:23:


I
cosa so perdonare, me lo chiedo
in modo dolce ed indolore, magari
da sdraiata al sole, con quattro ruote
come un chiodo fisso, che viaggiano
al passato col futuro, messo nel cassonetto
il mio futuro, tu l’hai portato a spasso
a piacimento. il lampadario
un angolo di diario, i temi persi
la copertina spessa, le gocce
dal tratto indiscutibile orientale
i libri sciolti, le briglie
alle addizioni. a parte questo

incomprensibilmente preziosissimo

II
non ha accelerazioni, ma un’agonia
più lenta che ci sia, la confusione
sospetto, dentro la bellezza
di una calligrafia e per vendetta
esco con le mie amiche
metto il vestito rosso, che mi son fatta
per ferragosto
con la rosa in testa, finta senza spine
una carezza il suo guardarmi di velluto
azzurramente- la mia vendetta
che non ha fine

III
te lo ripeto, costantemente. vedo
la cattiveria che ti spalanca gli occhi
e mi fai vittima dei comuni ordinamenti
cambi le menti. ti evidenzi, ma gli altri
non ci stanno, spengono le bocche
sul tuo collo, le cicatrici, chiuse
a quanto vedo, capita di rado, è
una qualità del vento, che passa
le circonferenze, non gira in dietro

IV
mi prende ai polsi, mi risucchia
mulinelli di fiume alla pianura
ingannevolmente, mi fa credere
utile, inutilmente, casco di banane
non ci casco, impenno il mio potere
controverso, silenzio avverso
che ti spaura d’eccezione, ché non sei
pratico, né grammatico, a calcolare
l’anta dell’armadio, che non si chiude
la scala che s’inciampa nell’errore
di calcolo




a volte penso di essere molto lontana dal modo in cui abbiamo sempre parlato di poesia, in questa mia recente fase di scrittura. mi preme riportare un commento che ho ricevuto altrove a questa mia prima, che forse può dare una chiave nitida di lettura, ancora un po' complicata da mettere a fuoco anche per me stessa. chi me lo scrive è un grande come scrittore, poeta e personaggio. lo conosco da molto e l'ho sempre collocato sulle vette ... (ma da che mi ha fatto questo commento l'ho alzato ancora di quota [SM=g8231] -ahahah, figurati)

comunque lui è malos mannaja e di questo mio pezzo scrive:

"mi piace il controverso (spaurirsi depro-grammatico delle poetiche del quotidiano) mentre sublima sibillino sobillando ordina-menti in cambia-menti, se non cambiale-menti! (quasi che il gioco di parole, nell’allentare il giogo, potesse rimandare il pagamento d’una disillusione: i temi/tempi persi). o forse è solo l’agonia più lenta che ci sia, che a volte sboccia in fenomeni da circonferenze, capaci d’infinite sorridenze amare.
cicatrici e cicattrici, insomma. col potere della parola scritta che s’im-penna.
se inciampo nell’errore casco di banane, comunque grazie."
: )
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