Contessa Maria

-2013-

la contessa aveva un grande pettine
il solito tremolio mi ordinava
l'asimmetria del cranio
a piccole onde e miele sulla fronte

“ch'è beddu stu picciriddu
pari di porcellana

fintu”

un giardino
intelaiato dai ragni
rifugio fitto di vespe

e io giocavo a cercare

un'intimità allo stomaco
odore di foglie inumate
d'autunno
inciampavo sulle radici secolari
a rifarmi le ossa

il cammeo
appeso al collo ricamato
aveva il colore degli stucchi
abbandonati alle crepe
collezionava ventagli da teatro
bastoni con il pomo in madreperla
a sostegno
sospesa tra le macerie, era il 1908

un giorno mi chiamò con il nome
di suo padre, altre volte Lucia
serva tra le due guerre

ne avevamo costruiti aerei di carta
quella serà non volarono più

amareggia la sapienza del tempo
che abbandona
nient'altro ad ingannarmi
se non crescere
arrendermi al futuro.

...mmh...segnalo un errore, altro non si ripete, è solo nient'altro...pazienza...

Solo questi mi basterebbero:

amareggia la sapienza del tempo
che abbandona

Rimembranze e riflesioni

prima che questo pezzo lasci la pagina, vorrei riproporne la lettura e lasciare il mio apprezzamento totale. soprattutto per l'atmosfera che accoglie e amalgama i piccoli quadri, gli sparazzi di memoria caratteristici dei ricordi di un bambino. e per il prezioso inciso dialettale.


(come sempre)

Grazie Fabella, si, sono dei ricordi che non vorrei mai dimenticare,
quindi ho deciso di scrivere questo testo prima che la memoria li abbandoni, ma fortunatamente è indelebile.

sono sempre alla ricerca di una formula poetica per fissare certi ricordi

ma non mi rassegno. prima o poi mi verrà incontro