Se la serenità avesse oggi un volto
sarebbe quello di Wanda
oggetti smarriti
spalmata sopra alla panca
un battito di rimmel dalle mie ciglia
nella stazione dimenticata, dimentica
del colorato gomitolo che attorno l'avvolge,
fibre ottiche, indifesa nell'indifferente abbraccio.
Non qui
non lì, posa quei suoi occhi
non sui cavi sospesi tra il binario morto
ed un cielo blu elettrico che accelera le corolle
alla chiusura, spirale delle utilitarie nel gorgo
del centro
né sul mambo delle cosce muschiate d'amore
-indizi di processione nelle retrovie-
e nemmeno sull'intrico delle mani tese,
sporche col niente della miseria.
Non presso di me, non presso di sé.
No.
E’ un dentro lontano verso cui s’è diretta,
dentro sospeso
a dondolarsi per ore sulle altalene
nel sapore ruggine delle ginocchia sbucciate
al di fuori d’ogni successo, fallimento o affetto,
il grembiulino nero d'ardesia
fuori dalle preoccupazioni, da ogni suo caro,
il nastro rosa, il tempo delle mele, stagione di crisantemi
i seni acerbi, il bracciale di nonna, il sorriso di mamma
la morte vicina.
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