Re: Re:
cripaf, 17/12/2019 08.32:
leggendoti mi hai ricordato questa di qualche anno fa:
aloraP
Bella la parola che fa belli i morti
Evoca stagioni inesistenti
Il va e vieni di mosche sulle tombe
E com’è romantica la nostalgia d'altro
Quale? poi te lo dirò ma forse già lo sai
Eterno indistruttibile buco spazzatura
Bella e puttana la parola
Non quella di sventura che batte sul lungomare
Puttana d’animo di gioco e perversione
Nata il giorno stesso del creare
Nella parità di specchio
ESSERE NON ESSERE:
falsità che implode l’universo
Ciao Ros
Passo sempre da questo sito che per me resta uno dei migliori. chissà che non mi torni la voglia di commentare.
Franco
"Puttana d’animo di gioco e perversione
Nata il giorno stesso del creare
Nella parità di specchio
ESSERE NON ESSERE:
falsità che implode l’universo"
Accipicchia!!!
Leggendo questa tua, diametralmente opposta alla mia, mi sono incuriosita e ho cercato altre scritture sulla parola/poesia.
Riporto quelle che mi hanno maggiormente colpita.
(Leggendole, capirai cosa intendo io per "emozione" imprescindibile, per me, in poesia.)
Le prime due di un Autore giovanissimo: Mattia Tarantino
Tacere alla pronuncia
Custodire il verso ricercando
la soglia del parlare e poi tacere
la parola alla pronuncia e al suo principio.
Che silenzio il mio giardino quando è sera
e i suoi germogli inseguono la luce
nella notte persa, e tra le erbe
i semi a custodire gli astri e il suono.
La parola originaria
Struggendomi, nei fuochi che magie
d’animo smesso e non parlabile posseggono,
l’incedere m’incanta e mi richiama, sillabando,
al mio dovere da profeta e da bambino:
ma tu lo sai che sulle rive del parlato
potrai trovarmi, ancora e nonostante,
a frammentare la parola originaria
e lo dirai, a quest’azzurro insormontabile,
che morirò con la vergogna di guardarlo,
perché la lingua non raccoglie le distanze
e tutto rende vano all’impronuncio.
(
Mattia Tarantino)
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Le prossime due bellissime poesie sono di Alessandra Scarano:
Anfipoli, 8 dicembre 2014 d.C.
C’è qualcosa
nella notte
che non si sopporta
qualcosa di troppo
profondo
che ti scava
dentro
come una tomba antica
e ti incide di parole
che non hanno traduzione
*
La madreperla
Io immobile sul baratro ti chiesi:
«È forse questa l’alfa prima, il suono informe
delle onde nell’aurora?» e mi gettai nel mare,
per confondere le lacrime col sogno.
Feci a pezzi il corpo sugli scogli,
cento volte si scarnificò il pensiero
prima di penetrare il ventre oscuro dell’abisso
fino al fondo, farmi lettera e poi frase,
descrivendo la mia essenza in forma d’alga,
poi di una distesa immobile, sommersa di chiarore.
Illuminate dal riflesso d’un sole ormai lontano,
troppo umano e comprensibile,
giacevano conchiglie dalle varie sfumature,
ognuna a rendere un concetto non espresso,
ancora in nuce tra le pieghe colorate.
Trasalii al ricordo vago – come vaga era la luce
ultramarina – di quel giorno in cui m’accorsi
di capire senza avere ancora voce,
di vederti mentre tu passavi accanto
e non saperti dire di restare.
Mi rimasero soltanto le colonne,
la cui ombra mi faceva sentir salva,
spesse e alte fino al cielo dove non giungevo ancora,
a sussurrarmi per troppe primavere, nell’arsura dell’estate,
di non perderti nel tempo che passava
ma di mantenerti vivo, dentro l’acqua
stesa ai piedi di quel tempio.
Ché in un’alba inaspettata
si sarebbe disvelato quel fondale, coi tuoi occhi,
in una madreperla a forma di spirale.
(
Alessandra Scarano)
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Altre poesie, di Autori famosi:
Arte poetica
La musica prima di tutto
e dunque scegli il metro dispari
più vago e più lieve,
Niente in lui di maestoso e greve.
Occorre inoltre che tu scelga
le parole con qualche imprecisione:
nulla di più amato del canto ambiguo
Dove all'esatto si unisce l'incerto.
Son gli occhi belli dietro alle velette,
l'immenso dì che vibra a mezzogiorno,
e per un cielo d'autunno intepidito
L’azzurro opaco delle chiare stelle!
Perché ancora bramiamo sfumature,
sfumatura soltanto, non colore!
Oh! lo sfumato soltanto accompagna
il sogno al sogno e il corno al flauto!
Fuggi più che puoi il Frizzo assassino,
il crudele Motteggio e il Riso impuro
che fanno lacrimare l'occhio dell'Azzurro,
E tutto quest'aglio di bassa cucina!
Prendi l'eloquenza e torcigli il collo!
Bene farai, se con ogni energia
farai la Rima un poco più assennata.
A non controllarla, fin dove potrà andare?
O chi dirà i difetti della Rima?
che bambino stonato, o negro folle
ci ha fuso questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
E musica, ancora, e per sempre!
Sia in tuo verso qualcosa che svola,
si senta che fugge da un'anima in viaggio
verso altri cieli e verso altri amori.
Sia il tuo verso la buona avventura
spanta al vento frizzante del mattino
che fa fiorire la menta ed il timo...
Il resto è soltanto letteratura.
(
Paul Verlaine)
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Alchimia del verbo
All’inizio,
scrivevo silenzi,
annotavo l’inesprimibile,
fissavo vertigini.
Mi vantavo di possedere tutti i paesaggi possibili.
Inventai il colore delle vocali.
Regolai la forma e il movimento
di ogni consonante e,
con ritmi istintivi,
m’illusi d’inventare un verbo poetico
accessibile a tutti i sensi.
Mi abituai all’allucinazione
e finii col trovare sacro
il disordine del mio spirito.
Dicevo addio al mondo
in sorta di romance.
Amai il deserto
e se ho una preferenza
è solo per le pietre e per la terra.
Nessun sofisma della follia
è stato da me dimenticato:
potrei ridirli tutti, ho il sistema.
Infine,
ero maturo per la morte,
la mia debolezza mi guidava
ai confini del mondo.
L’ora della fuga,
sarà l’ora della morte.
Questo è accaduto
(
Arthur Rimbaud)
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La maledizione di Adamo
Insieme sedevano alla fine di un’estate,
la donna mite e bella, tua intima amica,
tu ed io, e parlavamo di poesia.
Io dissi: “A volte un verso può costarci ore;
eppure se non sembra il pensiero d’un attimo,
il nostro cuci e scuci avrà contato zero.
E’ meglio strofinare ginocchioni
un pavimento di cucina, o spaccar pietre
al caldo e al gelo, come un poveraccio:
articolare insieme dei bei suoni
è un lavoro più duro, e tuttavia
sei stimato un poltrone dalla cricca chiassosa
di banchieri, insegnanti e sacerdoti
che i martiri chiamano il mondo”.
Al che
la donna mite e bella per amore della quale
saranno in molti a provare patemi
scoprendo la sua voce dolce e lieve
replicò:
”Nascere donna è sapere,
anche se a scuola nessuno ne parla,
quanta fatica costi essere belle”.
“Certo” diss’io “dalla caduta di Adamo
non c’è cosa bella che non costi fatica.
Vi sono stati amanti che pensavano
che l’amore dovesse combinare tanta altra cortesia
da sospirare citando con dotti sguardi
i precedenti dai bei libri antichi;
ma ora sembra un futile mestiere”.
Sedemmo ammutoliti al nome dell’amore;
vedemmo spegnersi l’ultima brace del giorno,
e nel tremante verde-azzurro del cielo
una luna, consunta come una conchiglia lavata
dalle acque del tempo, nel loro sollevarsi e ricadere
tra le stelle infrangendosi in giorni ed anni.
Destinato solo ai tuoi orecchi, ebbi un pensiero:
che tu eri bella, e che io m’ero sforzato di amarti
nell’alto modo antico dell’amore, che tutto
era sembrato felice, e tuttavia il nostro cuore
ora era stanco come quella vuota luna.
(
William Butler Yeats)
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Le parole si muovono
Le parole si muovono, la musica si muove
Solo nel tempo; ma ciò che soltanto vive
Può soltanto morire. Le parole, dopo il discorso, giungono
Al silenzio. Solo per mezzo della forma, della trama,
Posson parole o musica raggiungere
La quiete, come un vaso cinese ancora
Perpetuamente si muove nella sua quiete.
Non la quiete del violino, finchè dura la nota.
Non quella soltanto, ma la coesistenza,
O diciamo che la fine precede il principio,
E la fine e il principio erano sempre lì
Prima del principio e dopo la fine.
E tutto è sempre ora. Le parole si tendono
Si lacerano e talora si spezzano, sotto il peso,
Per la tensione, incespicano, scivolano, muoiono,
Imputridiscono per imprecisione, non vogliono stare a posto
Non vogliono restare ferme. Voci sridule
Che sgridano, deridono, o soltanto chiacchierano,
Sempre le assalgono. Il Verbo nel deserto
E’ soprattutto attaccato da voci di tentazione,
L’ombra piangente nella danza funebre,
L’altro lamento della chimera sconsolata.
L’intrico della trama è movimento,
Come nella figura delle dieci scale.
Lo stesso desiderio è movimento
Per se stesso non desiderabile; amore è per se stesso immobile,
Soltanto causa e fine di movimento
Senza tempo e senza desiderio
Fuorché nell'aspetto del tempo
Condensato in forma di limitazione
Tra non essere ed essere.
Improvviso in un raggio di sole
Mentre ancora la polvere muove
Ecco si leva il riso nascosto
Di bimbi tra le foglie,
Presto ora qui ora sempre…
Ridicolo il desolato triste tempo
Che prima e dopo si distende.
(
Thomas S. Eliot)
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E ci sono poeti che sono artisti
E ci sono poeti che sono artisti
E lavorano sui loro versi
Come un carpentiere sulle assi ! ...
Che triste non saper fiorire !
Dover porre verso su verso, come chi costruisce un muro
E guardare se va bene, o sennò abbatterlo ! ...
Mentre l'unica casa artistica è la Terra tutta
Che varia e sta sempre bene ed è sempre la stessa.
Penso a questo, non come chi pensa, ma come chi non pensa,
E guardo i fiori e sorrido ...
Non so se essi mi comprendono
Ne' se io comprendo loro,
Ma so che la verità sta in loro e in me
E nella nostra comune divinità
Di lasciarci andare e vivere sulla Terra
E farci portare in braccio dalle stagioni lieti
E lasciare che il vento canti per addormentarci
E non aver sogni nel nostro sonno.
(
Fernando Pessoa)
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Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
(
Eugenio Montale)
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La poesia
Accadde in quell'età... La poesia
venne a cercarmi. Non so da dove
sia uscita, da inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci, non erano
parole né silenzio,
ma da una strada mi chiamava,
dai rami della notte,
bruscamente fra gli altri,
fra violente fiamme
o ritornando solo,
era lì senza volto
e mi toccava.
Non sapevo che dire, la mia bocca
non sapeva nominare,
i miei occhi erano ciechi,
e qualcosa batteva nel mio cuore,
febbre o ali perdute,
e mi feci da solo,
decifrando
quella bruciatura,
e scrissi la prima riga incerta,
vaga, senza corpo, pura
sciocchezza,
pura saggezza
di chi non sa nulla,
e vidi all'improvviso
il cielo
sgranato
e aperto,
pianeti,
piantagioni palpitanti,
ombra ferita,
crivellata
da frecce, fuoco e fiori,
la notte travolgente, l'universo.
Ed io, minimo essere,
ebbro del grande vuoto
costellato,
a somiglianza, a immagine
del mistero,
mi sentii parte pura
dell'abisso,
ruotai con le stelle,
il mio cuore si sparpagliò nel vento
(
Pablo Neruda)
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Vola alta, parola, cresci in profondità
Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua significazione,
giacché talvolta lo puoi - sogno che la cosa esclami
nel buio della mente -
però non separarti
da me, non arrivare,
ti prego, a quel celestiale appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo, sii
luce, non disabilitata trasparenza...
La cosa e la sua anima? o la mia e la sua sofferenza?
(
Mario Luzi)
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