Io quando leggo di queste poesie (elementi di una natura ciclica legati alla precarietà della nostra esistenza) in modo così suadente (caratteristica di Roberta che invidio perché la sento naturale, al di là di quello che può essere l'impegno nel rielaborarla) mi dico: sant'iddio com'è bella!
C'è soluzione di continuità fra immagini e suoni, solo raramente l'armonia fonica s'ispessisce nei punti indicati già da fabella, cosa di cui mi sono accorta a una seconda lettura, perché alla prima sono stata completamente rapita da immagini e significati.
E però nella seconda versione, sicuramente da preferire per una maggiore essenzialità, nei versi ritoccati ancora non sento la "quadratura armonica dei suoni" (non so come spiegarmi altrimenti);
allora non è per suggerire ma mi sono lasciata guidare dal mio orecchio in una diversa disposizione dei versi in un togliere, aggiungere, cambiare o spostare parole
Per esempio, il verso "
e le tue parole si fanno rade" a me suona molto meglio "
e le parole tue si fanno rade", dopotutto, indipendentemente dalla disposizione del verso che io ho diviso, è un endecasillabo, allora non perché io ami posporre il possessivo al sostantivo, ma così facendo faccio sparire quel brutto accento in quinta (su parole)
idem vale per il verso "
sembrano stanche
disfatte nella noia"
a cui preferirei "
sembrano stanche
e sfatte nella noia"
appunto per lo stesso motivo
(perché non c'è niente da fare: anche in una poesia in verso libero, Roberta ha l'orecchio educato all'endecasillabo, e quando il ritmo stride per via di un accento ribelle o per una sillaba in più io ne avverto lo stridore, ma questo comunque non penalizza di certo la validità della poesia, semmai è un accorgimento in più che, volendo, può adottare, ma non necessariamente nel modo che io indico, che (lo sottolineo) è sempre a titolo di esempio, poi ognuno decide per sé come crede e molto meglio di quanto possa fare io.
E neanche a farlo apposta, ho infilato inconsapevolmente nella mia rivisitazione una serie di endecasillabi di cui mi rendo conto solo ora:
Le onde bianche ad increspare sogni nell'urto secco contro la scogliera unico
suono, sola compagnia.
Non pensavo al ritmo ma alle parole, in un verso dove "bianche" potreste ben dirmi che è scontato, ma io lo inserirei senza dubbi come rafforzativo, a enfatizzare la luminosità e vaporosità dei sogni, i quali, fragili quanto vaporosi come una bianca trina, sono destinati a infrangersi ("infrante" l'ho tolto anch'io) contro la scogliera. Ho tolto poi i due articoli davanti a suono e compagnia che appesantivano con una inutile sillaba in più, e mi è piaciuto variare "unico"/"sola", però va bene anche in ripetizione "unico"/"unica", ero indecisa ma la porto come variante.
Penso di aver detto tutto, potete provare a leggere anche la mia versione:
Forse mi accalcherò - foglia gialla
sulle altre - sotto l'albero
per scoprire cosa succede mentre si ritorna terra.
Una traspirazione di anime, l'allontanarsi
dal corpo che non serve più, mentre novembre
incerto sta per arrivare e le parole
tue si fanno rade.
Ho barche disegnate in fondo agli occhi
abbandonate sopra l'arenile, sembrano stanche
e sfatte nella noia. Le onde bianche ad increspare sogni
nell'urto secco contro la scogliera, unico
suono, sola compagnia.
E' la paura, più che l'abbandono, a scrivere per me
la luce zoppa della prima sera. Il picciolo
è rimasto più a lungo a sorreggere lo scheletro, ora
fibra delicata, trama dalle mille fessure
crepitare di vetri sulla forma dell'infinito.
Ciao ciao e buon agosto