Hikikomori phenomenon

Versolibero
mercoledì 29 luglio 2015 22:12

Hikikomori phenomenon


Ho fame d'aria
grida la stanza chiusa
dal soffocante odore di stantio

c'è il sole fuori -
- e intanto
rigurgiti di pagine di diario,
scrittura fitta
aguzza, senza un nome

mentre la folla grida e si scatena
(è festa! è festa!
sbrigatevi bambini!)
la stanza sa di anonimo dolore

claustromania
fobia del fuori

e dentro
è l'epicentro
di un pallido tremore

pause d'ombra
viaggio immoto di lacrime gelate
sul pavimento come stalagmiti

- Hikikomori phenomenon
e blablà -


Il diario
ha perso tutte le parole



R.
ggiacinto
martedì 4 agosto 2015 13:45
Conosco esattamente tutte le sensazioni che descrivi in questi versi. Conosco bene il soffocamento da piazza, poi impari a conviverci, e infine, a sconfiggerlo. Se puoi si. Il soffocamento, e tutto il resto, lo nutre la nostra mente, non è una realtà oggettiva. Un volta compreso questo, si è pronti a guarire. Mai ribellarsi, opporsi alla fobia, al panico, abbracciatelo e andrà via.

[SM=g8335]

Francesca Coppola
martedì 4 agosto 2015 15:08

non hai perso la mano di certo!
mi piace tutta e probabilmente eliminerai solo gli ultimi due versi e chiaramente è solo un punto di vista non una necessità.
La sensazione è forte, incisiva, a cominciare dal titolo che si fa ricordare e comunque si parla di uno stato d'animo più o meno breve che credo abbiamo attraversato tutti. La sento un po' mia per questo motivo.


Un abbraccio

[SM=g7831]

Versolibero
giovedì 6 agosto 2015 10:59

(...) Il soffocamento, e tutto il resto, lo nutre la nostra mente, non è una realtà oggettiva. Un volta compreso questo, si è pronti a guarire. Mai ribellarsi, opporsi alla fobia, al panico, abbracciatelo e andrà via.



Sono d'accordo sul fatto che nessuno possa autoimporsi una trasformazione/guarigione che può avvenire solo rielaborando tutto il percorso esistenziale e l'impatto con il mondo esterno lentamente e spesso non senza prima aver toccato il fondo.
Ma non credi che sia quando ci si chiude e sia quando si dovesse tornare al vivere fuori, tra la gente, sia in entrambi i casi un prodotto della nostra mente?
Che cosa intendi altrimenti per realtà oggettiva?

La solitudine è temuta da chi sente di avere bisogno degli altri e li accetta per come sono solo perché si adatta a chi, diverso da come lui si sente/ed è dentro, non lo capisce.
Si adatta, ma a quale prezzo?
Ed ecco che c'è anche una solitudine desiderata e abbracciata da chi non accetta compromessi che costano troppo in termini di sensibilità.

Mi spiego con un esempio:

se la maggior parte di gente fosse costituita da omertosi come quell'autista del pullman che recentemente è rimasto impassibile mentre un uomo, scambiato per un gay, è stato picchiato da un gruppo di belve umane, e non solo non è intervenuto ma non ha chiamato neanche le forze dell'ordine, anzi ha creduto di giustificarsi dicendo che suo nonno gli ha insegnato a farsi i fatti suoi (realtà oggettiva) quello che proverei (soggettivo) è sgomento, delusione, rabbia, impotenza di fronte a una società malata, corrotta, egoista, omertosa, allora la mia reazione potrebbe arrivare alla chiusura e alla solitudine totale: una condizione meno sofferta perché ogni rinuncia al contatto con l'esterno sarebbe una mia scelta. Un'autodifesa da una sofferenza maggiore.
In questo caso nella mente si produrrebbe sfiducia nel prossimo - e di qui l'autoreclusione, che a sua volta porta a disordini psicologici e all'apatia totale perché in realtà non siamo nati per essere soli.
Solo negli individui più forti il ricorso alla razionalità unita alla forza d'animo interviene cercando una soluzione che possa modificare la realtà oggettiva cercando di migliorarla, ma occorrono anche validi strumenti quali la cultura contro l'ignoranza unitamente a un ruolo sociale e/o politico, altrimenti possiamo solo produrre poesia, filosofia, arte, cultura che potranno incidere sul reale solo a lungo termine.

Ciao e grazie Giacinto per avermi letta dandomi modo di esplicare quel che ne penso.
Versolibero
giovedì 6 agosto 2015 13:05

@ La sensazione è forte, incisiva, a cominciare dal titolo che si fa ricordare e comunque si parla di uno stato d'animo più o meno breve che credo abbiamo attraversato tutti. La sento un po' mia per questo motivo.


L'ho scritta due o tre anni fa, spero di non aver perso la mano nel frattempo...
Si parte da uno stato d'animo personale, perfino da proprie fantasie di autoisolamento, tipo immaginarsi in un luogo deserto e inaccessibile per lungo tempo; poi però l'impulso a scriverne è nato da alcuni video che ho visto su questo fenomeno che sembra in crescita. Se li ritrovo metto i link.

Il motivo della chiusa è enfatizzare un silenzio assoluto fatto di pagine bianche perché le parole del disagio nessuno potrebbe capirle senza averlo vissuto, e tutto ciò in contrasto con il chiacchiericcio della gente, dalle vuote e insensate discussioni alla tv, al bar, ovunque, per non parlare delle discoteche dove la non-comunicazione è la norma nel frastuono assordante.

Ci penso, e intanto sentirei qualche altro parere.

Grazie per il commento [SM=g2834784]

ggiacinto
giovedì 6 agosto 2015 14:25
Quando parlo di realtà oggettiva mi riferisco ai sintomi delle fobie, del panico, non alle cause che lo stimolano. La paura genera paura, ma non esiste come realtà oggettiva, la genera la nostra mente. Mi riferisco a quel circolo vizioso dell'agorafobia e panico, non tutti trovano la chiave per uscirne. Le cause sono oggettive, tu hai riportato degli esempi lampanti. I percorsi da seguire sono vari e differenti caso per caso, per ognuno di noi, se si auspica la guarigione. Io ho combattutto contro quel mostro per un anno e mezzo, credevo che non ce l'avrei fatta, poi l'ho sconfitto. Non si guarisce sempre sconfiggendo le cause oggettive, a volte non è possibile, ma trovi altri modi per rapportarti. Devi fare pace con te stesso.

Grazie a te Versolibero!



Versolibero
venerdì 7 agosto 2015 11:16

La paura genera paura, ma non esiste come realtà oggettiva, la genera la nostra mente. Mi riferisco a quel circolo vizioso dell'agorafobia e panico, non tutti trovano la chiave per uscirne.


La paura in giuste dosi è istinto di autodifesa e di sopravvivenza, mi chiedo se l'agorafobia non possa essere considerata come un ricorso ad un rifugio protettivo simile a un grembo materno; in uno dei filmati che avevo guardato infatti si vedeva la madre che porgeva il piatto con il pranzo al ragazzo che se ne stava rintanato nella stanza tra oggetti accatastati e necessità a portata di mano.
Delle cause non so molto.



Io ho combattutto contro quel mostro per un anno e mezzo, credevo che non ce l'avrei fatta, poi l'ho sconfitto. Non si guarisce sempre sconfiggendo le cause oggettive, a volte non è possibile, ma trovi altri modi per rapportarti. Devi fare pace con te stesso.



Devi fare pace con te stesso.
Sì, anche. Un'ottima massima.
Ed è un po' come guardare l'orizzonte: più ti avvicini e meno vedi, bisogna allontanarsene per avere una visuale non dico completa ma più vasta.

Ciao,
grazie ancora. Felice che tu possa raccontare la tua esperienza al passato [SM=g2834784]
garofano a.
lunedì 10 agosto 2015 23:29
A me è piaciuta molto, e dei vostri commenti vorrei sottolineare:

Ed ecco che c'è anche una solitudine desiderata e abbracciata da chi non accetta compromessi che costano troppo in termini di sensibilità.

ma aggiungo da chi non si accetta per quello che è.

Grazie per questa conversazione, temi attualissimi e di grande importanza.

Pino [SM=x2823269]
Versolibero
mercoledì 12 agosto 2015 17:50
Caro Pino,
mi fa piacere il tuo coinvolgimento a uno dei temi a cui non si può essere indifferenti.
Un abbraccio e grazie per la tua presenza.
Rosanna
Versolibero
domenica 30 agosto 2015 05:09
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