Incipit... Breve parte di un racconto, possibilmente lungo, che mi piacerebbe scrivere...

ziopier78
sabato 4 febbraio 2017 16:41
… Quella mattina non avevo messo nulla: solo la passione per il mio lavoro... una passione che molti “studi di settore” vogliono spegnere con le loro assurde tabelle, trasformando il nostro lavoro in catene di montaggio: persone e personaggi senza storie da raccontare diventano solo numeri da contare.
Misi in vendita il bar pochi giorni dopo.

“Perro! Perro! Ma dove stai andando?? Torna qui.”
Gridavo a squarciagola per le stradine medioevali di quello splendido paesino collinare situato sul percorso francese del cammino di Santiago. Perro era il mio nuovo compagno di viaggio, ci incontrammo lungo un sentiero molti chilometri prima e da allora siamo rimasti quasi inseparabili, a parte quando tenta qualche esplorazione in solitaria.
Lavoravo in un bar del centro. Lavoravo per me stesso visto che avevo acquistato la licenza per somministrazione pochi mesi prima che le abolissero, ero un imprenditore. Forse ero, più che altro, un intrattenitore, un organizzatore di serate musicali, di mostre di quadri, di spettacoli di cabaret e di tornei di freccette, ‘mastro spillatore’ di fiumi di birra e dispensatore di sogni.
Ricordo Roberto che voleva andare in Germania, Elisabetta era partita per la Russia, Paolo e Marco ogni anno tornavano da sei mesi di Tahilandia, Christian, quindici prima, comprò il suo primo terreno in Costa Rica e poi ci si trasferì con tutta la famiglia. Andrea mi aveva inviato alcune fotografie scattate durante il suo vagabondaggio sulle coste del Portogallo e la mia voglia di scappare si rafforzava ogni giorno di più, se non proprio scappare almeno di riorganizzarmi una piccola fuga.
“Perro, adesso mi aspetti un secondo qui. Entro nello spaccio e compro qualcosa da mangiare anche per te.”
Quel giorno avevo già percorso quasi diciotto chilometri tutti d’un fiato, salite vertiginose e ripide discese che hanno attraversato più di quattro paesini, alcuni arroccati su brulle colline, altri immersi in fitti boschi ma sempre avvolti da colorite atmosfere; folkloristici personaggi accoglievano il nostro passaggio con gentile indifferenza, ormai si erano più che abituati ai “pellegrini”. Attraversando quei magici posti incontrai un quadrupede peloso e buffo abbandonato, legato al cancello di un grazioso cimitero collocato poco fuori dal piccolo borgo. Lo slegai per consentirgli la fuga, la strada di casa, ma lui decise di seguirmi. Durante la maggior parte degl’ultimi quindici chilometri che mi dividevano dall’agognato ostello, la meta giornaliera capace di entusiasmarci e di poterci rifocillare, continuai a chiamarlo col nome della sua più palese caratteristiche biologica: Cane.
L’idea di partire alla scoperta del ‘Cammino di Santiago’ balenò nella mia mente anche in seguito alla classica delusione amorosa, decisi che camminare per un lungo periodo mi sarebbe servito, se non a ritrovare me stesso perlomeno a conoscere nuove emozioni.
Pellegrini per hobby, per sport, per vocazione o per caso. Vacanzieri enogastronomici e devoti credenti erano i miei bipedi compagni di viaggio per quei circa quaranta giorni, per quella che era stata la mia ultima e più duratura fuga prima di tornare alle incombenze burocratiche.
“Perro no! Non brontolare!”
Sì, il mio cane mi assomiglia: brontola, si offende, si arrabbia senza motivo e poi manco se ne ricorda. Gli manca solo la parola e la “birra facile”.
“Adesso esco. Ci vediamo dopo.”

due venti
martedì 7 febbraio 2017 16:53
Ciao Pier! Mi piace da morire. Continua, per favore...
ziopier78
martedì 7 febbraio 2017 19:49
Grazie tantissime due venti...
... Vorrei ampliare un altro racconto che ho scritto; vorrei iniziare così:

“Vuoi un’altra birra Piero?”
“No grazie. Prenderei volentieri un buon rum; poi vado a letto che domattina la sveglia suonerà presto.”
Alle spalle del barista, alla sinistra della luccicante macchina del caffè, poco sopra le file dei superalcolici ben allineati ed invitanti, c’è un grande specchio che riflette l’immagine di un uomo in piedi davanti al bancone. I rossi occhi trasognati aggrappati al naso pronunciato e la barbetta trascurata come i capelli non danno l’idea, secondo me, di un personaggio particolarmente trasandato o che si sia lasciato andare… sicuramente ha bevuto, ma non troppo ubriaco: sono io.
Da quando ho divorziato con il magico, avvolgente, e spesso impertinente mondo dei gestori di bar, di locali, di ristoranti o qualsivoglia tipologia di regolamentare pubblica somministrazione, un poco mi sento perso.
“Ecco un buon Caroni di ventuno anni. Il tuo Centenario del Costarica, come ben sai, non lo importano in Italia. L’ultima bottiglia che mi hai regalato l’hai finita tu.”
“Ottimo. Però ricordami di portartene un’altra. Quella rimasta preferisco scolarmela qui, mi sento a casa.”
Davide, Davidino come da tutti veniva chiamato, era diventato il mio barista di fiducia, idealizzava il mio genere. Era sempre allegro ma non eccessivamente sorridente, anche se solo per consumata professionalità, mi faceva spesso sentire speciale. Non faceva trapelare quell’asettica ospitalità che alcuni esercenti oramai usano come un’arma; qualcuno per indolenza, ma sempre più spesso per necessità… purtroppo.
“Beato te che non sei più in questo mondo assurdo fatto solo di ‘pazza quotidianità’. Giornaliero o notturno che sia, è cambiato qualcosa.”
“Davidino, non pensare che in altri mondi sia tanto differente.”
“Però tu mi sembri meno stressato. Sicuramente più rilassato di qualche mese fa. Abbasso il riscaldamento? Sei un poco paonazzo.”
Le cattive abitudini sono difficili da perdere. Non mi sono mai considerato un forte bevitore e, sinceramente, di baristi e barman astemi, sinora, nella mia di vita, ne ho conosciuti veramente pochi. Quasi nessuno. Sicuramente uno non beveva birrette defaticanti a fine turno giornaliero e neanche un caffè corretto ogni tanto, ma del tutto astemio non l’era: un brindisi a capodanno, per scommessa o compleanno che fosse, l’abbiamo fatto… ne sono sicuro. Forse, ma non ricordo e non potrei giurarlo, durante una cena di fine stagione lavorativa si prese anche una sonora mezza ciucca divertente. Girava con un foglietto sgualcito nel portafogli su cui aveva annotato le sue personali ricette per cocktails poco modaioli, vinse diverse competizioni a livello nazionale; tutte, tutte quelle disponibili anche ai non iscritti AIBES (Associazione Italiana Barman E Sostenitori), non gli ‘garbavano’ molto. Conobbi Athos poco dopo aver superato l’esame d’ammissione all’Aibes. Prima di allora avevo lavorato un paio di stagioni in due discoteche differenti, una più “truzza” e l’altra più “chiccosa”. “Barman” improvvisati che si spacciavano per baristi di alto livello, abili giocolieri capaci d’intrattenere in modo magistrale flotte di sprovvedute di anime assetate, a volte anche con nozioni di “mixology”, ne avevo conosciuto qualcheduno. Il mondo della notte mi affascina. Ritmi tribali, alternativi, mixati, commerciali e melodiche sonorità si sono alternate come colonne sonora della mia breve ma intensa esperienza lavorativa, la prima post scolastica
Due anni, due stagioni in cui non andavo mai a dormire prima delle due di notte. Migliaia di facce, sguardi, persone e personalità. Attori protagonisti, antagonisti, comparse e spettatori, registi, molti artisti e qualche cantante famoso. Una volta ho avuto la fortuna di lavorare nel locale in cui sul palco a cantare I fell good non c’era una tribute-band, era l’originale: ho servito da bere a James Brown. Insieme ad alcuni miei colleghi sistemai i tavoli nella sala da ballo al cospetto e gradimento di Patty Pravo… Interessanti, o perlomeno curiosi incontri di questo genere li devo a quell’adolescenziale percorso lavorativo anche se solo stagionale. La prima annualità interamente retribuita la passai prendendo lezioni di vita al bancone di un bar-ristorante con Athos. Mi insegnò a precedere le richieste delle più svariate tipologie di clienti. Lui, ancor prima che oltrepassassero la soglia, sapeva già cosa avrebbero chiesto e indovinava quasi sempre, tanto in alternativa aveva subito una scusa pronta. Parlava lo stretto necessario, in modo efficace e spiritoso, nel pieno del lavoro gli spuntavano tre braccia, due teste e mille piedi, ma sempre con un’invidiabile semplicità. Ascoltava attentamente e cedeva, a titolo gratuito, preziosi consigli professionali e paterni durante “riposanti” mansioni di riassetto tra un turno e l’altro. Non sono mai riuscito a imitarlo. Grazie a lui credo d’essere riuscito ad appassionarmi a tutte le sfumature che questo mestiere, come molti altri, è in grado di farti vivere: colorate e brillanti, però facilmente possono accecarti; grigie e totalmente scure che se non stai attento ti incupiscono. Mi piace l’ambiente. Inventare ricette, consigliare birre giuste e, se possibile, il giusto numero che se ne dovrebbero bere. Parlare con la gente, ascoltare storie, organizzare piacevoli ritagli di lunghe giornate quotidiane, trovare equilibrate formule per avvolgenti serate che, quando riuscite, sono state le mie più grandi e inebrianti soddisfazioni.
fil0diseta
mercoledì 8 febbraio 2017 01:43

non so, ma preferivo trasognanti
due venti
venerdì 10 febbraio 2017 19:09
Grazie Pier!!! Asperro il seguito. Ma no, non si può!!!! Volevo scrivere aspetto...
ziopier78
venerdì 10 febbraio 2017 20:42
... perrò lo sto scrivendo, però se riesco volentieri. Grassie!
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:34.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com