Re:
VertigoDoc, 20/04/2013 01:01:
Io stare non voglio qui fra le Lettere,
dove vorrebbe un rivo di seppia eternare
immota un istante la vita su un foglio.
È dal mondo che sgorga l’Inchiostro:
e terreni vergati di crepe ne vengon empiti
e buoi nel solco del giogo ne vengon lavati.
Sprizza nel laborioso canto di prispole,
Mormora e brulica in dita d’eonio
che pur carcerato in un patio mostra la mano.
Trasforma in suoni questi segni che leggi!
Ingozzane l’uvula ad esserne sazio,
Mastica il fono con denti di china che
tracima su stoffa una notte pezzata e lattiginosa.
Allorché le aride labbra mondate saranno dal
buio a granelli che zampilla da polsi,
questa pagina resterà soltanto una pagina
e queste parole, soltanto parole.
Ti ho già buttato lì che non mi spiego l'approdo a questa scrittura. Se non che questo linguaggio non contenga una sorta di denuncia ad un certo modo di scrivere. E' una scrittura recentissima e per valutare dovrei avere almeno un termine di paragone. Le domande mi si pongono sulle scelte di costruzione, su quelle semantiche...
Ingozzane l’uvula ad esserne sazio,
Mastica il fono con denti di china che
tracima su stoffa una notte pezzata e lattiginosa.
Cioè, da dove arriva lo slancio a scrivere versi come questi. E se si tratta di un episodio o se delineano un cammino che vorresti percorrere?
Metterò a fuoco meglio, se mi spiegherai e se pubblicherai altri testi nati in questo ultimo periodo.
Ma forse qualcuno non ha i miei stessi dubbi...