da " Il verso dell' immemore"
Andrò a piedi nudi tra i rovi
a seppellire cadaveri delle volte ch’io fui.
Uno, dieci, cinquanta corpi inanimati
appesi a risolini svuotati.
Un declino negli occhi
emaciati di viola, e dal ristagno
colte fandonie offerte a saldo
da mille ed altri impostori.
Ristretto in quel rigurgito recitai le parti
e spensi con un fioco respiro l' ansia
posseduto da una coltre copiosa di mimi.
Non ricordai ch’io fossi.
L’ipotesi mi arrese flebile, al pasto
una flotta di gechi tremolanti.
Mi assalirono la gola parole mai combinate
grani di sabbia tra le ciglia occluse.
Appresi versi inumani
le risa di una iena, erose da un lamento
bitume viscoso sulla mia pelle
come se la graffiasse
come se lacerasse
le mute, repentine mute
corteo di una pelle morta.