La bestia nel cuore

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-Beppe-
00mercoledì 28 settembre 2005 17:38
I ricordi fanno male.Se poi sono rimossi,recuperarli sarà ancora più difficile,e vivere nella loro aderenza alla vita quasi impossibile.
Lo capisce Sabina,doppiatrice che nella vita aveva ambizioni più alte,quando all’improvviso un sogno in cui si vede coinvolta in una situazione ambigua con il padre la turba fino a farle prendere la decisione di recarsi per le festività di fine anno dal fratello,insegnante negli Stati Uniti.
Lasciati momentaneamente il fidanzato,anch’egli attore,l’amica Emilia,non vedente da tempo innamorata di lei,parte per cercare le ragioni del suo turbamento.
La bestia nel cuore è prezioso e snervante,agitato e suscettibile di un certa saturazione di sentimenti,caricato di motivazioni che a tratti stentano ad essere contenute,ma è sincero e in qualche punto azzardato.
La cautela della regia,la trascrizione che vuole dare di inquietudini che una vita non basta a placare,va incontro a qualche goffaggine del pudore,e un po’ si perde senza riuscire completamente a snebbiare il peso di tutte le storie intrecciate del presente e del passato.
Cristina Comencini,però,vuole dare un passo delicato all’orchestrazione di tutti i personaggi messi in scena,senza consolazioni o giudizi,e in questa è aiutata,e in alcuni momenti salvata,da un impegno recitativo di evidente rilievo.
Giovanna Mezzogiorno,sicuramente enfatica,talvolta eccessivamente acuta nella sua interpretazione che sacrifica la naturalezza al desiderio di riuscire a evidenziare tutte le emozioni,mantiene per tutto il film uno sguardo e una rabbia intransigenti,un ardore composto e vulnerabile che ne accentuano le capacità in crescita.
Alessio Boni dimostra che,quando c’è un regista che sa tenerlo a freno,può essere anche un bravo attore.
Luigi Lo Cascio,in un ruolo a dire il vero assai difficile,forse perde un po’ della sua essenzialità,ma visto così piegato e irrigidito da un dolore che è(ingiustamente)rimorso,convince con silenzi che sono più decisivi delle parole.
Ma il fiore all’occhiello sono i caratteristi:un’inedita Stefania Rocca,quasi irriconoscibile nel prestarsi alla spettralità in cui si è recintata la sua Emilia,contiene nel suo volto l’adirazione nei confronti della vita vista come beffa,nervosamente in lotta per l’affermazione dei sentimenti.
Giuseppe Battiston ha il carattere e i tempi giusti per il suo ruolo di regista frustrato in attesa di realizzare il “suo” film,con una faccia che nasconde la malinconia e la rende tollerabile.
E una superlativa Angela Finocchiaro che passa dalle sue più tipiche,stralunate espressioni ad uno sfogo sorprendente,taciuto e per questo ancor più desideroso d’essere espulso,confessato:semplicemente da applauso.
Non sarebbe stato male eliminare qualche lungaggine,o l’asprezza di alcune sottolineature,ma resta un esempio non facilmente rintracciabile nella cinematografia italiana,e anche il lieto fine che più che rendere felici tutti esprime solo la possibilità di non essere solo colpevoli davanti a se stessi,avanza il suggerimento(che di questo si tratta:punti esclamativi la Comencini non ne mette) che è possibile vivere senza tramandare a chi amiamo quell’eredità della colpa che ha perseguitato la vita,ma non l’ha vinta.

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