macrino, 26/11/2019 00.22:
Nel v. 4 diventano nove con la sinafia col verso successivo; nell'altro sono nove, adottando un'idonea figura metrica, lo iato.
Ricorrendo ad artifici ormai datati, credo si finisca per fare una poesia di maniera, che non ha senso, secondo me, ai giorni nostri, rincorrendo una metrica ad ogni costo che risulta innaturale; ma questo è il mio umile parere.
Mia assoluta convinzione è che la poesia, in ogni tempo, sia un connubio tra senso e suono, ritmo e musicalità che producano, come effetto finale, un risultato armonico, perché è l’armonia che distingue il componimento poetico da ogni altra forma di scrittura.
Tanto più in essa c’è armonia, e quindi musicalità e ritmo, tanto più affascina e cattura.
Tu hai precisi contenuti che fanno riflettere sulla miseria e la fragilità dell’uomo in quanto tale, e stai sperimentando soluzioni metriche un po’ fuori dal verso canonico, e quando parlo di verso canonico parlo di un verso con precisi accenti ritmici in posizioni che movimentano la lettura e la musicalità di un componimento poetico.
Il novenario canonico ha accenti fissi sulla seconda, quinta e ottava sillaba. Capisco che ciò farebbe risultare la poesia cantilenante e immagino quindi che tu abbia scelto novenari non canonici per evitare questo effetto.
Tuttavia la tua premessa promuove in questo caso la scelta di novenari piani. Ciò significa che l'ultimo accento cadrà sempre sulla penultima sillaba di una parola piana.
Ma vediamo come diventerebbe il terzo verso se prestasse l’ultima sillaba al verso successivo:
per te che solamente conò-
sci_il dolore più acerbo oltre
mentre il secondo verso sarebbe comunque di 9 sillabe metriche (perché sci_il si fondono in una sola sillaba con due vocali deboli), il primo con l’ultima parola scissa (conò…) sarebbe non più un verso piano bensì un verso tronco, e tu sai che comunque che a una parola tronca a fine verso va considerata l'aggiunta di una sillaba in più, quindi ti troveresti comunque con un decasillabo anziché con un novenario.
Ben diverso sarebbe se il primo dei due versi finisse con una parola sdrucciola che dovesse “prestare” una sillaba al verso seguente sia allorché quello seguente inizi con una vocale come nel tuo caso e sia se il verso seguente fosse ipo-metro (vale a dire con otto sillabe) che diverrebbe di nove con quella recuperata dalla parola sdrucciola del verso precedente.
Ti faccio un esempio (non una sostituzione del tuo, ma solo un esempio con una parola sdrucciola, ma qui non va bene perché non si atterrebbe alla rima)
Se fosse:
per te che hai dovuto conòscere
il dolore più acerbo oltre
si potrebbe leggere:
per te che hai dovuto conòsce- ------------- (9 sillabe)
re_il dolore più acerbo oltre --------------------( 9 sillabe)
Se la mia spiegazione dovesse risultarti poco chiara, ti indico una più sintetica spiegazione a questo link sull'applicazione della sinafia:
www.metricaitaliana.it/termini/s/sinafia.asp
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Per quanto riguarda il verso
lontani, argentei armenti
non sono io ma la metrica che dice che la contiguità di una vocale debole e una forte fa sì che si fondono in un’unica emissione di suono e quindi si ha la sinalefe.
“La sinalèfe (dal greco συναλοιφή = fusione insieme) è una figura metrica in cui, nel conteggio delle sillabe di un verso, sono unificate in una sola posizione la vocale finale d'una parola e quella iniziale della parola successiva”
per cui leggiamo:
lon-tà-ni_ar-gèn-te-i_ar-mèn-ti = 8 sillabe metriche.
Non vedo come altro si possa scandire il verso, visto che la
i debole di “lontani” si fonde con la
a forte di "argentei", come la
i debole di "argentei" si fonde con la
a forte di "armenti".
Non credo che si possa arbitrariamente unirle una volta e staccarle un’altra volta.
La sinalefe risponde a una precisa scansione ritmica che corrisponde alla naturalezza della nostra pronunzia nella lingua parlata. Perciò ti consiglierei di non ricorrere ad arcaici artifici che oggi sono decisamente in disuso.
Però la poesia è tua e rispetto le tue decisioni in merito.
Io risolverei così:
per te che soltanto conosci
oppure:
per te che non altro conosci
che il dolore più acerbo oltre
......
e per il verso alla penultima strofa:
inutili, argentei armenti
cadono tra aridi incastri.
A te le decisioni in merito.
Ciao