Lezioni di morte

fabella
martedì 23 settembre 2014 13:39

quanta sofferenza costa la pace
la penna tenta di sgranare
il pianto -come fanno gli occhi
ma tutto il cuore è pieno
di battiti che fermano la vita

solo il silenzio accompagna
un'altra lezione di morte








radikal60
mercoledì 24 settembre 2014 22:06
Si vede bene la grande capacità di far correre la musicalità nei versi senza creare intoppi. Qualche dubbio mi viene per le parole scelte, secondo me un po' troppo ovvie (specie se messe tutte insieme): pianto, cuore, battiti, vita, silenzio, morte.
ili@de
venerdì 26 settembre 2014 09:54
Re:
radikal60, 24/09/2014 22:06:

Si vede bene la grande capacità di far correre la musicalità nei versi senza creare intoppi. Qualche dubbio mi viene per le parole scelte, secondo me un po' troppo ovvie (specie se messe tutte insieme): pianto, cuore, battiti, vita, silenzio, morte.




Ho riflettuto su questo commento. Mi sono detto che, in effetti, le parole scelte (messe tutte assieme) potrebbero rappresentare una fiera delle ovvietà.
Ho sempre pensato che i migliaia di termini presenti nel dizionario italiano possono essere, in poesia, ovvi, scontati, noiosi, ridondanti, inutili, inappropriati a seconda dell’uso e degli accostamenti che se ne fanno. Un termine può risultare azzeccato e geniale in un determinato contesto con l’utilizzo appropriato di altri termini, aggettivi o verbi che lo accompagnano, ovvero risultare estremamente inappropriato o addirittura repellente se accompagnato ad altri che ne sminuiscono la “potenza” evocativa.
In questo caso direi che la scelta di fabella ed il risultato finale, come sottolineato nel commento è di una grande linearità e musicalità che fanno scorrere il verso lasciando il gusto amaro di una chiusa che fa riflettere e porre delle domande.

"sgranare il pianto" : forse “pianto” è ovvio ma accompagnato a questo verbo sembra perdere l’ovvietà
"il cuore è pieno di battiti che fermano la vita": difficile ritenere ovvio un verso così composto! (Anche Lorenzo Cherubini sarebbe d’accordo [SM=g8231] ).

La chiusa poi…
Quasi sempre il silenzio, in poesia, e associato alla morte. Un binomio per molti versi inscindibile.
E allora che fare? Rinunciare alla possibilità di menzionare silenzio, morte e cuore dentro ad un unico testo?
Direi di no, perché se così fosse dovremmo rinunciare alla lettura di una poesiola che riporta tutti assieme la maggior parte di questi termini “ovvi” il titolo è “Neve”, l’autore: un certo Quasimodo.


@




elfo nero
venerdì 26 settembre 2014 10:34
bella poesia
radikal60
venerdì 26 settembre 2014 18:55
Re: Re:
ili@de, 26/09/2014 09:54:




Ho riflettuto su questo commento. Mi sono detto che, in effetti, le parole scelte (messe tutte assieme) potrebbero rappresentare una fiera delle ovvietà.
Ho sempre pensato che i migliaia di termini presenti nel dizionario italiano possono essere, in poesia, ovvi, scontati, noiosi, ridondanti, inutili, inappropriati a seconda dell’uso e degli accostamenti che se ne fanno. Un termine può risultare azzeccato e geniale in un determinato contesto con l’utilizzo appropriato di altri termini, aggettivi o verbi che lo accompagnano, ovvero risultare estremamente inappropriato o addirittura repellente se accompagnato ad altri che ne sminuiscono la “potenza” evocativa.
In questo caso direi che la scelta di fabella ed il risultato finale, come sottolineato nel commento è di una grande linearità e musicalità che fanno scorrere il verso lasciando il gusto amaro di una chiusa che fa riflettere e porre delle domande.

"sgranare il pianto" : forse “pianto” è ovvio ma accompagnato a questo verbo sembra perdere l’ovvietà
"il cuore è pieno di battiti che fermano la vita": difficile ritenere ovvio un verso così composto! (Anche Lorenzo Cherubini sarebbe d’accordo [SM=g8231] ).

La chiusa poi…
Quasi sempre il silenzio, in poesia, e associato alla morte. Un binomio per molti versi inscindibile.
E allora che fare? Rinunciare alla possibilità di menzionare silenzio, morte e cuore dentro ad un unico testo?
Direi di no, perché se così fosse dovremmo rinunciare alla lettura di una poesiola che riporta tutti assieme la maggior parte di questi termini “ovvi” il titolo è “Neve”, l’autore: un certo Quasimodo.


@







D'accordo con te. Infatti era un dubbio dovuto a un pensiero aprioristico che spesso si fa in poesia e che ci spinge verso la ricerca di un linguaggio-altro e di parole ancora immacolate (se esistono) e ho aspettato un po' prima di commentare, ma alla fine la piccola pulce l'ho voluta mettere. Onestamente troverei difficile sostituire in questo testo i termini citati (forse l'unico che veramente avrei sostituito è "cuore") e ritengo anch'io che a volte ci siano parole che non si può non scrivere e usare, nonostante tutto il loro peso alle spalle. Però dibatterne può essere interessante. Ciao
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