Era iniziata nel più classico dei modi con un’apertura di gioco “chiuso”.
Quel d4 d5 faceva presagire una tranquilla partita da week end ed anche il gambetto di Donna poteva essere scambiato per un inizio partita dei più ovvi.
Fu alla mossa successiva che furono chiari gli intenti: un controgambetto Albin, chiaro tentativo da parte del Nero di guadagnare l’iniziativa.
Il Bianco non ci stava e mise in moto da subito il Cavallo, mentre l’Alfiere Nero fremeva eccitato all’idea di doversi muovere quanto prima, ma restò fermo.
Dopo poche mosse il Nero si mosse d’astuzia, offrì in sacrificio il suo Alfiere sperando che il Bianco cadesse nel tranello lasciando scoperto il Re sul fianco. Il Bianco rispose con un arrocco corto che aveva rimandato per sviluppare l’attacco dei Cavalli.
Alla quattordicesima mossa la partita si svolgeva con un netto vantaggio del Nero ed il Bianco in affanno e sempre sulla difensiva.
Il Nero, in vantaggio numerico, dava per certa la vittoria e già assaporava l’ ebbrezza che ciò gli avrebbe procurato.
Aveva trincerato ingenuamente il suo Re dietro una muraglia di altri pezzi e, nel tentativo di chiudere la partita, fu preso dalla fretta.
Il Bianco, conscio della supremazia dell’avversario approfittando di una sua improvvisa defaillance tentò un affondo disperato: fece finta di cedere la Donna, ben sapendo che il Nero non avrebbe resistito e comunque ormai aveva le mosse obbligate.
Come previsto il Nero prese la Donna con l’unico pezzo che aveva a disposizione in quel momento: la Torre. Ma così facendo costrinse il suo stesso Re in una morsa fatale, ma se ne accorse troppo tardi; il Cavallo Bianco aveva già effettuato la sua mossa dando lo scacco matto.
Il Nero era stato vittima di un perfetto “matto affogato”; stritolato dalla sua stessa sicumera.