da " Il verso dell' immemore"
Mi mordesti un orecchio tra i corridoi grigi
di un vetusto edificio, chino su una scalea disfatta
mi abbrancasti un arto, mi stringesti al petto
tra le ossa un fracasso all' alma.
Ed io, che scorsi la luna!
Mi guardasti con due getti di pece rappresa tra le ciglia
nel lasso un profilo intinto d’ebano
gronda madido un tremore
e nel verso un cinghiale ammodo;
pronunciasti amore a denti stretti di porcellana bianca
azzardasti, azzardasti
farfalle d’ali angariate nelle morse incomprese
odorasti come miele affranto ai piedi di un ulivo
soffocato dall' afa e figlio di un astro indifferente.