ancora ritocchi. vorrei rendere al meglio, ma per me che sono solita sottindendere, questo stile è tutto da sperimentare
qui ad Orgosolo si arriva attraverso la voglia di sgranare gli occhi
di puntarli in alto, a questo paese che si fa tela e parla sui muri
in tutti i segni del mondo –graffiando- tra il caffè degli artisti
e l’odore di piscio arrampicato su per tutte le scale
la via centrale è un museo dai marciapiedi sottili e panche
fuori dai bar. i ragazzi ad Orgosolo sembrano tutti uguali
con la barba ed i capelli disegnati dallo stesso taglio. e gli ubriachi
condividono coi visitatori il senso unico che diventa circuito
per un’auto rossa che schiamazza la festa con la sua follia
invece fra i denti c’è poco spazio per un’altra lingua
qui la parola si fa stretta e la piazza è resa vuota da fare paura
ma la terra non è mai una distanza
è l’unione col pane che si sfoglia come le ostie da distribuire all’altare
poi diventa minestra, insalata, foglio sottile
che stringe la ricotta fresca come il volto dei bambini
come le premure delle madri aperte alle assoluzioni
dove ancora c’è provvidenza nel nome dei neonati
nei ricami fatti a mano, nella lana tagliata dai pastori
le case hanno giardini piccoli come balconi
e le ringhiere spalancate a dire –nessun segreto tra noi
nessun giudizio negli occhi dei murales –siete voi
il segreto, voi che vi aggirate a far fotografie come ladri
ad una bellezza che ci dipinge con le radici