altripoeti - Marina Pizzi

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00venerdì 28 luglio 2017 10:10
Marina Pizzi da questa pagina



1.
Unica tregua somigliare al fango
Alla migliore traccia di sangue
Per sconfiggere speranza con l’anemia
Del balzo tenerissimo con la concreta
Realtà di andarsene finalmente superstiti
Bonari. Di te non credo la vitalità più bella
Né la cometa azzima di luce
Perché la ressa delle rondini è soqquadro
Sul finire dell’ultima cimasa.
Non resta che pagliaccio la sirena
Irrisa da soldati di conquista.
2.
Annuncio di chitarra vederti all’angolo
Dove la sposa cieca ti sorride
Coriandolo e malessere per sempre.
L’ausilio del gemello francescano
Non consente libertà di scelta
Ma esuli le palpebre di brevetto.
Dimmi perché piange la baldoria
Del fiume dotto di non tornare mai
Quasi del secolo il messaggio a dio.
3.
Dio della notte il mio sospiro
Sparuto quanto un indice di nebbia
La crudeltà del sale sfatto palmo
Con il mistero che deride la faccia
Faccenda senza resine di baci.
Il male barricato sulla fronte
Dissolve l’ossigeno geniale
La gente sugli spalti delle tombe.
Tu dimmi quale rondine corsara
Sapienza di dio non sapere
Perché le baracche da sole spopolano
Esatte bramosie cercare dio.
Capitomboli di sabbie volerti bene
Dietro la rotta tragica del guado
O di domani la speranza d’essere.
Pagliaccio al grado Generale
Questo fantasma d’anima malarica
Dove intercede il regno del cipresso.
4.
La notte dell’abaco quando più nulla conta rimanere
Al bacio dell’algebra bravura
O sotto teca ricordare il nonno
O la maretta insita alla darsena.
Inverno bello quanto un calamaio
Felice pagliaccio della poesia
Barriera al maestrale colma vendetta.
Materna la briciola che sogna da sola
La grande pagnotta della patria
Sgominata con un soffio di penuria.
5.
Ho una critica al rito perché non piange
Parla e recita cinge l’altare
Sulla truppa delle lacrime di altri
E questa piccolina aria di asilo
E’ vicina al mio collo gracile come un biscotto
La meringa di madre che mi fu amorosa gara
Qualora giungi in ritardo e il dondolo del sole
M’insegnò la rima con la luce pietosa
Dentro le tombe con gente che se ne va
Bruciata o sottoterra oltre i santi che non ci sono
Giammai vicini nonostante il calendario o a
Decine di copie per festeggiare il nuovo anno.
Le medicine delle nuvole piangono disperano
Su tutti, le resine non bastano per Natale
La fanga è ennesima maligna agro.
Tu graziosa mungi per l’anima marina e d’ara.
Addio, puoi morire da Capitano gentile.
6.
qui nel pianto che rottama chi fosti
si stipola la sporta delle lacrime
nel crimine del giglio che si oscura.
l’ennesima malizia della ruggine
germoglia girandole di pargoli
dove la madre è un astio di bestemmia.
biblioteca di aceri rossi le tue guance
stipendiate da dio per una riserva d’ àncora
o almeno in coro ripetere l’enigma
di fausti almanacchi creduli al pompiere
di fuoco l’acqua piccolina in pozze
tombale l’anemia di chi fosti.
7.
Viltà del tarlo il crollo ben tradente
Quanto la logica di perdere la vita.
Matassa di elemosine vederti
Sotto la vana statua la tua venere.
Ebbene adesso il secolo vanesio
Sibila silenzi dentro gli sguardi ebeti
Delle maestre fatue oltre il vento.
Ben oltre dio ho scoperto l’astro
Valente quanto un calice di stimmate
Immacolate madri di ben alte stature.
Il Carso di Ungaretti è raso al suolo
Per rendere maligne le retate
Tanto bacate le lignee strade fatue.
Intorno alla marea di guardare il cielo
Si sviluppa un popolo di lutto
Vano del tutto in pasto alla fanghiglia.
8.
L’età felice un granello di sabbia
Sotto gli esposti papaveri di niente
Con la morte del cielo non sedata
Lugubre attivista quale un rantolo
Bacato dalla resina di resistere.
La mia spoliazione rimprovera le spose
Le taniche vecchie senza fiori attorno
E’ così che piange il mio gendarme
A me tenuto stretto come un ciondolo
Una ripetizione che sa di arsenico
Buono lo sciroppo per i bimbi superstiti.
Nel lento sprofondare della palude di casa
Ho perso il ludo di guardarmi attorno
Tu presente maschia agonia che il lo sia.
Tutta una civiltà di panico
Anche l’agonia lo sarà nonostante tu
Creda alle sbarre alle terre dei morti.
Libri d’infami lettori stare a casa e non capire
Le pagine miliardarie di parole.
Un libro dopo l’altro ho perso il fare
La lunga cattedrale del portone che schiavi
Speciali trattiene. Intorno ai poveri senza parola
Si getta dalla finestra il lessico la sposa senza rima di bontà.
9.
La rondine nel passo
Nel lutto della foce giacché morente
Sono trappola vivente verso il so
La culla ennesima del falò
Però non brucio anzi ritorno
Fantoccio di sangue velenoso
Si dipana il libro che nessuno capirà
Ma poco importa tracciare il fantoccio
Della sapienza. Il postino all’orizzonte
Calcola gli zeri che incontra e la marina amorosa
Dove s’intana il coma di pargoli
Gotici. Padre di alta messa per perdonare i lupi
E le gentaglie alle prodezze degli assassini.
In fondo i colori amano i piangenti
I fagotti dei poveri che non sanno amare
E il carro funebre con la rodine in cima
Somiglia il paradiso che non c’è.
10.
Le bambole di pane ebbero tempo
di frangere aurore per gli abiti
quali un manipolo di baci.
Sto quaggiù dove piange il sale
le rotte nude di trovare il giorno
mancato per abitudine al cadavere.
11.
Gesso di talamo gestire
Maschera mortale questo incavo
Tutto teschio il parcometro marino
Lo spirito di terra osanna
Che entra nella bocca.
Io non oso consentire l’esodo
12.
diventai sorda sul far della fionda
minacciosa. stato mediocre proseguì
l’inguine chic della sposa compagine di poeta
addotto comunque a piangere il genuflesso
pargola di piangere. su sulla cometa il dondolio salvò
viottoli di baci ciminiere di carezze per imparare chissà
forse la carezze gridate in coma.
in giugno mi toccò il pane amaro
il libro senza esiti di stampa
la strampalata estasi del nulla
quando si bagna il seno senza latte.
mia madre consolò le mura ataviche
le vecchie scimmie quasi simili lei
alla giunonica colpa del gran seno
spartito quasi a nome di robusta gioia.
13.
le stellette da generale sono la blasfemia
del cielo, un abitato di sangue dove langue
il guaio tragico siglato dal diavolo.
un’attenzione di lupi questa vendetta
senza eremi da piangere e anzi invece
la calamita del mito chiama a sé
miracoli guardinghi senza né fata né mago
nei pressi anzi di un labirinto stoico
senza chiave pieno zeppo di serrature
il genio si è addormentato alla scrivania
nessuno sa più l’avanzo divino né l’angelo.
vendemmia il mio soccorso per favore
io non posso che gelo e ladrocinio
perché ho mangiato la terra marcia
e la guercia cantica del grano.
14.
Inverno di stoppie il panico del corpo
Questo progresso che rema senza sosta
La povertà dell’angolo più certo.
Età spartana quando nacqui
Nel pianto di satana la nuca
O almeno senza pace sospirare in culla.
Allora quale strazio questa rotta
Perduta alla palude al ludo delle mosche
Luride. Me bestiale l’urlo che sale
Lungo la spalletta della tomba
Che blasfema il soldato dell’io.
Almeno la nonna aveva i pizzi
Lo zelo di volare come gli angeli
La catapecchia del sale resistenza.
15.
Appunti idioti l’ora convalescente
Quando la mente è fossa di pugni
E la clessidra esclama massime d’inferno
Nomee di Giuda gli steli d’inverno.
Coriandoli s’intasano le dee cadenti
Quando dimena il sole un altro buio
E le chimere vengono a remare
Un fato fasullo quanto il lucchetto
Di serrar chissà. Le giostre traggono
Venia dall’anima cifrata sotto lo zerbino.
Le grotte che rubano i tartufi
Non danno elegia al coma
Ma pianti eterni il corridoio di non uscire
Neanche sotto i baveri dei morti.
Ti saluto ennesimo spavento
Vena senza chiesa di sgorgare.
16.
Orefice sacrale volerti accanto
Dove si muore in fila alla Gestapo
Poveri amanti di lasciti senza scampo.
Nel vero dio che musica le stelle
Ho ritrovato il fonico amante
La giungla vate di guardarti gli occhi.
Se passa dio un incavo di nebbia
Allora sazia la vendetta darsena
Se per enigma di girandola il verso
Segreto in mezzo al petto per sopravvivere
Le maligne eredità del greto.
Io non voglio plausi di pane
Ma marette di estasi per gli ultimi
Migliori accrediti di una primavera.
Oggi nel coma di panici letargici
Giunge la giostra di aspettar sepolcro.
17.
So piangere con un disprezzo
Da fermata d’autobus.
Ho bussato a vita
Verso un sobborgo di poveri amanti
E gemme in gola come tumori.
Corro a morire sotto le coperte
Di un letto iroso spinoso noioso.
La gioia di farmi sorella
Finì in una chiavica di marmo.
Chiamami marina sarò il tuo nome
Come dispetto infante e la ginestra rossa.
Ripetizioni di sbarre il mio cospetto
Questo ergastolo penoso fratello
Liberale la rotula di correre.
Mansione di coma ripetere la stasi
Nel trionfale silenzio di un sì di sangue.
18.
Manipolo di stasi il cuore di frastuono
Urla fisse che chiedono lento morire
Per riportare la genesi in un posto sicuro
Né nome né nomea ma siluro di silenzio.
Un aspetto nefasto l’ombra
Bramosa di sospetto dove inquina
La morte la qualità del bello
Perché non voli ma rasenti
L’aquila stagna di piangere sempre
Con un boccale d’astio contro il pregio
Di morire felici felicemente accorti.
Pietà d’occaso startene nel sonno
Dove si flette ad eremo la notte
E finalmente muore il mio calvario
In un pasquale riso oltre morte.
19.
Stile angusto guardarmi allo specchio
Dove intristisce il mito della rondine
Anni perdenti anni di grido
Attorno al vuoto di vivere afflitti.
Gerundio impietoso questo carcere
Sassi desolati la regia del tempio
Ora che adesso il pio rovo
Mi uccide senza la morte di morire.
Mia madre faceva la sarta
Per commesse di rantoli cattivi.
Desolanti amanti i libri chiusi
Dove si appresta il fato dell’ozio
E la corona per l’angelo più bello
Quale ad epitaffio per correre.
20.
Gioiosa fune della mia morte
Questo stallo di sale senza pietà
Nella ronda di stare tradita
E faccenda di eclisse sembrare
Nonostante il ceduo nel bagaglio del lutto
Ottobre di vento il tuo ristagno
Breve valore di vita.
Ora accudisco vestali silenti
Specola di addio aspettarti.
21.
Dio del rovo nero perdere la vita
Occaso di calunnia la sconfitta
Abrasa dalla ruggine nemica
O sotto frottola il sale della storia.
Davvero spiacente questa lingua
Che urla bestemmie dal tetto
Dove tutti buttano il corpo di paura.
Ercole di nebbia il desiderio
Sovente si accresce oltre di oltre
Calendario di notte il mio potere
Origine del dubbio: lato d’infanzia.
22.
Scappatoia d’amore il girasole ennesimo
Dove prolunga questa mansuetudine
Festa coniata dalla rondine vicina
E sul cipresso un’oasi di passeri.
Il dio mondano della passiflora
E’ furia a superare l’orizzonte
Con la cometa lauda da sé.
Invasi dal castello della ruggine
La felicità si squarcia in una ciliegina velenosa
Simile al ragno incinto di tantissimi
Piccolacci di fervore. In una carezza di sintesi
La vedovanza avanza almeno lieta tara.
Venisse l’eremo di tutti per capire i cristalli
Opachi le tragiche e quiete vedovelle
All’argine della strada finalmente edotte
Dalla prudenza di piangere. Includimi al gazebo
Delle fontane ch’io possa il bagno lontanante!
23.
Già in fretta l’acume di dio
Asfalta strade per correre
Il tempo di azionare l’altalena.
Raduni di cipressi pasti di ostie
Così per sentire l’altare
La sinfonia sterile del dubbio.
Indarno la letizia della sponda buona
Nomina iddio in nome vicino
Per le creature che mordono la strada
Per giungere chissà dove si trova il sì
Benvenuto di venere la balia a vita.
Chiude nel sale il bosco morente
Quel giubilo di addio che fu la cerva
Sparata dall’assassino ridanciano.
Nell’unghia del giorno sanguino
Brevetto di me che sono agonica
24.
I licheni sono arrivati nel mio ospizio
Prendono tutto e se la ridono
Come parassiti dal colletto inamidato.
Qui corre la mazza nera del mio assassino
Le leggi senza oasi del dubbio pieno
E la multa sorellastra d’incontrare
Almeno la punizione dei vivi.
E’ d’estate la bara delle fioriture
Questo dispaccio nudo come infante
Di me muore l’oceano del cuore
Nella vendetta nera senza stirpe.
La strada si bruciò lontanante
Dove sferza il gerundio del suolo
Carico di salme. Tu eri mesto più del capodanno
Un essere sconnesso tra forti ginestre
Dove è stolto il giorno nomea di sé.
25.
Mio mal tempo il groviglio d’astio
Dove interviene il monito dell’angolo
Figlio particolare della piazza.
In stato d’estasi staziona il fango
La fotografia sgradevole che volge l’abaco
In fondo alla strada dove ti conobbi
Novella giovane d’amore.
Avvenga il treno di poter partire
Dietro le nuvole afose dello sguardo
Imperi di pozzanghere le attese
Venute dall’estero con finimondo.
Quaderni al mese nudo il tuo ricordo
Dove si fa forte l’anima del sale
Le parentele ossute delle nebbie.
Io ti escludo e sussurro poco
Al rospo che troneggia la disfatta
O l’enigma fannullone di non dirsi.
26.
Come di boia è già farcito il giorno
27.
Piange occaso tetra l’amarezza
Vago panico resistere
Questa guida che mi fa gelare
Sotto le stimmate del male.
Il sonno di un miscredente
Quando l’autunno sale
In me la storia si chiama polvere.
In me soggiace l’anima gemella
La bella donna che non arrivò
Alla gentile aureola del sacro
Come l’enigma di una madre atona
Sorda alle comete che si ripetono.
Poi la sorpresa di angeli e misteri
Dove il cuore vigila spavento
Per arrestare il giorno di nomignolo.
28.
L’aria estiva che promette ghiaccio
È un eremo pagliaccio di colma pena
Per arrivare al cratere più pazzo
E orinare tutta la paura
Di chiedere finalmente il malloppo
Del bel vecchio alunno che fui
Senza dio il comico del sale.
Qui malvagia la scaturigine d’alba
Bara fiori che portano cenere
Laddove s’erge il chissà del buio
O l’io canuto di toccare il giorno.
Gli angeli sono felpe che aiutano i bambini
A giocare senza fango con gridi di rondinini
E pascolo con tutti i randagi
Genuflessi al coma. E’ l’aria estiva che si tramuta
Nei falchi mansueti alti elevati.
29.
Esegui di me i turbinii del sangue
Le malefatte ignote del petto
Dove canta la malia del non ritorno.
Sto come gatto sfinito sul bordo della poltrona
Ma nulla fa casa questo sconquasso
Veritiero al nulla. Salva di me il fato
Della culla, mistero d’anima annerita
Dove è comodo morire finalmente
Alla luce assassina del neon. Permettimi un divieto
Stare di sasso più oltre bello
Dentro la malia di un credo. Da sùbito copia e incolla
È sfinito al polso della lotta ballerina
Dove s’insinuano i cuccioli credendo amore
Questo ristagno futile del verso.
30.
Disperati occasi la mano che scrive
Le terre più difficili da spalare
Per far nascere un giardino immune
Con la lettera sacra della felicità.
In meno di un eremo ha corso il mio petto
tardivo fante senza cavallo
divo nonostante l’elemosina.
In mano ad un corsaro vado all’estero
E tempero la rotta con un soffio
Perpetuo sulla terra nonostante morte.
Fonie di zero non poter soccorrere
L’angelo tetro che piange per sempre
Il breviario inutile di dire.
In mano alla girandola del vento
Chiedo la norma del gerundio
Così per resistenza. Ma appello anemico il materno
Tralascia dio per un messaggio gelido
Più della nomea del panico piangente.
31.
La lotta dell’alba mi farà morire i seni
Gerundio di supplizio in attesa al mondo
Chiedere pace senza rubare niente
Né le virgole del tempo trascorso
O il punto di fine pargolo discorso.
Per donna olimpionica ti addestro
Panico satollo senza ingiuria
Al giorno d’oggi c’è un Ercole al peccato
Io consumo il coma in viva voce
E sbanco col coro delle frottole di
Guardare dio il Gesù prediletto.
32.
ho visto Maria spazzare le scale
con la clientela degli angeli alle spalle
il giorno dopo più bella che mai
mi guardò le scarpe per decidere
se fossi degna di stare con lei.
le pozzanghere del dubbio la resero
attrice con il fango possibile
cane bastonato nel buio.
mi ricordo le stelle che piangono in coro
come un cipresso senza mortali esequie
né quesiti da porre le elemosine.
un male di luna inventa bambini
per il ricatto della terra cattiva
messi al mondo questi disperati.
33.
E’ già guasto l’atrio del paradiso
L’enorme enfasi di credersi vivi
Da sotto il letto la bara in attesa.
Asma e tonsura non prosperano la fede
Qui di malasorte l’eredità posticcia
Senza la casa in darsena di madre.
Svicola la fame per rendersi accorta
Come la ronda infame occaso estremo
Quale peccato carico di stirpe.
34.
Le fosche stelle dei tuoi occhi
Chetano l’abbiccì di capire.
Oggi morirò la forca in petto
Il cadavere vorrà ancora vivere
Ma nel verdetto l’avere è solo cenere.
Dimmi perché continui a non amarmi
Nel cielo secco pallido di sangue.
La povertà ha stretto la mia vita
In un altare di cuccioli morenti
E pare che domani sarà di peggio.
La rondine del pane mi picchietta il cuore
Ma pare che il dispetto della veglia
Faccia di me un apice mortale.
35.
Nel lutto che combacia con il fatuo
So la lena del vicolo chiuso
Il sorso apolide di perdere canzone
Pozzo avvelenato il mio sembiante.
So che piangere è un’alluvione d’ostie
Trofeo di gergo credere in dio
Linciare la rotta per morire.
Sgorbio di me stare sul mercato
In attesa della morte. Incauto fanciullo
Non fui domestico. Addio cometa la regina
Del fato. Cartella clinica la lirica.
Sotto lo strazio alunno di morire
Sto l’intrusa. In culla sotto il tic buio
Sfoggio catene di conoscenza le celle
Piene di cadaveri. Indizio matematico
Morire. Fratello della cenere il mio occaso
Sorpreso sull’agguato. Nessuna ninnananna.
36.
Amami sul far della fronte dolce occaso:
luna infante voglio morire
all’amo delle querce che resistono
stordimenti di venti restar verdi.
La voce musicale di mio padre
raccontava favole parimenti un saggio
o ginocchia di atleta il ritmo
manifesto libertario la notte.
Oggi sono sola (al mondo) e le urla
declassano le ore a spaventi
tipici di sassi porosi e nulli.
Nel lascito di fanghiglia il tuo amore
morente scia di chi non fu nessuno
che sussurro di resine le singole età.
Malinconia del dado tratto.
37.
Il mio disagio nell’Ercole dei morti
somiglia ad un disturbo di persiane
e colombe quasi uccise da ogni freddo.
38.
Indagine di culla e fui dispersa
Salina della notte che vidi sempre
Bracconiere il palpito del cuore.
E me ne andai rondine bianca
Canestro per il lutto che conobbi
Strazio maligno la botola del nome.
Straniera sotto il palo della luce
Nell’alberata via che porta al crematorio
Per torto dell’io nato comunque.
Dispersa sotto il coma di chi muore
Sono davvero sazia dell’età
Avverata nella pecca che gocciola sangue.
39.
Di un cane solitario ho l’asma vieta
Il sodalizio di attraversare la strada
La donna anziana che mi vuole bene.
So l’azzannata dalla voglia di morire
Acidula sostanza senza valore
Dubbio reo la preghiera insonne.
E piango con l’osanna di crepare
Questo parere che è un indice qualsiasi
Sicario sull’occaso caso fetale.
Cimasa delle foglie partigiane
Sto a marsupio per piangere di meno
Missione sulla ressa del Gran pianto.
Andai in Russia ventenne
Sacrosanta vendemmia i pozzi sui versi.
40.
Gerundio malandato avermi accanto
Dentro un corpo di rupe e di pozzanghere
Ora che patrio mi aspetta il polo ultimo.
Pietose marette i giri a piedi
Dove il circo se la ride alquanto
Quando passo lacrima fasulla.
Nel tetro indugio di pregare l’anima
Grido la fossa che mi tira tutta
Con il dominio acido cadavere.
41.
Soccorso di trampoli guardarti
Il gergo genuflesso alle preghiere
Reati di bestemmie e suppliche che chetano.
La passeggiata marina ha pacati simboli
Boria di alunno non capire niente
Tutto fallito giacché. Ma noi giochiamo
All’inchino del ponte santo
Più del bastone che mi sorregge.
Parecchie animule gridano soccorso
Dal dado tratto della nomea vincente.
Ossigeno ultimo torto accanto al letto
E la dieta fredda perché morente.
Di notte mio padre urlava
Valenze morte perché condannato
A starsene lucchetto stretto senza più vita
Ma pezze di raccolta per le ceneri.
42.
Per sempre debbo piangere il ciclo vuoto
Passeri uccisi dalla pressa dell’uomo
Uccidere la ronda che dimentica
La strada chiusa di un passato vuoto
Dove connettere la lirica del dado tratto.
In fondo ho un silenzio che strapazza i vivi
Queste corolle fragili di arcobaleno
Dove si guasta la lanterna magica
E lo zero riempie la gazzarra
Del panico assassino.
Le maree inzuppano i polpacci
Senza i ragazzacci del treno morto
Colpa l’abbandono della zanna franta.
Tu chiedimi domani un apice di stirpe
Per la seconda genesi fiorita.
43.
Se passa l’aquilone s’intasa la memoria
L’aria triste di volersi bene
Nonostante l’intarsio sulla gola
Elemosina convinta l’ogni giorno.
In panne questa storia il senza che sono io
Sto nella lirica del passero morente
Ecatombe la zattera spaccata.
Verace strazio compiere olimpiade il sorriso
Abbuffata di stracci l’arrendersi
Dove calunnia il vento e la bufera.
La biblioteca in e-book non dà conforto
Alla miseria univoca del vortice
Dove calunnia l’essere e la veglia.
44.
Mare di cinta starti a guardare
Cuore equoreo amaro oltre fiele
E la morte per tonfo ti giacque ragazzo.
In tempo se volessi morire in tempo
Il terrazzo fiorito può l’incantesimo
Di terminare la vita fatta rondine.
Il fatuo inganno di avere fratelli
Sistema la camera ardente
Dove nessuno renderà omaggio.
La tavolozza pittorica della mia casa
Fu il surrogato di tutti i casi persi
Ingrata melodia della luna piena.
Faretto sotto casa passare l’età
Quando tutti i giovani corrono a fare
Meraviglie di cose con gli amicali fati.
Sorpresa non avrò di contemplare dio.
45.
l'orizzonte in gola
ha lavorato per scarnificare
l'occaso e la risposta cardine
di lavorare con la vestale
penosa quanto un angelo marcito.
il sito di trovarti è stato vano
nomea della ricerca colma a fiaccare
chiunque sia a nome di farfalla.
46.
Balbuzie di dio averti accanto
Pastore senza tragiche bugie
tragiche
Nei limiti del reato di sorridere
Giacché il mito si spacca urgente.
Maretta di elemosina guardarti
Intingolo di festa tavola imbandita
Brano di fato dal cuore enciclopedico.
Intravisto nel cielo concesso: quota bassa
Ho la viltà di renderti bambino
Addendo sofferente quanto un cucciolo
Bacato nonostante la tetta madre.
Animula scortese il secolo svanito
Dove si ammaina il segreto delle foglie
E tutto muta in ombre sotto chiave.
47.
Atto di soccorso costruir la tana
Per quell’ennesimo sorso di veleno
Dove avviene l’etimo del sangue
E le guerre anguste del dolore.
In tutta l’ombra di guardar per terra
Incontro un braciere per morire
Sotto l’occaso timbrico del volto.
Partigiano del bricco bere un po’ di vino
Per finalmente uscire dal ristagno
Rapace quanto un astio perfino domenicale.
Quaggiù dove terminano le vite
Non c’è nessuno che mi voglia abbracciare
Per sistemare nel lutto la mia specie.
Impegno sulla ruggine restare
Silente girasole fisso per sempre.
48.
Avevo un maglione scorticato per amore
Nei vent’anni che ti conobbi Ammore
49.
Cometa ossuta l’aureola morente
Quando si addobba la camera ardente
E l’intimo fanciullo girovaga perdente.
Vile di me il sudario che mi spetta
Il pane tronfio che colloca la vita
Il silenzio accanto all’inguine del feto.
Immemore marciume questo mio zaino
Dove saliva l’edera cortese
E la madonna in era di vertigine.
Marina sillabata sono una donna
Graziata con il panico del giorno
Nell’ abituro d’insito verdetto.
Ti trovai con il compleanno a far di straccio
Visita in cucina per una mollica
Lirica riscossa la fame almeno.
Non taccio più io sono disperata
Famiglia unica il mio cipresso antico
Da dove avvengo imperioso pianto.
Dammi una mano per discorrere cadavere!
50.
autore di vendette anche il filo d’erba
il cannocchiale critico del coma
dove si addensa la darsena morente
e nel frastuono villeggia la lirica
nonostante. di te persi la figura precoce
l’arsenico belletto di chiamartil’arsenico belletto di chiamarti
bell’amore fantino a mia tracolla.
dio salino l’abaco del coma
ora che attendo il corso di andarmene
patrizia al fango quale una domenica.
51.
Ceneri senza pace questo verdetto
Dettato dalla nenia delle risse,
gerundio di pazienza aspettare
dio o l’io felice indietro a far di feto.
Radici fucilate da vertigini
L’intingolo balordo della festa
Pendula gola senza più la voce.
Guerra in gola lo sfinimento
L’isola dei giusti è acrobazia
Balbuzie senza aria la tanica del fuoco.
Posami nel pane un alfabeto
Desio sanato apolide del desco
Dove tutti insieme per me è la briciola.
52.
Le luci che balenano la gioia
Connettono con noi solo la melma
Magari una chioma che non portavi ieri
Così per fingere di non essere caduta.
Fantastico malessere il messaggio d’anima
E la maretta delle lucciole che piangono
La madre strana sui gomiti del sonno.
Mansione di salario questo stordire
La fiacca più canuta della stanza
Dove gironzola la zolla colma di ceneri.
Immane nella note sta lo sforzo
Di rendere giustizia alla fumosa
Rondine partigiana. Comune intreccio
Perdere la strenna. Ormai non sono ospite
Né paggio pericoloso. Rendimi gli echi almeno soltanto
Del soldato alla trincea con il bruciato
Stato. Adesso dico basta alla stazione
E il binario si contorce cielo di brace.
53.
Ore di decubito starti a guardare
Solo di ieri il dubbio di vivere
Regale sotto il timbro del randagio.
Gioventù del sale l’amalgama maestra
Quale una guardia con le mani lesse
L’elemosina guardinga di restare
Moria del vento il boccio nascente.
Quale servigio di sprecare i giorni
Questa chimera che non avvera raggi
Ma mette le inferriate alle ginestre
Steli eretti del desertico far niente.
Dizionario di linguistica la voce dell’angelo
Quasi un alone di valenza zero
Il ricordo di te che mi sfigura
Guerra di coma vigilanza il buio.
In meno di un cratere vidi la furia
Fuga veloce le ceneri del prisma.
Adesso ti accontento con un sospiro
Socialista di noi senza speranza.
54.
Traguardo pollinico la gioia
In chiodo alla marea moribonda
Alla domanda di essere liberta
Sul finalmente azzimo dolore.
Qui in casa non si rammenda niente
Né il fantasma smania per la vita
Visto che chissà dove sta sta proprio bene.
Il piacere del discolo è scomparso
Dietro le sillabe nere della poesia
Sosia che finge di essere origine.
Sul davanzale la fuliggine dell’odio
Dove avanza l’estro dei morti
E finalmente vacuo il girotondo
Vacuo. Moria della fidanza tollerare
Dio. Qui di addobbo l’estro di morire
Gioconda finalmente la bestemmia
Trito il fato che si confonde miope.
Gerla la bella darsena del petto
Si arrota eclisse rotta, perpetua.
55.
Quando si annacqua il calice votivo
Il trillo delle rondini stride
Con le creature in gabbia.
Ma se il silenzio si crepa
Allora la danza si frantuma
In tutti gli esiti cattivi.
Esilio d’invettiva la luce
Questa vanità con nido marcito
La brillantina del funzionario statale
Invitta la rondine di non guardare.
Tu dàlla a me la tua meraviglia
Le tue voglie di ridere oltre le tagliole
E le figliole al ballo dei 18!
Mondo frivolo ti amo come il pane
Azzimo. Il palco lirico lo tolgo
Dal fato goloso della fortuna
Azzurra con la logica del sangue
Quale enigma per sempre sapido
Dissapore stolto di spore per comunque nascere.
56.
Al traliccio chiedo centesimi
Miti scalcinati triti alla vendemmia
Dell’utero nero di una condannata a morte.
Fa paura il centesimo in tasca
Vasca spuria senza pesci
Con cicli da bambola russa.
Sempre più piccolo il diniego
La nuca casta cantina di pianto
Dove la fuga gareggia con lo scontro
Del cipresso spezzato.
Alla lunga la girandola salita
Dimezza i nidi curva le rose
Delittuose le donne di beltà.
In culla a te morirò con senso
Versatili le bighe dei diavoli
Voraci quanto chiavi universali.
Ma l’agonia aperta non godrà
Pur anche in fiore la veranda madre.
57.
Nozze di saio correrti incontro
Col visibilio saturo delle rondini
Con il consiglio in bilico di dio.
In pace con la ronda dei pipistrelli
Arrivano le giacche di chi muore
Martirio dentro di sé senza riuscita.
Scivola lento l’abaco di amarti
Dove intatte le volte delle bare
Cercano le tenebre da portare in basso.
Così s’inventa l’etica del sale
Lo scompiglio senza petali di tanta morte.
Messaggio senza giara di sorpresa
Qui assale l’etica del cappio
Tutto divino il pio del rondinino.
Qualora morirò senza fantasmi
Butta via i fiori sarò felice
Finalmente scienza di me stessa.
58.
Viltà di paraggi volerti arrivare
Congiunta finalmente oltre deriva
Amante della mente dentro il coraggio
Ti uccide la vedova nera con la corazza in coda.
Tu vai avanti io arranco
Dove è tetro il rimorso del morso
E la sirena finge belle gambe.
Intrisa nei dispetti dell’origine
Giracchio per gli spettri che mi nominano
Mina inesplosa tradita da ogni sposa
Per una bomba fossile di chiodi.
Addio ti faccia amica la caligine
E fossile sia ramengo per non incontrarti
Tràdito già tradito da ogni fossa.
Clamore al feto l’origine dello sguardo
Quando saliente il lievito del pane
Rende felici le fruste della lirica.
59.
Alunno di collaudo novantenne
Tenerti in braccio quando ero viva.
Ora l’approccio con la finestra straluna
Questa incombenza di ultimi anni.
Autore in fiore appena nato morto
Sento piangere le tempie un acquazzone.
Attrice di scommesse la tua cattiveria
Preghiera indigena la sabbia
E paludosa origine il ricordo
Al dondolio affabile dell’altalena.
Dammi da oggi un’amarezza in meno
Dove consola il saio di far monaco
Il cortocircuito dell’altare.
Mattini di meringhe i sorrisi infanti
Le favole alle tegole bambine
Quando finora impazza odio il diavolo.
60.
Dormire per sempre è un salva enigma
Una stazione di vespe senza pungersi
Dacché impossibile il crollo delle rondini
E piange sulle radici l’albereta distrutta.
Comunque me ne andrò senza una lacrima
Priva all’ospizio che conobbi bimba
L’aureola che piange senza il suo sole.
Fuori piove una primavera tagliente
Una girandola che accoglie chi muore
Siamesi le spade delle ruggini.
Gerundio sulle costole di Cristo
Va la vendemmia delle sabbie sterili
Il crollo dell’amore appena fatuo.
Di me ricorderai il mio tracollo
L’erba scema di coprire le tombe
Dove si arresta il torto di non amare.
Salva con nome è uno stigma vuoto
Guardia del corpo per scommettere dio
O agrume senza l’agro di sorriderti.
Sferza con me la litania e il fato…
61.
Palude immobile la marina ormai
Amoreggia col faro l’ultimo gioco
Quando alle sabbie vengono i bambini
E gli stili si sfanno chiusi alla deriva.
Invano qui sarò il mio costrutto
L’alba livida di chi muore spesso
Sotto le sindoni delle impronte.
Di te mi sarà occaso il sogno
Il sillabario nudo del docile faro
E la staffetta irenica delle gazzelle sante.
Amor sinistro duole la zattera
Questo straziante fato di morire
In altalena all’ombra o al buio fitto.
Zaino pasquale guardarti il viso
In nome di servigio avere zattera
Rifugio come vezzo di rincorrersi.
62.
Penuria di cortile reggere fanciullezza
Mancanza trita senza farfalle
Gerundio catastrofico la fune di tenerti
Fagotto sottocosto
In braccio alla cicala che non muore
Né latita nel silenzio del fuso netto.
In preda alla scimmia di guardarmi
Dedico a te il mio destino
Falciato dalla fatica patria di non farcela.
Nel letto col cavillo della flebo
Riarmo le origini di terre carsiche
Le felci nude che tengono il vento.
Tu chiama le fosse poverette
Entità di un aquilone da cui morire
Le fogge senza tane appese al senza il senso.
63.
Infarto e vascello cercarti sempre
alunno di me fanciullo primo
genuflessi che nome che ci portiamo
appresso. Fa di me il nome della bava
della lumaca paca di casa
e la faccenda monta per un incendio
tragico di cene senza a dio piacendo.
Sa la teca un ordine cicala
che non mantiene i patti.
Nuda più del panico la torcia
di sopravvivere.
Di chissà quale intimo morto
Assalga il vento, il muschio stantio
Resina allo schianto dell’ultimo passo.
64.
Veranda di alambicco la convalescenza
Lettura strenua di comunque crepare
Paradigma di niente, strada sconnessa.
Le sassate contro i salici piangenti
Erudiscono il calice del diavolo
Questa sequela di ordine vanesio.
Da domani l’abc del trono
Per connettere a vanvera il divino
L’astio nudo di dover patire
La genesi odierna àncora strenua.
In vetta sul silenzio nasca l’acrobata
Di prendermi la nuca di svanire
Finalmente senza calca di miniera.
Da adesso me ne andrò con l’ombra tragica
Con la paura indietro finalmente
Nel mercatino comico dell’ora.
Bramosa estate di bruciare i prati
Da papavero ti uccido io più forte
Bestia con l’alunno sempre nel cuore
Senza imparare regole di lutto.
65.
Ho le finestre lungo la ferrovia
Dormo poco mi arroventa piangere
Il morbo dentro l’occaso di carpire il sale
Fratello solitudine distretto d’epoca
Poca ventura attesa enorme
Dentro la forca di scivolare in fossa.
Amor ti vidi chiamare le lucciole
Per dimenticare agosto che stordente
Mente la luna e le stelle tutte.
Senza famiglia e modica vendetta
Trascuro la mia voglia di chiamare il boia
Qui senza nessuno per la faccenda vuota.
Immagina di me chi sono e fui
Nebbiolina di fata a farti visita
Contro i padroni della firma coatta.
Amavo un ragazzo il batticuore singolo
Lo guardavo ma non vedeva battere
Neanche con le scarpe nuove e velo al viso.
Sono che parto e non torno giammai
Panico di bacio neanche per te
Col balcone fiorito faccio l’amore
Con i profumi a fiumi di miracoli.
66.
Il clima monco della tua bellezza
Ammonta un cataclisma.
Tu vorrai erigere l’inverno
Contro le nuvole bambine della primavera.
Gerundio senza anima resistere
Vuoto di dio l’unico soccorso.
In mano alla cometa di vertigine
Nasca l’estasi prossima al chissà
Penuria di morti l’ora resistente.
Da ieri nutrivo una farfalla epica
Catastrofe d’asma financo la pozzanghera
La ripida perla del pozzo infinito.
Festiva anomalia conoscerti
Da dentro le fosse solitarie
L’oroscopo distrutto dal furto del vero.
L’elemosina rovista le mie tasche
Tanto il sisma vistoso delle nuvole
Il cannibale vuoto della polvere.
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