filodiseta--
sabato 7 febbraio 2009 09:18

S’era un po’ smussata nelle ossa, due nudità perse dove la poesia
ridiscendeva verticale e l’andare a pel d’acqua era silenzio
che divulgava amore. Fu a furia di mettere fascette, di piombare tarocchi
come zanne, che il tempo aveva invaso d’incastonature con discrete
/non concrete, possibilità di sollevare mazzi di matite, tutte, con le punte a lato
/non concrete ché all’uopo urgeva buttar per aria pari al cielo di Berlino
E non più facile sarebbe stato reperire di difetto di un trasloco incombente
Pensò le convenisse con le ricette di cucina
stavano in un cassetto, le aveva tutte tenute in ordine, sua madre

Iddio volle che si staccasse dai temi così come una larva che diventa castello o
la lega dell’oro diventa il latte per la foglia di fico, o l’orticello il cordone antisismico
del saio guardiano. Iddio volle piegarla al glutammato mono sodico della postepay
a Feisbuk, al Tube. Quanto alla polvere era quella solita sui circostanti. Erano i mobili
la vera incontinenza che stringeva tra le cosce e l’asino metteva bianco al tricolore

Il cielo era misto dalla finestra, il divieto di dare sculacciate ai bambini
e sulla strada della nuvola più bianca le solite fronde e un sonetto di Bramante
che ritoccava la rivolta al tempo come accozzaglia di immagini e oggetti inusuali
di rifiuti pari al detto: in cucina no, non si butta niente. È impossibile fare un elenco
delle ricette riguardanti il mal di vivere. Fotomontaggi, assemblaggi provocatori
pezzi di fotografie dal dada al photoshop, vecchi francobolli e graffette arrugginite

Dopo semmai potrei pensare alla vicina di casa, che non costruisce macchine che si
autodistruggono , ma si crede bella solo perché porta sempre la sigaretta in bocca


al_qantar
domenica 8 febbraio 2009 22:41
Quando mi trovo a leggere qualcosa del genere, dopo sei, ette versi non penso più sl testo, ma all'autore. Non sono più in grado di formulare un'analisi o un opinione sul contenuto o sulla forma e non riesco nemmeno a rievocare i miti che l'attraversano. Quello che vedo è l'autore, quest'essere nudo, senza niente addosso, con soltanto una voce che sente dentro, una non voce che è voce da'anima in su o in giù o in tutte le direzioni. Sento le vibrazioni della penna o della tastiera che attraverso un filo sottile è diventata la sua protesi del parlare e del pensare; percepisco il "CAPOLAVORO". Ma il capolavoro non è il testo, non è il pensiero trascritto, il capolavoro sei tu, autore.

Sebastiano
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:45.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com