mi chiamavi Angelo

filodiseta--
giovedì 21 maggio 2009 09:24
(poesia autobiografica)







così del tempo
si lasciano le spoglie
con dentro mesi, anni
ringhiere
mentre guardavi il mare
due accordi e le ginocchia
tracce di pomeriggi
sui letti e una chitarra

di me cantasti l'altro

di te chiamai le scale, la polvere
dal vico
la madre, il padre
telefoni e tramonto, l'Alpi
il livore d'un cucchiaio
ad aspettarti
con le mille lire in mano

Vesuvi clandestini
inganno che fu caro
l’epilogo, la meta

ma ero un'altra
un nome per errore, un angelo
a passare lì per caso
l’assenza che stringevi
dentro il pugno








ViolaCorsaro
giovedì 21 maggio 2009 18:40
Assolutamente stupenda!
Che pennellate vive e vivide ci hai saputo donare, ma quel vuoto che non si riesce a colmare tra i versi si rivela al fondo come il vero centro su cui poggia tutta la poesia.
Visto che ti piace la pittura, sarò banale, ma se dovessi dire un quadro indicherei un Caillebotte o " Il Ponte di Clichy" di Van Gogh dove è proprio sulla leggerezza del vuoto, che con un tratto agile e rarefatto, si poggiano il lungofiume e le fondamenta dei palazzi.
Un altro modo di vedere come la fragilità stia alla base della forza.
E tu sei forte...
Ciao
morgan4
venerdì 22 maggio 2009 15:25
sai Daniela, vedo nella tua poesia tanto dell'enorme abbraccio che solitamente danno i tuoi scritti.

di te chiamai le scale, la polvere
dal vico


o anche

un angelo
a passare lì per caso
l’assenza che stringevi
dentro il pugno


qui è sconvolgente il modo in cui arrivi a far trovare un posticino tra le tue braccia a chiunque ti legga, e non m'interessa cercare di svelare ciò che si trova dietro ai tuoi versi, anche se dopo un po' di letture, una volta assimilata l'emozione il più possibile, la curiosità viene ma viene anche voglia di restare con tutto il bello che c'è, il tuo calore.

ti lascio il mio [SM=g27998] paperotto commentotto


simina

Rebby.
sabato 23 maggio 2009 14:38
così del tempo
si lasciano le spoglie
con dentro mesi, anni
ringhiere
mentre guardavi il mare


di me cantasti l'altro


di te chiamai le scale, la polvere
dal vico
la madre, il padre
telefoni e tramonto,

l’assenza che stringevi
dentro il pugno


Simina ha ragione:
una poesia, per essere stupenda, non ha bisogno
di svelarsi del tutto al lettore.

E tu sei stata stupenda nello scriverla...e quei passaggi che ho riportato sono l'emblema di una bellezza interiore che si riflette
per te
in poesia ( e su tela )

Grazie!

Bacissimi


Reb
Ecat Mel
lunedì 25 maggio 2009 09:03
Anc'hio non vorrei addentrarmi nella poesia, per quel senso di pudore che mi lascia sulla soglia, affacciata ai ricordi, in silenzio.

Ma leggendola, ho provato un acuto senso di nostalgia e dolcezza, una punta di agrodolce... forse perché mi sono rispecchiata, come ad una fonte... Bellissima... [SM=g7831]

anumamundi.
lunedì 25 maggio 2009 22:07



E’ proprio vero, quando un testo è ben fatto arriva in “profondità” e si riesce a distinguerci la vita o almeno una parte di essa.
Addentrarsi in questi versi è facile, basta lasciarsi andare per immaginazione farsi rapire da quelle.

Ma non è solo nostalgia, c’è anche l’amarezza per qualcosa che sembra lontano, inafferrabile, qualcosa del quale si cerca di definire l’indeterminatezza attraverso il richiamo a figure ed ambienti familiari; una sorta di consapevolezza (quasi pentimento) di aver unito sacro e profano.

Davvero raffinata la chiusa nella quale l’amarezza lascia spazio ad una rabbia contenuta che solo in apparenza può somigliare alla rassegnazione.

Mi strapiace quel “ l’assenza che stringevi dentro al pugno ”; quasi una evocazione dell’inutilità di gesti che alfine si rivelano senza senso essendo finalizzati a colmare il perpetuarsi di una assenza.
Questo e tanto altro ancora si legge in questa stupenda poesia di filodiseta, ma il resto voglio anche io lasciarlo all’immaginazione degli altri lettori, così come ha fatto chi mi ha preceduto.




filodiseta--
giovedì 4 giugno 2009 00:59


devo assolutamente dire qualcosa circa questa poesia, anche se sono stata indecisa a farlo, proprio per lasciare spazio alla vostra immaginazione.

comunque, si tratta sì, come dice simina di un abbraccio. cominciò tutto dalla volontà di aiutare una persona ad uscire da una brutta storia di droga e depressione. un caso che avevo preso a cuore a distanza, di un ragazzo di 20 anni di Napoli. un'impresa impossibile, che per diventare possibile comprese anche un grande prezzo da pagare



Ringrazio tutti voi per i commenti e per la delicatezza.
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