mi piacerebbe parlare con Darwin

al_qantar
sabato 18 maggio 2013 14:46


ricordo la sensazione di fresco oziando sotto l’albero
comunque attento ai predatori
quando la mia compagna allattava i due cuccioli
altri amici –non li ho più rivisti- stavano nelle vicinanze…

(tu eri madre innanzitutto con gli occhi socchiusi mentre i piccoli
ti giocavano addosso ed eri bella con tutti quei peli… all'ombra dell’acacia)

poi cominciammo a darci nomi e numeri, a tracciare impronte
ad imbrattare muri a vincere l’acqua e la paura e ci vestimmo
infine con tutte quelle macchinette addomesticate attorno
non allatti più ché ti scenderebbe il seno
ti meravigli della zampa materna di Ottavia sotto il gelso
e mi parli di cose che non capisco a fondo:
-amore mio- mi dici




fabella
lunedì 20 maggio 2013 10:33

qui vorrei capire prima di dirti cosa penso. il tono narrativo, il verso lungo, la costruzione sintattica, ti fanno vertere alla prosa. è quella la tua intenzione?


[SM=g10324]
al_qantar
lunedì 20 maggio 2013 23:50


No Daniela, non c'è quest'intenzione.
Tu sai che mi capita di saltare un attimo fuori dai miei schemi poetici
e questo è uno di quegli attimi. Il testo fa parte del discorso "della stanza vuota" dove il tono è alquanto narrativo cosi come lo è la costruzione sintattica ecc. e, anche se negli altri testi rimango ancora dentro, qui vuole esserci un affacciarsi verso uno spazio smisurato visto da un tempo piccolissimo attraverso una riflessione che parte da quell'intorno che, negli altri testi presento in maniera un pò neorealista, e qui si allarga ad un ricordo ancestrale. La necessità narrativa proviene, strano a dirsi, dall'esigenza di sintesi. Io penso che raccontare in poco più di una decina di versi, la storia che parte dal babbuino e arriva a noi adesso, rappresenti un traguardo importante in questa "condizione". Tra l'altro, devo cercare di mantenermi entro il linguaggio degli altri testi.
E' la solita sperimentazione comunque, la ricerca di un oggetto poetico che si correli col racconto ma che non si allontani da un tipo di linguaggio che verte alla immediatezza assoluta utilizzando la metafora solo laddove non si trova la forza espressiva, soprattutto nella significanza, dell'oggetto correlatore.
Ne trovo un esempio valido nella #6 della stanza vuota:


cipolla e pomodoro spezzano le vene mentre ripassi
sulle impronte di tutte quelle notti eppure inquiete
col tetto stampato dietro le palpebre senza più importanza

anche il rumore (un tempo suono) va pian piano in prescrizione
cade in quella parte logica che chiamiamo istinto
e con nessuna restrizione si dibatte nel soffritto

che c’entra adesso questa variante nel cortile
dove gli ulivi erano corona e contraltare
adesso confine per narrare le distanze

nessuna voce nel vocabolario che indichi altro vuoto
nessun segno che identifichi questa strana assenza
solo gli schizzi dell’olio sulla mano

tra la padella e il cuore


Ecco, credo che inserire oggetti come "soffritto, cipolla ecc." in un corpo poetico possa rappresentare un desiderio di "ricontestualizzazione" di qualcosa che si suppone non poetico.
E noi non siamo nuovi a questi principi.

Sarò stato convincente? Spero di no!
il dibattito arricchirebbe di molto la mia ipotesi di linguaggio e struttura.

Ti voglio bene!


S
fabella
mercoledì 22 maggio 2013 02:11
al_qantar, 20/05/2013 23:50:



Ti voglio bene!


S




E fai bene [SM=g8231] Perché sai quanto io voglio sempre tenere d'occhio l'evolversi della tua espressione. E soprattutto avvisarti quando qualcosa non mi torna. Comunque mi confermi che sei ancora in fase sperimentale. E questo mi porta a fare un passo in dietro, perché il test non mi aveva convinto. Apprezzabilissima l'intenzione di far tendere a zero la distanza tra infinitamente piccolo e infinitamente grande, ma difficilissimo il passo di metterla in poesia. Sono certa che a produrre questa mia impressione sia proprio il constatare questa difficoltà, che porta ad affievolire la poesia stessa. Il fatto è che qui si gioca tutto su un equilibrio strettissimo ed è un attimo uscirne. E mi riferisco a questa tua in particolare. Ma ebbi delle perplessità anche su un'altra leggendo su FB. Non ricordo quale, ma anche lì sentivo un certo diluire. E' tardissimo e forse non riesco nemmeno a spiegarmi, comunque voglio dire che espandere la narrazione o estendere la sintassi e il verso, implicano una tenuta di linguaggio ancor più salda, per arrivare alla fine senza cedimenti.


[SM=g2843114] ... e questo è solo il mio parere, spassionato, come sempre


[SM=g2829702]
al_qantar
giovedì 23 maggio 2013 00:04
Re:
fabella, 22/05/2013 02:11:


Il fatto è che qui si gioca tutto su un equilibrio strettissimo ed è un attimo uscirne.
comunque voglio dire che espandere la narrazione o estendere la sintassi e il verso, implicano una tenuta di linguaggio ancor più salda, per arrivare alla fine senza cedimenti.




Tesoro, la mia sfida è proprio quella, riuscire a mantenere entro uno spazio molto limitato il racconto e la poesia senza cadere nel troppo discorsivo, cercando di lasciare la traccia poetica nel racconto articolandolo il meno possibile con la sintesi. Potrei scrivere prosa lirica sfruttando la denominazione di "percorso intermedio", ma la mia ricerca non verte alla mediazione di stili o compromessi sintattici bensì verso la libera e spontanea narrazione filtrata da una poetica, diciamo, meno metaforica.
Sono certo che troverò quegli atteggiamenti lirici che mi servono, ma sono anche convinto che tornerò alla mia struttura poetica con qualcosa in più che mi permetterà di distribuire in maniera più efficace più oggetti in minore spazio. Almeno lo spero.

Ti stringo!


S




al_qantar
giovedì 23 maggio 2013 00:14

Ecco, qui, per esempio mi sembra di aver creato, un pochetto, una base sufficientemente solida per quell'ipotesi di scrittura.

# 7 della stanza vuota


secondo il rituale dovrei bruciare queste ali degradate
dalle incurie e dai pregiudizi e costruirmene di nuove
ma chissà se mi allontanerebbero troppo da questo silenzio che amo
perché pieno di sostanze che trattengono il franare di questa casa

persino la ciotola dei croccantini ha corde robuste
e basterebbero i vinili del signor Cohen per incollarmi a una poltrona
-ricordi, a occhi chiusi, come ci guardavamo, sicuri?-

c’era la somma dei meno sulla scrivania
ma non superavano un solo più di un giorno qualsiasi
e metterei sul fuoco la crostata se avessi ancora mani
per decidere che farmene di me


Ovviamente non credo che sia un risultato ottimale, ma la strada mi pare quella. Che ne dici?
Ti ricordi de "La signorina Ortensia" del nostro caro amico?
Certamente sono molto distante da quella grandezza, ma l'ambiente poetico sembrerebbe simile e vicino.


ti ristringo!


S



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