Con l'acero ho un rapporto di odio-amore. Ormai quelli a foglia verde infestano i miei posti di collina e si avvicinano alla casa, rischiando di soffocarla. Per non parlare delle foglie e dei semi che cadono nelle grondaie. Così gni anno si è costretti a togliere le piantine basse appena nate e si provvede a tagliarne qualcuna più matura per la legna.
Al di là del disagio che arreca all'ambiente, togliendo luce ad altre piante e parte della visuale sul paesaggio, io continuo a considerare l'acero un oggetto interessante di poesia. I suoi semi, le samare, conservano il ricordo dei giochi dei bambini e le foglie a forma di palmo allargato è come se simboleggiassero l'accoglienza.
Ho dedicato anch'io dei versi a un acero che sfiora la finestra della mia cucina (anche qui in pianura)... in una poesia cho ho pubblicato in questa stessa pagina:
[...]
aggiungeresti urla alle persiane che già
hanno fessure troppo larghe
sempre più dolore entra, la smorfia quasi
rivolta al muro e un tremare di labbra sul bicchiere
allora provo a tratteggiare un pezzo di cuore e dalla finestra
lascio entrare il ramo d’acero dove le potature
non saranno semi femminili, o semi di madre [...]
(della serie: scrivere a ruota libera nella notte)
"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)