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SEBASTIANO A. PATANE' - QUATTRO POESIE INEDITE

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    fabella
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    00 03/05/2012 17:57


    Non so nulla dei viaggi di Sebastiano per il mondo. Tuttavia non credo sia casuale che, aperto il sipario, subito si incontri "O meu Fado", "il mio Fado", che è il canto malinconico dell'anima lusitana, o se vogliamo tradurre così, "Il mio destino", che è "desìo" intriso di nostalgie per avvenimenti trascorsi o futuri... Che è sogno, "il mio... sogno", dice il poeta... E il reale? Quella realitas così vuota di senso che ha tuttavia mille nomi ad evocarla... E' "o Fado", "o sonho" a revocarla, a farne chiaro l'inutile clamore, a vincerla e a donarsi incontrastato, a lenire la celata malinconia del poeta. Del resto, quest'ultimo non si limita certo ad enumerare le maschere del nulla, ma anzi col suo ironico amaro lieve tocco, quelle maschere lacera, a mostrare i bisogni dello spirito, che si fanno concreti nella domanda: "a questo corpo, cosa rispondiamo?". O nella consapevolezza di una speranza che vive nonostante, espressa nei due lunghi versi a chiosa di "Il Patriarca di Helsinki". Perché il poeta non può creare un ottimismo su commissione, ma cercare ancora il vero volto del reale. E se, rivelandosi al lettore, dice: "c'è una finestra satura di niente // dietro di me", allora, per parafrasare Dylan Thomas, egli non fa altro che esercitare il suo mestiere o arte, anche fino a morirne ("Piangi Maria sul pioppo: / uccisero me..."). E proprio là dove il senso dell'assurdo è più spaventoso "Macerie di carne diventano / incomprensibile business"... Concludo qui, ammettendo che - a una prima occhiata - avevo pensato a T. S. Eliot, per il quale la Poesia serve a nascondere, ma leggendo con attenzione i versi di Sebastiano A. Patanè, mi sono ritrovato come quel filosofo a cui le Categorie si sono completamente e proditoriamente capovolte. Questo per me è un motivo serio e profondo per dire grazie a Sebastiano e per auspicare che l'onore concessomi si possa almeno ripetere.

    Antonino Caponnetto



    O meu Fado


    Dichiara la sconfitta
    questo sistema di cuori
    dal pulsare strano

    Invento anacronismi
    per via del saldatore...
    suturare, chiudere!

    Ma ecco o Fado
    s’arriccia tra le fibre
    taglia le linee del sale
    righe separatrici delle attese
    e cestinate longitudini

    Ah meu Fado, meu sonho!

    Fado curvo, dilatato
    mille volte richiamato
    nel calcolo probabile
    delle geometrie ebraiche
    di cerchi e corridoi

    Fado contratto in una danza
    esteso al decimale
    o terso lago di Ofelia
    grido ovattato di convinto
    riposo

    meu Fado, meu sonho
    o meu... sonho


    Percepito in grani nel Rosario
    confuso di falangi
    e di frange di neri scialli mi vesto
    Fado meu ricamando di perline
    il nuovo cielo non ancora buio

    Fado essiccato nei roghi
    di tutte le Giovanna
    e ritrovato nei ritratti seppia e graffi
    o nella processione al martire

    Ritorni di eco zoppicanti
    presi in prestito al giallo delle foglie
    rese alla terra prima di morire

    e nell’incognita del dopo
    l’arrogante scena di coraggio
    di chi non sa rispondere piangendo

    Fado meu… sonho meu





    Il patriarca di Helsinki (che mi parlò senza voce)


    Si estende dalle mani al cuore
    l'ordine cosmico essenziale,
    dal numero al fango alla gemma...
    parola e pianto e sorriso
    ciascuna ruga rifugio d'un pensiero

    Può essere l’altare che ci inganna
    o i sontuosi ori delle volte sopra gli occhi
    ma chiusa la porta esplode l’anima-radura
    convivio di anime che attendono risposte
    appese alle grate apostoliche e molto romane

    Ah padre mio!
    come può un'assenza essere piena
    di vesti e copricapi e nulla è presente
    se nulla rimane persino a concezione
    se non la vaga risonanza di una voce
    disciolta nel brusio di giorni senza quell'ordine?

    E a questo mio corpo di pane
    così simile alla morte, così scioccamente effimero
    così stupidamente refrattario,
    che avrebbe potuto espandersi anche tra le meraviglie
    di un centro commerciale...
    (oh si! avrebbe potuto ma ha preferito marcire
    tra un portacipria ed una pistola)
    a questo corpo, cosa rispondiamo?



    Il cavaliere crociato (Stupor mundi)


    Occhi nel vento
    corazza arrugginita
    non c'è menzogna
    che mi riporti a casa

    (L'uomoceronte vecchio di secoli
    è appeso all'albero
    presso le mura di Gerusalemme
    sotto l'immane peso della miseria)

    Non c'è paura
    che mi riporti indietro
    nei gusci clericali
    o sotto gli stendardi uterini

    e l'inquisitore revoca distanze
    scandendo oscene verità
    Che sarà mai la croce
    se non il vessillo giustificatore

    di tanta morte. Vergogna,
    crudele sazietà, elusa pietà,
    mantide laica modificata,
    inutile dogma rinascimentale.

    Troverò
    dal bosco al traliccio
    un prete cambogiano
    che mi darà da bere

    L'arco del cielo è chiuso da tempo. Già sapevo della menzogna ma ho voluto sperare una volta
    ancora che dall'abisso dell'anima venisse fuori la tolleranza e dall'immenso esterno, l'intelligenza.



    Giraluna


    c'è questa finestra satura di paesaggi

    e di lune non più lune
    di saccheggi pletorici
    nell’incesto uomo-poeta

    La libertà, sì!
    quella delle mosche
    che riescono a sfuggire
    al martirio della fionda
    ma niente plenilunio
    per chi cerca ancora
    le anfore nel giardino

    Devo seguire una tiroide
    o i flussi a vita bassa?

    Devo seguire l'architrave gotica
    e giù per gli artesiani ingurgiti
    di occhi nella scollatura...

    c'è una finestra satura di niente

    dietro me



    Gaza

    Sciogli i capelli Maddalena
    sugli orologi esausti del martirio,
    puntella bene il tuo grande cielo
    e piangi sulla tua carne incandescente
    la dura reliquia che mi trafisse.

    Gaza è verme senza pietra,
    colata di rame vecchio senza luce,
    una fila di padri secchi senza semi
    con i rami rivolti a un dio confuso,
    stordito dai cannoni.

    Piangi Maria sul pioppo:
    uccisero me, che pietà può esserci
    nelle correnti semite!
    Macerie di carne diventano
    incomprensibile business




    già qui
    [Modificato da al_qantar 15/05/2012 10:09]



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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    fabella
    Post: 246
    00 03/05/2012 18:06
    Questa pubblicazione che risale a pochi giorni fa è sicuramente da considerarsi punto d'orgoglio per te, come autore, ma anche per questo Forum che ha ospitato le anteprime dei testi presenti (tranne "Il cavaliere crociato", che non ho trovato.

    Non stavo solo nella pelle per far partecipe il forum di questa bellissima cosa. Ma torno con calma a dire qualcosa in più.




    Intanto complimenti a Sebastiano e abbraccioni belli [SM=g2829700]



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)