15/11/2012 08:58
Finalmente un momento di pace per rileggere questo tuo bel racconto. Mi è importante dare un’età al tuo protagonista, che visto il contesto definirei anziano. Solo perché, soprattutto di questi tempi, il suo atteggiamento anche comprensibile di tedio, si trasforma in attesa della “fine”, in persone di qualsiasi età. Forse il dramma che colpisce maggiormente certi giovani che non vedono davanti a loro delle aspettative. Per tutte le ragioni che sappiamo. Ma non sono brava a parlare di queste cose. Era tutto per arrivare a dire che prima o poi, in questi casi, una sferzata di energia arriva. Quella importante, quella alla quale non si può dire di no. Torna la curiosità vera, la passione vera, la consapevolezza che il tempo non va sprecato concentrandosi solo sulla morte (non solo fisica, s’intende). Sembrerebbe parlare di una fascia di persone che vivono un disagio, che si trovano in situazioni di grande impotenza , a causa di problemi di tipo sociale, più che esistenziale.

In fondo può succedere a tutti, anche in un cerchio più stretto, per questo più concentrato, nella monotonia che cadenza le azioni quotidiane, che ben descrivi nel racconto. Può succedere che la sveglia debba suonare alle sette, ma ci si svegli alle quattro e si pensi: -inutile addormentarmi ancora, intanto tra poco mi devo risvegliare-. Come dire, inutile che cerchi di uscire dalla monotonia della mia vita, intanto devo morire. Bellissima a riguardo la tua immagine che per me riproduce questo stato d’animo: “il fatto di riempire con il suo corpo la sagoma nel materasso che gli calzava come un abito cucito su misura”

Per fortuna la nostra natura ci ha pensato meglio di noi. Ci mette in serbo delle reazioni a certi stati di apatia che neppure potremmo immaginare. E quando la sferzata arriva ci si accorge davvero che non è mai tardi. E tutto si capovolge. Il tempo riprende il suo valore, e non importa quello che si fa, anche una cosa piccolissima, basta che offra riserve per stupirci ancora della nostra energia, delle attitudini, del nostro saper provare curiosità e passione. Una sorta di riabilitazione alla vita, alla fiducia in sé (come si dice).

Queste le riflessioni alla lettura del tuo racconto.

Inoltre vorrei dire che sei stata brava a raccogliere in descrizioni brevissime tutto un mondo di isolamento, che non è egoismo o indifferenza, ma la convinzione che quelli che ci stanno vicini non hanno più bisogno di noi. Lo dici bene quando lui raccoglie la fotografia e si cura più dell’ordine che di vedere lo stato della foto, che di certo conterrà l’immagine di qualche persona cara. Questo per esempio, come può essere quello del materasso, ma la concentrazione di un significato profondo è contenuta in ogni piccola parte apparentemente solo descrittiva.

mmmm… Mi sarò espressa un po’ così, ma nelle mie repliche e nei miei commenti, amo scrivere servendomi di quello che è normalmente il mio linguaggio parlato. Così, per essere più vicina e lasciarmi di più avvicinare.


Grazie Daniela, conto e attendo di rileggerti molto presto


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