Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

Bianca la illusionista

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    ggiacinto
    Post: 106
    16/01/2013 13:48
    Ecco una breve anteprima del mio romanzo, scritto nel corso di questi ultimi anni, e da ultimare.

    Bianca si destruttura l'anima all'ombra di un albero baniano, è seduta su una poltrona girevole di pelle nera, al centro di una camera rosa e semibuia, situata in fondo al corridoio marmoreo di un appartamento preso in affitto. Ha la bocca cinta da una museruola che mortifica le papille gustative, gli occhi bendati con un foulard di seta nera firmato, a scanso di equivoci visivi e con il proposito di condannare quello specchio appeso alla parete, privandolo della sua incerta e pregiudicata funzione. I timpani otturati non le permettono di sentire, il suo naso percepisce un mondo inodore a causa di una molletta che pressa sulle narici, il corpo scarno aderisce alla poltrona, legato adeguatamente con la corda della non azione. Le sue mani sono distese sulle ginocchia, in realtà neanche le sfiorano. Solo la sua mente è libera di pensare, celebra così l’addio ai cinque sensi.
    Rigurgita da se perché non sa, non ricorda di aver mai vissuto, non c’è traccia di nulla, ogni respiro è stato assorbito dalla carestia romantica, dal contagio, dai dubbi e dalle convenzioni che la resero inerme come una preda ambita dagli sciacalli in agguato. Tutto era stato divorato ferocemente.
    Rovistava tra i ruderi intenta a riesumare almeno lo stralcio di un ricordo che la conducesse a focalizzare le forme, l'essenza di un ego, mania di una fuga adolescenziale.
    Riavvolse il nastro, ogni singola sequenza della pellicola, ingarbugliata come una matassa, presa a individuare quel buco nero, il tassello mancante. I suoi occhi proiettano sullo sfondo della cecità simulata, una pellicola sibilante che scorre con una veloce regressione di immagini, centinaia di flash, attimi di vita mai vissuti; sembra un esercito di ombre, una miriade di identità, differenti l'una dall'altra, che si rincorrono in un concatenarsi di azioni, parole e visioni, un ibrido indisciplinato di varie personalità che si annullano reciprocamente, ma al contempo partecipi di un'unica essenza andata in frantumi.
    Ora l'immagine è chiara, ora ricorda di essere stata una giovane donna dalla chioma cuprea e dalla pelle
    albina, luminosa come una patina lunare.
    Non parlava e si vestiva di rado, talvolta potevi sorprendere il suo esile corpo nudo, morbido e armonioso, avvolto in un plaid di cachemire bianco. Non mangiava, si nutriva soltanto dell’aria casualmente offerta al suo respiro.
    Il suo aspetto etereo, elegante, lunare, viveva un lasso di tempo molto breve, alcune volte le sue labbra morbide erano tinte di un rosso peccaminoso, potevi sognare quella bocca, immaginare che potesse sospirare brividi infiniti e che non professasse parola. Nessuno conosceva la sua età, aveva la freschezza sfuggente di una sedicenne, anche se qualcuno l'aveva descritta come una brillante trentenne dal fascino proficuo, quando altri giovani, impettiti di virile orgoglio, asserivano che solo una donna matura, satura e indecente, avrebbe potuto invogliare tanti adolescenti in piena rivoluzione ormonale, a dimenticare l'età dell'innocenza. Alcune donne l'avevano vista pregare in chiesa, sulle ginocchia, con un vestito nero e un rosario di rubini tra le mani.
    I suoi occhi erano verdi, altre volte neri, solo quando la sua pelle appariva ambrata e i suoi capelli fluivano in una colata di inchiostro corvino. Mormorando per le strade si scommetteva dove vivesse quella matta senza dimora, le fantasie della gente di quella piccola comunità l'avevano rilegata nei boschi, in alta montagna, in un'isola tra le Eolie, o forse viveva proprio lì, in quella casetta color bianco muffa in riva al lago, nascosta dietro la collina. Dove viveva bianca? Nessuno lo sapeva. Forse vagava soltanto quando l'alba schiariva gli orizzonti, prospettive infinite di sentieri mai calpestati.
    Era solo una ragazza affetta da albinismo? Bianca come un fantasma che vagava senza meta in luoghi di racconti remoti, stesi su carta pallida di nature distinte, dedita a fuggire quando la realtà la ingannava con la concretezza dei fatti e le anime si piegavano alla materia.
    La regressione visiva fluiva con lo scorrere di dati, momenti, amplessi a tratti di corpi, sembianze e volti forgiati in forme gommose e sfuggenti; si intrecciano a singhiozzo vite, amori, trame di lacrime, sorrisi e dolori impalpabili come nuvole. Le visioni incarnarono forme e percezioni sempre più nette, la successione degli eventi ritornò al suo ordine cronologico, si bloccò sul primo tratto della pellicola riavvolta, sulla prima di una serie di chiazze immacolate.

    [Modificato da ggiacinto 16/01/2013 15:07]
    sal@

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    fabella
    Post: 787
    03/03/2013 08:13
    Un saluto a te ggiacinto. parlo da profana su questo tipo di scrittura. alla fine ho riscontrato nelle prosa, le stesse medesime caratteristiche della poesia.

    all'inizio pressante di particolari minuziosi e spazi piccolissimi, hai contapposto in seguito un respiro a raggio ampio, che l'ha sostenuto se non addirittura impreziosito.

    un'emozione, non certo un parere competente

    [SM=x2823269]