Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

Il sole stagliava ombre nette.

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    Violadaprile
    Post: 16
    20/10/2015 20:22
    Il sole stagliava ombre nette.



    Il sole stagliava ombre nette sui sassi. Lucido e impietoso. Come a volte è il sole, nelle prime giornate di primavera. Tra le pietre il verde traslucido delle foglie nuove. L'acqua del lago era blu e verde, come in momenti rari, come di un mare di sabbia e scogli. Appena increspata, l'acqua, da un'aria così tersa da essere quasi brillante.
    Il bordo bagnato risaliva di poco, giusto seguendo le piccole increspature, che subito si ritraevano rabbrividendo. Intorno sfarfallavano i primi uccelli, si erano messi a cantare anche di notte, li aveva sentiti, vogliosi di pulizia e di altezza. A gola aperta si lanciavano in circonvoluzioni e arabeschi o si tuffavano nell'acqua della riva scarruffandosi le piume e lanciando spruzzi gioiosi. In lontananza qualche uccello d'acqua, svassi con le loro danze frementi, egrette dal passo nero e nitticore con la loro piuma imperiale che si allungava dal capo sin oltre la coda. In lontananza, verso l'altra riva, verso i canneti.
    Su questo lato fra le pietre pochi tratti di sabbia grigia che andava asciugandosi. Sabbia morta, di lago. Nessun brulichio di pulci d'acqua, nessun apparire e sparire di piccole conchiglie viventi. Giusto il brillio argenteo degli avannotti lungo la linea di confine, in fila come soldatini infreddoliti, stretti uno di fianco all'altro, le bocche brillanti verso la riva, pronti a mangiare. O a essere mangiati.


    Aveva steso il suo lenzuolo bianco di spugna su questo bagnasciuga, anche lei desiderosa di sole e di aria pulita. L'inverno era stato freddo e sembrava non finire mai. Ma questo primo sole aveva riacceso il cuore, lucidato l'erba e aperto il cielo ai voli delle rondini nuove. Si guardò intorno, l'aria era tiepida ma a tratti ancora pungente, gli occhi le divennero lucidi.
    Alzò le spalle e sorrise. Si abbassò a sistemare la spugna, si tolse gli indumenti e li mise da parte, sopra alcune erbe spinose. Si stese sul tessuto morbido e portò le mani sotto la nuca, a fissare il cielo. Era di un azzurro disarmante, e vi si perse.
    I giorni precedenti erano stati duri, affannosi, con giusto il tempo per le cose minime quotidiane. Giorni di scarse parole e di molti silenzi. Giorni di lontananza. Sospirò. Lui le mancava, tanto. Non la sua presenza, lui c'era sempre. Ma la stanchezza e l'ansia rubavano loro il poco tempo che avevano, che finivano per spendere in inutili e futili questioni. Le mancava la sua allegria e gli ammiccamenti e le risate e le gomitate complici che avevano riempito il loro tempo insieme, fino a non molto prima.
    Sospirò ancora, più a fondo. Incollata al terreno l'aria pungente la sfiorava appena, subito cacciata dalla carezza calda dei raggi nuovi.
    Vuotò la mente e si girò bocconi. Con le mani sollevò i capelli scuri a ricoprirle la testa e a denudare la nuca. Allungò le braccia verso l'alto e si addormentò.


    Era presto quel giorno. Voleva farle una sorpresa. Si era liberato da tutti gli impegni, non sapeva neppure come, e stava ora affrettando il passo verso la casa. Nelle mani la solita cartella e un grosso pacco bianco. L'aria era tersa e la luce abbagliava. Arrivò alla casa cercando di non fare rumore, spinse la maniglia col gomito e la porta si aprì cedevole. Il fuoco nel camino era spento e nella casa il freddo lo assalì. Le ombre conservavano ancora le tracce di quell'inverno che non se ne voleva andare. Sorrise soddisfatto, a lui piaceva. Poi si guardò intorno, cercando qualcuno. Ma la stanza era vuota, poche cose sul tavolo, il letto sfatto.

    Si sentì subito contrariato, dov'era andata? Fece il giro della stanza come un orso infuriato che misura la gabbia. Eppure lei sapeva che non poteva andare via! Non senza dirlo! Ricacciò nel profondo un piccolo grumo di panico che quasi non ebbe il tempo di formarsi. Non voleva chiamare, ancora sperava che fosse li intorno, ancora sperava di sorprenderla. Fece il giro intorno alla casa e non la trovò. Già la delusione si stava facendo strada, subito seppellita da tonnellate di roccia dura, quando la vide, vicino all'acqua, una macchia bianca e nera.
    Ci mise qualche attimo a riconoscerne la forma, poi sorrise dentro di sè. Non lo aspettava ed era là, come la prima lucertola nel primo sole.

    Tornò dentro, si tolse i grigi vestiti del lavoro, prese una bottiglia e il suo pacco bianco e si avviò. Camminava adagio, attento al rumore e all'equilibrio. Finché fu a pochi passi da lei. Si fermò guardandola: dormiva. Sorrise, non riuscì a trattenersi. Con meno precauzioni le si affiancò, appoggiò il pacco e la bottiglia e le si mise di lato, inginocchiato. Staccò uno stelo d'erba e delicatamente, molto delicatamente, glielo passò sul collo scoperto. Dopo un attimo lei sobbalzò.



    Nel dormiveglia l'aria l'aveva carezzata, con la sua mano tiepida, e a tratti fredda, e ancora piacevolmente tiepida. La mente era persa in un bianco nulla, fatto solo di sensazioni. Il piacere di quel sole nuovo la sovrastava. Più volte si era assopita senza sogni e risvegliata senza ricordare dove fosse. Ma poi subito ricordando, e allungandosi ancora di più, le braccia e le gambe allargate come una stella marina, offrendo tutta la superficie possibile alla luce. Le dita affondate nella sabbia. Erba nell'erba, luce nella luce. Era parte di un tutto, in questo piccolo punto della creazione, farfalla che nasce, ramo che germoglia, acqua che scorre.

    Ma qualcosa, a un tratto, si era staccato dal tutto e la sua coscienza si stava ora concentrando su una sensazione precisa, solleticante e strana. Una sensazione che la risvegliò completamente.
    Di scatto alzò la testa e si girò a guardare, gli occhi spalancati, completamente sveglia.
    Lui era lì, con un filo d'erba in mano, un sorriso che si stava spegnendo e uno sguardo che si stava ritraendo. Imbarazzato.
    Non lo aspettava, di colpo si sollevò e si mise seduta, le gambe piegate di fianco, guardandolo confusa. Lui arrossì violentemente e girò gli occhi verso il lago.
    Lei avrebbe voluto parlare ma non riusciva. Guardò i suoi vestiti che erano fuori tiro e arrossì anche lei.


    Ma lui si era ripreso in fretta, non l'aveva mai vista in così tanta luce, così impietosamente esposta, e questo lo aveva colpito. Si chiese quanta parte di lei non conoscesse ancora. Molto, sicuramente, forse troppo. Si schiarì la voce e fece un mezzo sorriso.
    -È così che si prende il sole?- Si costrinse a guardarla, e lentamente lo sforzo diminuì. Fece un gesto largo all'intorno.
    -Così? Davanti a tutti?- Il tono irridente celava la sua emozione.
    Lei aveva la pelle bianca, in parte per la sua propria natura, in parte per il freddo che seduta sentiva di più, e in parte per la confusione che le aveva cacciato il sangue in qualche posto ignoto e irraggiungibile. I capelli scuri che erano stati sparpagliati in alto sopra la testa pendevano ora arruffati ai lati del capo, senza che lei facesse nulla per rimetterli a posto. Neppure ne era consapevole. Stava ferma e non cercava di nascondersi. Si guardò un attimo intorno in ansia per quei “tutti” che parevano spiarla ma non c'era nessuno e tornò a guardarlo.
    -Scusami- disse abbassando gli occhi mansueta.
    -Non hai freddo?- le chiese lui intenerito, lasciando da parte il tono irridente.
    -No- disse lei e tornò a guardarlo. Lui si lasciò andare di fianco, sedendosi come lei.
    -Ti spavento?- le chiese con aria vagamente maliziosa.
    -No- lei finalmente sorrise -e io?-
    Lui attese, a lungo, prima di rispondere, poi fece di no con la testa, lentamente, senza più distogliere gli occhi.



    Lei non sapeva che pensare. Passavano tanto tempo insieme, da tempo immemorabile, ma il buio li aveva sempre accompagnati, la penombra era stata il loro nido, i giochi tenui di luci del fuoco avevano arrossato occhi e pareti. Non c'era sole nei loro giochi, non c'erano visioni di insieme. Solo flash tagli parti mezzeluci. Ed ora ecco, tutto e tutto insieme. Ma anche lei si stava riprendendo in fretta e la disparità della situazione cominciava a pesarle. O forse no, al contrario, forse era solo questo il lungo brivido che non cessava di scuoterla.
    -Non ti aspettavo- disse sentendosi di una banalità sconfortante.
    -Lo so- rispose lui e lentamente ricominciò a sorridere. Meccanicamente lei sollevò una mano e si prese una ciocca di capelli tirandosela davanti.
    -Che succede? Il lavoro?- strinse appena gli occhi nella luce.
    -Finito presto, ho pensato che avremmo potuto mangiare insieme ...- rispose lui ammiccando, chinò lo sguardo per un attimo per nascondere il sorriso che si andava accentuando.
    -Ma se sei impegnata ...- fece un gesto vago verso i “tutti” che testimoniavano della sua nudità e ammiccò di nuovo. Lei sorrise dentro di sè, attese e poi sorrise davvero e annuì.
    -No, non sono impegnata-. Non sapeva cosa fare e lasciò fare all'istinto. Allungò la mano, prese quella di lui e se la portò alle labbra, chiuse gli occhi e lasciò che lui la guardasse mentre gliela baciava.


    Lui la fissava così ferma e bianca e pensò che la voleva. Proprio ora, lì, in quell'attimo. La luce gli dava fastidio, ma la rendeva così bianca che se ne dimenticò. Sentiva sotto le dita la pelle morbida delle sue labbra che baciavano solo sfiorando, voleva prenderla ora gettandola e rovesciandola a terra, così morbida e bianca, voleva farle sentire tutta la propria forza e voleva bere la morbidezza e la cedevolezza di lei, e sprofondare in lei, lui delfino e lei onda. E schiuma. E sorgente. Adesso, qui, ora, subito.
    La lasciò fare sinché sentì che si era calmata, il desiderio non era un problema, aspettò che lei fosse pronta. Aspettò che lei si muovesse. Anche aspettare era una parte del piacere. Dunque, aspettò.



    Lei sentì profondamente il suo silenzio, nonostante fosse assordata dal battito del proprio cuore, e lo guardò. E vide. Allora si drizzò di più e gli puntò tre dita sulla spalla spingendolo verso terra.
    -Hai fame?- gli chiese con uno sguardo intenso, mentre gli occhi le si assottigliavano. Si sollevò sulle ginocchia senza aspettare la risposta e con una gamba scavalcò i suoi fianchi, sedendosi sul suo bacino.
    -Hai fame? eh? eh?- chiese di nuovo sorridendo con un'arietta provocatoria, le ginocchia strette ai suoi fianchi come a un cavallo da corsa.
    -Non ho preparato niente, mi spiace, non ti aspettavo ... ti dovrai accontentare di quello che la natura offre ...-
    Il tono sornione non lasciava dubbi. Si allungò sopra di lui, scorrendogli le mani sui fianchi e poi sotto le braccia e costringendolo ad alzarle sopra la testa. Questa volta fu lui ad essere arrendevole. Gli prese i polsi con le mani piccole e si chinò ancora. I capelli spiovevano sulla faccia di lui, restituendogli un po' d'ombra. Si avvicinò al suo viso e appoggiò le labbra sulle sue, morbidamente, morbidamente, ah come morbidamente!

    Ma così, seduta sul suo bacino e tutta allungata su di lui fino in alto, lontanissimo, fino alle loro mani intrecciate, poteva sentire il suo cuore battere e il suo petto alzarsi e abbassarsi in un respiro affrettato, che lui non tratteneva, e la propria pelle contro la sua camicia ruvida, unico ostacolo fra loro, unico ostacolo a compenetrarsi, fondersi e diventare una cosa sola.


    Lui la lasciava fare, lasciandosi lacerare fra la voglia di prenderla e quella di raccogliere i suoi gesti che lo facevano vibrare. Non l'aveva mai vista così. Lei fremeva, la sentiva anche attraverso la stoffa. La sentiva attraverso la pelle. Poi sentì le sue mani che gli lasciavano i polsi -lei continuava a baciarlo- e scendevano verso il suo petto, di bottone in bottone. La vide scostarsi da lui e sorridere mentre con le mani frugava nella camicia aperta per farsi largo, la sentì insinuarsi nella stoffa per aprire un varco. Sollevò le braccia e si sollevò anche lui per agevolarla mentre gli sfilava la camicia. Un brivido, un tremito, un attimo. Poi smise di lasciar fare e la rovesciò a terra. Lei rideva.
    -Cosa vuoi fare, grosso uomo prepotente!- chiese lei gorgogliando di gioia. E lui sorrise, sornione.
    -Indovina!- disse. E dopo un attimo non aveva più mente, né pensiero, né anima. Dopo un attimo si era perso in lei, e lei continuava a gorgogliare piano, respirando forte, spingendo in alto verso di lui che spingeva verso di lei. Dopo un attimo erano due amebe, nel momento in cui abbandonano la pelle per formarne una sola, che li comprendeva entrambi.



    Lei pensò di morire. Proprio lì, proprio in quell'attimo. Uno spazio di tempo che si dilatava all'infinito e che sembrava volerla inghiottire.
    Se avesse avuto spazio per pensare, proprio lì e proprio in quel momento, avrebbe considerato che lui sembrava non rifiutare la luce e quei raggi che li ferivano di taglio, si sarebbe accorta del suo volto arrossato e del suo respiro irregolare, se avesse avuto spazio. Ma aveva la mente svuotata da quella morte improvvisa che la rapiva e la teneva sospesa sul vuoto prima di riportarla indietro. Se avesse avuto spazio per pensare si sarebbe fermata e sarebbe fuggita, o forse non si sarebbe mai trovata lì. Se avesse avuto spazio sarebbe arrossita per l'eternità e sarebbe sprofondata nel cuore della terra per non farsi più vedere.
    Ma non ora, ora il pensiero se ne era fuggito via, davanti al predatore, davanti alla preda. E lei, confusa tra preda e predatore, non aveva che avvincersi in questo abbraccio di morte. In questo sublime atto di amore.
    L'unica forma di pensiero che residuava era un pensiero cellulare. Ogni singola minuta cellula che agognava entrare in contatto e fondersi, sempre più a fondo, con ogni altra singola minuta cellula, fibra con fibra, sangue con sangue, cuore con cuore.


    Lui si girò su un fianco e lei rimase supina, come stordita. Le labbra dischiuse a prendere fiato, gli occhi socchiusi ancora semicoscienti.
    -Hai freddo?- chiese, sapendo già la risposta.
    -No- rispose lei, sentendosi tragicamente monotona.
    -Hai fame?- lui già sorrideva.
    -No- lei evitò anche di pensarci.
    -Scommetto di sì ...- ridacchiò lui. Lei si girò, lievemente sorpresa dal suo tono e lo vide alzarsi e prendere un pacco. Aveva la pelle raggrinzita per l'aria ma davvero ancora non sentiva altro che il suo calore. Riappoggiò la testa sulla spugna mentre sentiva lui che svoltolava il suo pacco.
    -Cos'è?- chiese girandosi appena, pigra.
    -Vedrai!- disse lui allegro, ma gli occhi brillavano ancora. Estrasse dal pacco piccole strane cose colorate.
    -Mettiti bene sdraiata, da brava bambina! e chiudi gli occhi!- disse lui allegramente. Lei docile ubbidì. Lui prese un cosino tondo e glielo portò alle labbra.



    Lei chiuse gli occhi e aprì la bocca e lui le infilò una cosa viscida e saporita.
    -Mmm .. un'oliva!- sorrise lei masticando.
    Poi fu la volta di un sushi, bianco e carnoso, con dentro un pezzo di salmone. I sushi le facevano schifo ma adorava questo suo imboccarla come una pupattola. Girò appena la testa e si tolse di bocca l'alga gommosa e la gettò lontano. Poi venne un piccolo pomodoro, poi una fragola. Lei stava andando in visibilio, con gli occhi chiusi non sapeva cosa sarebbe arrivato e lui non finiva di sorprenderla.
    -Ora tocca a me- disse lui e lei lo vide sorridere, forse per la prima volta con un sorriso pieno, non angolare.
    -Va bene- rispose sorridendo a sua volta, già puntando il gomito per rialzarsi.
    -Sta buona, stai giù!- disse lui imperioso ma sempre sorridente, spingendola con un dito. Lei lo guardò curiosa e scosse appena la testa come perplessa, riadagiandosi.


    Dopo un attimo il suo corpo era cosparso di piccole cose umide. E subito dopo lui la baciò, adagio, sulle labbra, poi qua e là sul corpo e mentre la baciava prendeva con i denti le cose che aveva posato e le mangiava e la guardava e rideva. E poi leccò, la soia, perché si sa che sui sushi ci va la soia, e il miele piccante che aveva messo sui pezzetti di formaggio, e infine la cioccolata, che non aveva messo su niente perché non aveva trovato niente su cui metterla, se non su di lei, bianca come una meringa.

    E quando ebbe finito di leccare leccò ancora e la baciò. E questa volta le permise di sollevarsi e di raggiungerlo, il volto pieno di soia e miele e cioccolata, e lei leccò il suo volto e poi lo baciò. E ancora. E ancora.
    E lui di nuovo si perse nel suo biancore. Così serenamente ma concitatamente vuoto di pensiero. E infinitamente infinitamente bianco.


    [SM=g8265]
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    ISBN: 978-84-943428-3-7
    Dopo che hai imparato a seguire il fiume, precedilo
    Chi getta semi al vento, farà fiorire il cielo!
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    fabella
    Post: 1.837
    25/10/2015 09:37
    cara Viola, buon giorno e buona domenica a te.

    ebbene ho cercato, come mi hai chiesto di fare lo sforzo, ma come diceva Rondoni per la poesia, basta leggere i primi due versi per rendersi conto del valore d'insieme della stessa. le poesie le so valutare fin troppo anch'io dal primo rigo, senza timore di essere smentita da voci anche autorevoli. mentre non so nulla di prosa. però ma mi è capitato spesso di leggere la prima pagina di un libro richiuderlo e non tornarci più su. se non mi sento attraversare tutte le corde, scatta il rifiuto. come per un film. se non mi garba il taglio, l'atmosfera, il ritmo, cambio canale immediatamente. e non c'è trama che tenga. questa si chiama sensibilità personale, naturalmente. quindi non oggettiva per esprimere giudizi, tantomeno descrivere emozioni, se non esclusivamente quella del rifiuto. colpa o merito della formazione culturale e dell'apertura mentale che la stessa ha operato in noi. il tuo pezzo, non so se lo avrei mai amato, nemmeno da adolescente, perché la mia mente allora si è aperta alle collana d'autore Brontë, Austen, Burnett, Puskin... quindi immagina

    attualmente una delle mie letture preferite è il romanzo di Cormac, "la strada" del 2006
    e quando mi capita di leggere qualcosa sul web, mi soffermo sulle brevi prose quotidiane di Tiziana Cera Rosco. esempi tanto per rendere l'idea, insomma

    quindi non volermene, se i miei gusti e le mie emozioni, soprattutto, vanno da tutt'altra parte

    [SM=g2829702]

    [Modificato da fabella 25/10/2015 09:38]
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    Violadaprile
    Post: 43
    27/10/2015 16:31
    non te ne voglio, figurati [SM=g8139]
    l'apprezzare o non apprezzare una cosa rientra nei nostri diritti personalissimi e inalienabili, quelli dei primi articoli della Costituzione
    quindi ti ringrazio in ogni caso per averci provato (ma per favore, non mettermi a confronto con gente di altro rispetto) e se non ti è piaciuto pazienza, sarà per la prossima volta
    [SM=x2823269]
    [Modificato da Violadaprile 27/10/2015 16:31]
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    ISBN: 978-84-943428-3-7
    Dopo che hai imparato a seguire il fiume, precedilo
    Chi getta semi al vento, farà fiorire il cielo!