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Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

Paola Silvia Dolci

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    Amministratore forum
    00 16/10/2017 00:27
    1° Premio nella sezione poesia inedita del XVIII Concorso nazionale di Poesia e Narrativa “Guido Gozzano”.

    Complimenti [SM=g2843107]

    la conosco come poetessa da tantissimi anni. pubblicava anche su un mio blog collettivo. ne approfitto per farvi leggere qualche sua vecchia poesia.


    poesie tratte da “NuàdeCocò” (Manni, 2010)


    Dalla prima parte “Noce”


    IV.

    (- Suicidio o ribellione
    la mia biblioteca è una polveriera)

    Non era
    luogo di vigore
    o luogo naturale
    piuttosto forma
    stravolta
    inquietante
    che si imponeva
    su ogni spazio, abnorme
    Una disordinata libertà

    Invidiavi le bestie, avresti voluto
    le ali e pensavi volentieri
    a quel gioco in cui nascondere
    sotto le lenzuola bianche tutti i libri
    non leggere nemmeno la data
    di scadenza degli alimenti
    non scrivere più
    una sola parola

    Fingendo indifferenza
    il libro
    trasformava la realtà
    corrodendo i contorni delle cose
    fino a raggelarle

    Nessuno avrebbe potuto escludere
    che ti sarebbero spuntate le ali


    V.

    (Quando fuori nevica sdraiarsi dentro,
    sul pavimento di legno rosso immaginando un prato verde,
    poi iniziare a rotolare morbido; ridere in vocale a e i o u)

    Nella libreria dietro il Duomo richiedevi sempre
    libri che non c’erano
    la signora cercava comunque
    saliva sulla scala, spostava, frugava, impilava
    Quando pagavi solo un quaderno
    allora cadeva per terra almeno un libro,
    lo acquistavi

    Quel giorno una raccolta di poesia ti insegnò
    – dovrei tagliarmi i riccioli solo come se fossero immaginari,
    ti fece considerare – chissà se mio padre
    ha mai passato una notte intera in bagno
    a rimuginare sul significato della sua vita

    Croquignolle si stendeva nel letto bianco
    che stava sotto il lucernario ricoperto di ghiaccio poi
    pensava di avere molto freddo



    XII.

    (Le femmine scrivono solo per vendicarsi)

    Ti piaceva sentirti protetta
    rintanarti sul tavolo sotto i pensili, fra gli alberi,
    negli interstizi tra le poltrone
    e avresti voluto un padre,
    che ricordasse di quand’era bambino,
    a costruire nascondigli minimi
    scatoline di legno disseminate
    nella casa, nel giardino, nell’orto

    Ma ogni volta che stavi per parlare
    tuo padre di tappava le orecchie con le mani


    I colori sbiadivano l’uno nell’altro
    non pioveva più dai frutti aperti


    Allora legavi tua madre a una scimmia

    Poi festeggiavi, con le bottiglie



    XVI.

    (Da una corrispondenza privata,
    ieri sera, la consumata rilettura di una caduta.)

    ho le clavicole gravemente esposte
    credo che mi si prosciugheranno le ovaie poi
    ho mangiato un pesce e un pomodoro sì
    vedi non ho voce per parlarti di mia madre
    so che piango e ho i brividi da qualche giorno
    e il mio corpo parla sempre molto chiaro
    ho terrore di dimenticare tutto il male
    per un abbraccio
    piango e guardami con le mani sulle guance
    e si bagna tutto le dita i capelli il maglione
    Nessuno dovrebbe sopravvivere a questo
    l’ultimo contatto è stata una lettera d’odio freddo
    ma quando l’ho vista
    io ho pensato che fosse venuta per abbracciarmi
    invece il mio corpo aveva paura
    – capisci? io pensavo fosse venuta per abbracciarmi
    e allora ho chiuso con tutte le mandate
    la porta blindata
    e ho camminato avanti e indietro
    per non so quanto
    e forse fumavo
    sento solo dolore ovunque
    è un anno e mezzo che non dico la parola madre
    al mio dottore
    a mio padre ho raccontato oggi cosa è successo
    sono mesi che lo accuso tu non mi hai mai difesa mai
    si scusava, avrebbe potuto, dovrebbe ora
    ma io pensavo che fosse venuta per abbracciarmi
    e lui ora non mi deve niente
    nessuno mi deve niente

    siamo rimasti in silenzio


    la amo, è terribile

    (nell’inconcluso
    c’è che i sentimenti siamo animali furiosi
    ingovernabili



    XVII.

    (“Ut arcus facilius intendant”)

    Mutilazione e occultamento
    una bambina nella prima infanzia
    e quell’accenno di seno destro
    – nessuno potrà mai allungare le mani
    su quell’accenno di seno destro
    un disco rovente di rame
    Poi, il braccio sarebbe cresciuto forte
    come quello degli uomini

    – Sei fiera di me mamma?
    E dimmi quando mi fiorirà l’uccello?
    Se sarò grande non mi sposerò
    prima di aver ucciso un nemico in battaglia

    – Bimba mia
    ogni primavera
    ti offriranno un maschio
    da rituale, in segreto, al buio
    perché non vi riconosciate
    vi accoppierete nel grano
    e genererete figli

    – Gli amanti mi riconosceranno
    da questo splendido vuoto nel petto

    – Bimba mia
    sarà come la mano amputata dello scrittore
    come l’arto che vorresti usare
    che crederesti di avere,
    potrai nutrirne molti dovrai allattarti sola


    Pentesilea bambina non protesta
    per questa carne rubata al paradiso
    fantastica di quando sarà regina
    inquieta sogna
    e sveglia osservandosi sbranare
    con i suoi cani
    il corpo di Achille







    testi tratti da “Amiral Bragueton” (Italic-Pequod, 2013)




    Questo è un segreto e tu lo devi mantenere.
    Io sono un ammiraglio e tu mi devi credere.



    IX.
    «Il mio amore è sempre triste.»
    I bimbi negri, Caroline smaccate
    sulla soglia del cinema pornografico
    dei clienti bianchi. Nelle vie portavano
    la fame e la pace che si ha
    quando ci si addormenta su un prato al sole.
    «Davvero, come ti bacio diventi triste.»
    Al Corpus Cristi la sirena aveva pesci per capezzoli.
    Era un vecchio incurvato dal chiasso
    cucchiai, pentole, tamburi e scimmioni
    l’amore che gli esseri umani sembravano
    nutrire l’uno per l’altro.

    (Rio De Janeiro, 13 giugno 2010)
    XXV.

    Da una corrispondenza privata.
    Se guardi il video delle bacche bianche nel cimitero
    puoi vedere il freddo.
    Ti pensavo.
    Non mi credi e così fai di me un santo.
    Quando scrivo sono molti i destinatari.
    I sentimenti sono in me come quando ero bambino
    e mia madre e mio padre si confondevano
    le figure. Non so distinguere.
    Tuttavia sto mangiando una mela
    e immagino sia la tua bocca.

    (Mosca, 5 dicembre 2011)



    I.
    “come se questa intimità ci costasse la pelle”

    Cremona, 12 febbraio 2012

    Dolcissimo amore mio,
    questa scrittura è la mia sostituta.
    Vorrei passeggiare per la tua città
    in orari diversi dai tuoi.
    Ieri sera bevevo vino nel foyer
    e cercavo se mi stessi guardando.
    Poi, mentre la Marinelli recitava
    – quando Apollo ti sputa in bocca
    e – venne Achille la Bestia
    mi sarei alzata e ti avrei raggiunto al buio
    per baciarti di nascosto.

    Inizio sempre a parlare quando bisogna salutarsi.

    Per disfarmi del dolore ho dieci minuti.



    III.

    “perché la bellezza – disse Elena – deve svanire presto”

    Cremona, 28 febbraio 2012

    Durante il loro primo amore furono (iceberg) felici.

    Lui fioriva sulla spalliera del letto,
    lei stava cercando la vena nella pietra.

    Alla pletora di vecchie poesie
    non avrebbero potuto aggiungere
    la passeggiata sul lago,
    la neve in quei giorni stranamente caldi
    di fine febbraio
    e di ogni cosa si poteva essere spettatori
    ma non vivere.



    VI.
    Punta Ala, 17 aprile 2012

    Devi tornare presto; i colpi
    sulle braccia stanno guarendo.

    Stamattina scrivo da un tavolino del porto,
    è primavera, indosso il tuo foulard blu.
    Se è vero, come in quella poesia,
    che il sonno è più forte quando si sogna ciò che è stato
    perché invece io piango?

    La grazia di mancare il bersaglio.



    II.
    Nessuna tela al Rijksmuseum ritrae l’estate.
    Le donne indossano maschere contro il freddo.
    Gli uomini pescano, cacciano oche
    e commerciano birra.

    Amore, regalami
    il latte che scorre di Veermer,
    Eros nella palla di vetro con la neve
    e Willem Van de Velde a Livorno.
    Io terrò il conto delle vele.

    (Amsterdam, 14 luglio 2012)



    III.
    Else è tua.

    Dall’aereo, le ombre lunghe degli alberi.
    Scuro cuore di cerva schierava
    l’Oceano Atlantico,
    l’inverno, tra te e lei.

    Tu eri il ricordo che si alzava
    come l’asta del saltatore.

    (São Paulo, 21 luglio 2012)



    IV.

    La mia vera Penelope è Matisse.

    Nel giardino gli uccelli hanno voci da bambino.
    Per tutte le mie poesie voglio usare l’espressione
    Da una poesia anonima
    E aprirvi la bocca con le more, schiacciando.

    Canterò la guerra
    Quando avrò esaurito il tema del viaggio.

    (Desenzano, 27 giugno 2012)



    V.
    Sono figlio delle estati della mia infanzia.

    Esco, sul ponte a guardare le stelle: il cielo è bianco.

    Mia madre è sdraiata su un divano.
    Dice che devo fare l’amore con lei, che vorrebbe farlo a ogni ora.
    Mi sento male.
    Rifiuto.
    Prende un coltello e mi uccide.

    (Cavo, 9 agosto 2012)



    VIII.

    i.
    Else ha sognato Ipazia.
    Si faceva quadro: aritmetica mentale di Bogdanov-Belsky.
    Ogni meccanismo e calcolo
    rappresentava sul volto un’espressione diversa:
    da quando immaginavamo
    e creavamo.

    ii.
    Non avendo famiglia d’origine e incapace di formarne,
    mi piace comprare le foto di sconosciuti nei mercatini delle pulci.
    Mia sorella, mia madre e mia zia al Parco dei Divertimenti.
    I nonni una domenica.
    È mio padre da bambino.

    (Mosca, 27 ottobre 2012)



    XI.
    La mia passeggiata aveva le foglie nel cappotto.
    Novembre è penetrato dal lago e non parla,
    un’immobilità amorosa e funebre.
    Else: non stringere, molla.
    Ricarica e spara.

    (Desenzano, 26 novembre 2012)


    XII.
    (Il cervo – ) Else, hai le mosche nel reggiseno!
    Else! Ti appendo per le tonsille!
    Else, aiutami,
    mi sembra di diventare reale.

    Dietro la macchina fotografica
    ci sono le stelle.
    Stanotte il lago voleva fare il mare

    (Desenzano, 29 novembre 2012)







    Paola Silvia Dolci è nata nel 1977 a Cremona, dove vive ed è ingegnere civile. Scrive da sempre.


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    Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
    (Antonin Artaud) 
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    annamaria.giannini
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    00 17/10/2017 14:44
    leggoleggoleggo

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    "ogni giorno rubo un pezzo di spiaggia al mare e ogni giorno il mare se la riprende"