l'ultima mamma

I
questo occhio
fuori da ogni punto della carne
palesa interni deboli
accerchiati di fibrine e sangue

la cura principale si annette al sorriso
ai racconti che declami e ascolti
della tua vita

che il tuo totale cadere è come foglie sottopelle
decifrabili in densità e trasparenze
sono gli anni messi, prima uno dietro l'altro
poi sottosopra

ti raccolgo con le mani ancora calde, il lino per asciugarti
polveri profumate come spargessi incenso
una collana con appese tutte le nostre croci

e mi contemplo forma che succede
onda perpetua senza mai ritrarsi

nel tuo apparire quasi mi somigli
dentro una sottoveste stretta
che non disperda l'esatto di te
quando ti pieghi a raccogliere il tempo
perché ti sia tra la voce e le mani
a sgranare ogni storia ammuffita
come fosse una nuova tentazione

la muffa

si forma quando un comò diventa mausoleo
le cose si accavallano fitte a guisa di reliquie
piantate come gioielli che non crescono mai

premono verso il centro della terra
vogliono restare lì sepolte, invisibili. mute

ma l'ostinazione non percepisce odori decomposti
continua a venerare fiori secchi, come santi

e poi c'è l'ossessione per gli strati
cuscini trapuntini, materasso e teli per proteggere ogni strato:
il materasso dal fondo, il trapuntino dal materasso
i cuscini dal trapuntino sempre a salire
spessori a livellare, coperti dall'ultimo telo
che protegge il vestito, le calze e il loro contenuto
cuscini grandi esterni, per modellare la seduta
(e la coricatura)

si chiama allestimento di una panca da giorno

quindi concludo:
meglio sentire il pisello sotto venti strati
o rischiare di cadere dalla torre?



P.S. pensando alla fiaba, me lo sono sempre chiesto

VI
ne esco a forme quasi
sperimentali, geometriche
insieme di curve e spigoli
come di grano per un rosario
da poggiare sul davanzale
e poi avere in tasca
quando muori