Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

ai tempi del COVID-19 (la parola ai poeti)

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    fil0diseta
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    Amministratore forum
    00 10/03/2020 07:56

    OGNUNO DI NOI È UN OSPEDALE di Franco Arminio

    La cosa brutta delle malattie infettive è che muori senza carezze. Sei curato da persone mascherate. E una volta morto nessuno ti posa la mano sulle mani o sulla fronte. Chi sta morendo in questi giorni col coronavirus in qualche modo perde la vita senza la solennità della morte. Nessuno ci dice i nomi di chi è morto. Ci dicono solo che sono vecchi e che avevano altre malattie. Ma noi non siamo bambini da consolare. La situazione è seria e la questione non è ripartire, ma avere cura del dolore, di ogni cittadino che sta nel dolore. La vita di una nazione non è una corsa automobilistica. Non siamo fermi ai box per cambiare le gomme il più in fretta possibile. Dobbiamo chiamare a raccolta le energie migliori del paese. Non ce la caviamo con le ordinanze. Ci vuole un grande moto di calore. Ognuno deve mettere a disposizione qualcosa di suo per la comunità nazionale. La politica deve essere attenta all’economia, ma bisogna parlare con la lingua della vita e ora il nostro alfabeto comincia dalla lettera P, comincia dalla paura. È brutto morire sapendo che tua moglie non potrà ricevere l’abbraccio dei tuoi amici. È brutto sapere che un tuo amico sta male e non puoi fargli visita. Ora non si tratta di raggelarci, ma di portare calore anche senza la vicinanza fisica. E questo con la Rete si può fare. Difendiamo i nostri vecchi, costruiamo barricate amorose per difenderli dal male che avanza e che non è solo il virus, è il male di un mondo che pensava di aver dato le spalle alla fragilità e al mistero. Un mondo scemo e scontento che ora è chiamato a tornare mirabile e attento. Dipende veramente da ognuno di noi. Ognuno di noi è un piccolo ospedale che può ricoverare e accudire la malattia che ci circonda.

    ___

    prima che il virus m'ammazzi (di luca gallotti)

    prima che il virus m'ammazzi
    correrò verso una milano deserta
    in direzione opposta alla folla urlante
    umani non più umani mi daranno del pazzo
    qualcuno proverà a fermarmi
    lancerò amuchina come molotov
    senza che nessuno esploda

    in un parco sempione popolato da cervi
    come a černobyl' dopo le radiazioni
    senza nessuno che mi venda birra da una bacinella
    ti troverò
    bellissima
    ti lascerò
    dopo aver attraversato il mondo
    durante la fine del mondo
    dare a un altro
    l'ultimo
    bacio
    d'amore

    ___

    di Mariangela Gualtieri

    Questo ti voglio dire
    ci dovevamo fermare.
    Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
    ch’era troppo furioso
    il nostro fare. Stare dentro le cose.
    Tutti fuori di noi.
    Agitare ogni ora – farla fruttare.
    Ci dovevamo fermare
    e non ci riuscivamo.
    Andava fatto insieme.
    Rallentare la corsa.
    Ma non ci riuscivamo.
    Non c’era sforzo umano
    che ci potesse bloccare.
    E poiché questo
    era desiderio tacito comune
    come un inconscio volere –
    forse la specie nostra ha ubbidito
    slacciato le catene che tengono blindato
    il nostro seme. Aperto
    le fessure più segrete
    e fatto entrare.
    Forse per questo dopo c’è stato un salto
    di specie – dal pipistrello a noi.
    Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
    Forse, non so.
    Adesso siamo a casa.
    È portentoso quello che succede.
    E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
    Forse ci sono doni.
    Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
    C’è un molto forte richiamo
    della specie ora e come specie adesso
    deve pensarsi ognuno. Un comune destino
    ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
    O tutti quanti o nessuno.
    È potente la terra. Viva per davvero.
    Io la sento pensante d’un pensiero
    che noi non conosciamo.
    E quello che succede? Consideriamo
    se non sia lei che muove.
    Se la legge che tiene ben guidato
    l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
    non sia piena espressione di quella legge
    che governa anche noi – proprio come
    ogni stella – ogni particella di cosmo.
    Se la materia oscura fosse questo
    tenersi insieme di tutto in un ardore
    di vita, con la spazzina morte che viene
    a equilibrare ogni specie.
    Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
    guidata. Non siamo noi
    che abbiamo fatto il cielo.
    Una voce imponente, senza parola
    ci dice ora di stare a casa, come bambini
    che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
    e non avranno baci, non saranno abbracciati.
    Ognuno dentro una frenata
    che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
    delle antiche antenate, delle madri.
    Guardare di più il cielo,
    tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
    il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
    piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
    stringere con la mano un’altra mano
    sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
    Un organismo solo. Tutta la specie
    la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
    A quella stretta
    di un palmo col palmo di qualcuno
    a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
    noi torneremo con una comprensione dilatata.
    Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
    la nostra mano starà dentro il fare della vita.
    Adesso lo sappiamo quanto è triste
    stare lontani un metro.








    [Modificato da fil0diseta 10/03/2020 07:57]


    fil0diseta_______________________________________________________________________________________________________
    Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
    (Antonin Artaud) 
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    fabella
    Post: 2.889
    00 12/03/2020 07:49

    Franco Arminio

    BUONGIORNO ITALIA

    C'è ancora un bella luna
    alle sette del mattino.
    Oggi l'Italia somiglia un poco di più
    al mio paese.
    Penso alle porte chiuse,
    penso alle forbici dei barbieri
    alle cucine vuote,
    penso a tutti gli schermi accesi.
    Penso al giro dei bar che facevano
    di mattina gli alcolisti,
    penso a chi muore in questi giorni,
    a chi da poco ha scoperto
    di avere un cancro.
    Io e la mia vecchia paura
    ci facciamo compagnia da tanti anni,
    vi posso assicurare che di paura non si muore
    e che la paura è un inganno come un altro.
    Mi trema il cuore
    per i fatti vostri e per i fatti miei.
    Forse da tutto questo chiudere e impedire
    qualcuno di noi finalmente da se stesso
    potrà uscire.
    Non illudiamoci che possa accadere a tutti,
    non illudiamoci che se il mondo si ammala
    quando guarisce poi è più bello.
    Oggi l'Italia è un convento di clausura
    ma nessuno prega, mai come in questi giorni
    ho sentito parlare cosi poco
    di santi e di miracoli.
    Ognuno partorisca
    il bene che gli serve
    senza chiedere più di tanto al mondo.
    Siamo qui per disgrazia
    e per fortuna.

    ___

    Loredana Semantica

    È un piccolissimo essere
    che viene a contagiare
    le nostre stelle e sogni
    in attesa di divenire
    (così struggenti per alcuni vecchi
    che i giovani dovrebbero impallidire)
    lo immagino a scavare
    con le zampette gli alveoli
    fino a togliere il respiro
    immagino quanto sia difficile
    annegare circondati d'aria
    confortati da palombari impotenti
    e da un respiratore artificiale.

    Qui questa calma innaturale
    dà il senso del non ritorno
    il fronte opposto allo tzunami
    ci interroga su cosa abbiamo
    da imparare forse che siamo deboli
    fatti di carne e sangue forse
    che correvamo troppo e inutilmente
    oppure che si può vivere reclusi
    recuperando i punti cardinali
    cercandoli in noi stessi
    nella famiglia nei progetti
    più sensati del divertimento
    insulso e parossistico
    oppure delle impennate
    di narcisi improbabili
    e manager capitalisti.

    A tratti assale l'angoscia
    della fine in altri il tarlo
    che qualcuno da qualche parte
    si trastulli nei laboratori
    con sofisticati agenti patogeni
    in fuga anch'essi dalla finitezza.



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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    fabella
    Post: 2.890
    00 14/03/2020 07:50
    Antonio Fabi



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    V ile assassino di gente indifesa,
    I nfame sgherro dal trucido volto
    R esti nell’ombra e colpisci a sorpresa.
    U omo, sta in guardia: non durerà molto,
    S e sarai tu a non firmare la resa.


    ACROSTICO ANTIPANICO SECONDO

    C orona in capo ed in mano il pugnale,
    O stenti ancora grinta e sicumera
    V erso i deboli e chi non scorge il male,
    I nsinuato da te, bestiaccia nera.
    D uro lo sei, ma non sei immortale.
    D unque, inizia a pensare alla tua sera:
    I l tuo tramonto si vede da un pezzo,
    C ederai, quindi, benché a duro prezzo.

    I tuoi artigli han ghermito i Catai,
    A ddentrandosi poi nello Stivale,
    N on risparmiando al Mondo lutti e guai,
    O rchestrando un programma criminale.
    V enne, in soccorso tuo, qualche potente;
    E ppure, a conti fatti, sei perdente.



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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    fabella
    Post: 2.891
    00 14/03/2020 07:54
    Yok Lux



    toc toc

    chiuso in casa
    senza gatti e
    senza cani
    forse con un millepiedi
    una blatta giovane
    un moscerino
    una mosca
    una zanzara senza puntura

    gli animali in cattività
    disposti come la natività:
    c’è calma e sangue freddo

    è una società malata
    dove non si muore mai
    solo numeri per i dispiaceri

    più urgenti che passano
    come il grasso spazzato via
    dalle padelle

    con due uova fritte
    rimaste
    sulla bocca dello stomaco.

    ma certo. certo che m’importa
    di voi. intitolatemi
    nel frattempo
    una via del centro storico

    dove si va a canzonare
    i poveri globalizzati.

    io ne perderò le chiavi
    e chiamerò zingari
    barboni e muratori
    che non costruiscono
    più case di marzapane.
    toc toc sono il lupo
    cattivo.
    [Modificato da fabella 14/03/2020 07:54]



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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    fabella
    Post: 2.892
    00 22/03/2020 08:06
    Maria Grazia Calandrone

    La casa

    Senti come funziona la casa che amavi. Le resistenze elettriche
    vibrano negli astucci
    di polietilene, le condotte
    fiottano. Analizza l’amore
    che le cose ti portano. Le superfici
    lisce, non intaccate. Esse
    sono vicine, disponibili. Analizza l’amore
    che le cose ti portano ancora. La durezza concreta degli smalti. I solventi, le cere
    sparse sui legni di una nave affondata
    nel cielo. Io
    diffuso
    nel corpo collettivo vulnerabile.

    Morbilità. Guerra
    dall’invisibile. Tutti dicono
    guerra. Il nostro primo scontro planetario
    non l’avevamo immaginato così. Resistenza immobile
    contro un unico sciame. In assenza di corpi, il corpo urbano è
    astratto, scarnificato. Paesaggio con sirene,
    uno sconcerto
    inferto
    al corpo comune. I palazzi sporgono dall’asfalto
    come fenomeni del Pleistocene.
    Le costole fluttuanti della Tangenziale, il gran riso sdentato
    del Colosseo, riso totale
    dell’arcata dentale
    con gli alveoli vuoti. Rictus
    prestorico, cava del sogno di maschere severe del futuro.

    Adoperano strumenti simili a quelli del verderame, per nebulizzare le strade
    con un amalgama di acidi
    iridescenti. Metti il corpo lavato nell’aria. L’aria
    è un reagente, si addensa
    quando tocca una corolla. Riconosce la vita, l’
    accarezza. Anche questa
    che muore da sola. Intorno ai polsi
    ha un’estate in rovina.
    Quando l’alieno sarà stato esposto
    alla coscienza, verrà ingoiato nell’indifferenza della storia
    insieme all’immodificabile ammontare
    dei morti. Quello che brilla, mi dicevi sempre, non ha fine.
    Il lavandino, una stella.

    Ci orientavamo nello spaziotempo dei pomeriggi
    filando dietro al suono di ogni nome
    aperto dal dialetto come un’arancia. Sentivamo di essere vicini
    al punto di rottura di un sistema, un ingranaggio asciutto
    che non vale la pena definire ancora.

    Borchie e lastre. Nei fatti, tutto è fermo
    come da un blocco di paesaggio sognato.
    Ma è passato talmente tanto tempo
    e a non avere fine non sono state stelle
    né pianeti, sei stata tu: a non avere fine
    sono quelli che fanno brillare
    il mondo dentro il suo mero essere
    questo silenzio ampio, domenicale, con la voce che chiama
    dalla cucina.

    O dalla fine del mondo, è lo stesso, se a chiamare è la voce
    di chi governa fino a tarda sera
    e poi
    cede al futuro, che è una conchiglia di memoria, lo splendore promesso
    quando ogni mattina mi posavi
    una tazza di latte sul comodino.



    "Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)