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Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

la poesia di Malos Mannaja

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    fil0diseta
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    00 14/07/2020 07:43


    vagare immobile
    sottotitolo esplicativo: sfasature

    soltanto quando avrai le mani
    mi accarezzasti lentamente
    – il tempo passa –
    frattanto è resa amara
    ogni vaghezza

    il pannolone ha l’alito
    che sa di merda
    ma qui non c’e nessuno (che protesta)
    resti piegato inerte sulla carrozzina
    resti umani




    ***

    sublimazioni

    c’ero e non c’ero
    astratto arrampicato al cielo
    mangiavo le albicocche
    del frutteto, nascosto tra le fronde

    d’un tratto le formiche
    lanciarono l’allarme picchiettandomi
    le zampe delicate su un orecchio:
    passi furtivi in avvicinamento

    balzai fulmineo giù dal ramo
    e corsi così in fretta verso il bosco
    che il contadino mi sparì
    con il fucile
    (a sale)



    ***

    in questa storia

    in questa storia
    sono rimasto senza mani
    e scrivo con i piedi
    come sempre.
    riesco lo stesso a carezzare il cane
    col pensiero, tanto che un passante
    mi osserva con palese
    ammirazione.
    arrivo puntuale sul lavoro
    stringo l’assenza ad un collega
    e mi sistemo in sala conferenze
    dove il gran capo tiene
    un’orazione.
    quando finisce, scruta contento la platea
    gorgheggia “buon lavoro” e poi
    scende dal palco.
    io batto il vuoto, finché
    non esce da una porta laterale.

    in questa storia c’è una foglia
    in cassintegrazione.
    così è salita sopra un albero
    decisa
    a fare un salto giù da un ramo
    sebbene è primavera.
    la foglia ha cinque punte
    e sta su un acero montano
    che odora di bagnato.
    un vento freddo le schiaffeggia
    il volto e allora trema
    (come una foglia).
    purtroppo non ha più la forza
    di sentirsi utile
    così si sporge sempre un po’ di più
    nella vertigine.

    arrivo nel parcheggio.
    ho l’auto sotto un acero
    e intanto che la apro
    dall’alto viene giù una foglia
    volteggiando.

    mentre la guardo, il vento
    me la sbatte quasi in faccia,
    così riparo il volto con un braccio

    la foglia si dispiega e grida:
    “batti cinque!”



    **

    deriva del mondo

    “sei fuori luogo” – disse il buio
    e spinse gentilmente il nulla
    in un altrove
    privo di pesci clandestini
    senza bisogni da nuotare
    in fondo al mare

    il vento carezzò
    l’odore della carne secca, sotto sale
    coperta di escrementi
    sul gommone

    la notte chiuse gli occhi
    e poi s’addormentò


    qualcosa

    sfoglia i giornali vecchi, enzo
    mette da parte il fatto, la repubblica, la stampa,
    vecchi di mesi e d’anni
    per leggerli di nuovo non appena.

    si accomoda in poltrona, nel salotto
    cerca la svolta che riguardi tutti
    volta le pagine a ritroso, che virano al giallastro
    incartapecorite al tatto.

    trova la morte sui gommoni
    il ballo del potere, le logiche di convenienza
    anse che battono notizie ad arte
    lucciole, lanterne…

    dev’esserci un qualcosa che gli sfugge
    un dato che si annida tra le piaghe, zitto zitto
    così gira le pagine, le gira e le rigira mille volte
    quasi facendo perno su se stesso

    pian piano incanutisce di concetti
    vivendo una sua idea di vita più che eventi
    si abita a parole in cerca di chiarezza
    ma non l’incrocia mai, per strada oppure al bar

    ieri gli è parso
    d’essere quasi giunto alla scoperta
    leggendo e rileggendo in successione
    paragrafi distanti

    oggi ticchetta con le dita sopra il tavolino
    scorre notizie che sconfessano quelle di ieri:
    fortuite circostanze?

    sospira e come sempre si dirige alla finestra
    s’affaccia e scruta il cielo per vedere
    che tempo fa





    presenze

    c’è un’ala di gabbiano in queste righe
    o meglio la parola che la abita,
    poco più oltre c’è una virgola
    e pure la memoria di un qualcosa
    precedente…
    (magari è proprio l’ala di gabbiano
    che batte il tempo inteso in altro senso
    non tanto pioggia o sole all’orizzonte.
    chissà se enzo l’ha capito).
    se in questo verso
    mi soffio il naso e guardo il fazzoletto
    lo trovo pieno di parole:
    quelle ci sono sempre, come il mondo
    anche se a volte
    spariscono in un soffio
    piuttosto, cosa manca?
    manca un bambino che si esplora il naso
    nell’ombra di un cespuglio mentre gioca
    a nascondino, poi esamina le caccole
    rimaste sulla punta delle dita
    e se le mangia.
    invece c’è, proprio nei versi precedenti.
    allora, forse, manca il sangue, la rivolta
    il sacrificio umano per un ideale
    la morte che s’abbatte su un bambino
    passato qui per caso.
    invece c’è anche questo, a corpo testo.
    insomma, sembra non manchi proprio
    niente perché qualunque cosa
    è nella riga sopra
    e quello che non c’è
    possiamo ancora scriverlo


    fil0diseta_______________________________________________________________________________________________________
    Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
    (Antonin Artaud) 
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    fil0diseta
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    Amministratore forum
    00 14/07/2020 07:44

    “c’è un’ala di gabbiano in queste righe / o meglio la parola che la abita”
    scrive malos, e quest’ala di gabbiano, che si porta-solleva la parola,
    “che batte il tempo inteso in altro senso” rispetto a quello puramente meteorologico, è il movimento di questa poesia, a partire da un tempo futuro (“quando avrai le mani”) che è subito passato (“mi accarezzasti”), a partire da un tempo che “batte il vuoto” (nel senso doppio di vincere e di scandire) e che è capace, mentre passa, di r-accogliere il passato per di nuovo sollevarlo e renderlo possibile.

    Il gabbiano di malos non parte, come l’albatros di Baudelaire, dalla sovranità dell’alto, per rimanere invischiato e impotente al freddo sulla terra, ma alla terra già profondamente assomiglia, ne è già impregnato.
    Il suo fremito, infatti, al pari dell’alito che esala dal pannolone, “sa di merda”,
    dalla merda si alza e ritorna, e ogni volta è una storia che pare vecchia e vinta, con poca o nessun’altra logica se non quella “della convenienza” (sociale, economica, ma anche genetico-fisica della specie); una storia alla quale parrebbe manchi “la rivolta”, confinata com’è nel “c’era una volta”.

    Ma se la storia è confinata, la parola anche se muta, è libera; libera di essere doppia, di essere alta e bassa. Il verso di malos (come lessico, sintassi, ecc…) è infatti generalmente piano, ma sprigiona il suo suono nelle tante strade che dissemina e interpreta.
    Certo, lo straniamento che ne discende è anche un gran buon palliativo, ma non solo. Si prendano, ad es., gli incipit alla “c’ero e non c’ero”, al “sei fuori luogo”: sono inizi e indizi di “sublimazioni” o di “deriva dal mondo”, ma che, proprio perché derivano dal mondo, frustrano l’aspirazione a staccarsene. Così il “malessere” (il male di essere ) rappresentato da queste poesie non è mai astratto, anzi è bene (anzi è il male) in carne ed ossa, con tutta la propria storia annessa.

    “piuttosto, cosa manca?” si – e ci – chiede malos nell’ultima poesia,
    e prima di rispondere e confermare con il bellissimo finale: “insomma, sembra non manchi proprio / niente perché qualunque cosa / è nella riga sopra / e quello che non c’è / possiamo ancora scriverlo”, dissemina le righe di tante congiunture, tragiche eppure dette in modo leggero e partecipatissimo, avvalendosi spesso di immagini di gioco, di bambino e vecchio.
    In esse chi cerca, trova….: la vita, quella vera, non importa quanto piccola o in poesia. Vera come quella portata dalla figura del (in) minuscolo enzo che , sfogliando i giornali vecchi come fossero nuovi, trova-prende “lucciole, lanterne”, invero “notizie”, a loro volta nuove o “incartapecorite”, vive o morte.
    E non c’è solo enzo, perché in contrappunto, enzo evoca altro. Un altro lettore, per es, magari proprio quello che, appagato dall’avere un lanternino, sta a leggere e a guardare; un’altra storia pure, magari quella in cui “[…] c’è una foglia / in cassintegrazione. / così è salita sopra un albero / decisa / a fare un salto giù da un ramo / sebbene è primavera”.
    C’è dunque e pienamente la foglia in queste poesie: una foglia che cade, perché non mangia o non si fa mangiare, o perché, come enzo, ha “un’idea di vita” più che del vivere la vita, e per questo “si abita a parole in cerca di chiarezza/ma non l’incrocia mai”.

    Una foglia che, comunque vada, cade, ma che, mentre rimane, c’è, non manca, consegnando all’umano il “bambino che si esplora il naso” o l’autore stesso a farne il paio (quando, al modo stesso del bambino, va a(l) naso, esplorandone il senso, trovando: “il fazzoletto è pieno di parole”).
    Quanto è bello, allora, infine, che l’autore venga a testimoniare: ”quelle [le parole] ci sono sempre, come il mondo / anche se a volte / spariscono in un soffio”!
    Queste poesie lo affermano, e rimangono, non solo dopo, adesso.

    margherita ealla
    [Modificato da fil0diseta 14/07/2020 08:04]


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    Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
    (Antonin Artaud) 
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    fil0diseta
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    00 14/07/2020 07:49

    bio degradabile
    malos mannaja è un nano abitante del pianeta terra. nacque un bel po’ di tempo fa e, nonostante tutto, in qualche momento ha l’impressione d’essere ancora vivo. di lui qualcuno dice che sia un buon contadino, un discreto padre di famiglia, un medico mediocre e un pessimo scrittore. tutti coloro che s’intendono un minimo di letteratura, comunque, escludono categoricamente che possa essere definito poeta. è evidente, dunque, che in questo contesto abbia ragion d’essere soltanto come “nano da giardino”. ha scritto numerosi romanzi e centinaia di racconti, rifiutando le offerte di mondadori, einaudi e feltrinelli, per portare avanti la filosofia della scrittura copyleft. di recente, insieme a un manipolo di generosi collaboratori, ha messo in piedi una biblioteca copyleft, liberamente fruibile all’indirizzo: https://copylefteratura.wordpress.com
    in caso di cose da dire all’autore, potete contattarlo per mail: malosmannaja@libero.it


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