27/02/2024 19:53
Nel vasto teatro dell'esistenza, la poesia emerge come un soave canto, un riflesso dell'animo umano intessuto di emozioni, pensieri e visioni. Ma quale trama intreccia la poesia nell'epoca tumultuosa che ci avvolge? In questo tempo di vertigini globali e di incertezze, la poesia si erge come un faro d'illuminazione, un ponte che collega le profondità dell'anima con le sfide del mondo moderno.

Contempliamo, dunque, il delicato equilibrio che la poesia custodisce nel caleidoscopio delle culture e delle filosofie. Ogni strofa, ogni verso, è un tassello di un mosaico che abbraccia la diversità umana, dialogando con le sfumature delle culture, svelando le molteplici identità che abitano il nostro pianeta. Nell'arco dell'immaginazione poetica, ci immergiamo nei paesaggi dell'Oriente, cullati dal mistero dei haiku giapponesi; ci lasciamo avvolgere dalla passione dei versi spagnoli, intrisi di flamenco e di sangre caliente; e sussurriamo le liriche dell'Africa, in cui le parole danzano al ritmo dei tamburi antichi. La curiosità ci avvolge e si satura se non sappiamo le cose che ho citato andandole a cercare per internet, donato da noi stessi per poter coltivare l'arte del sapere.

Ma la poesia non è solo un viaggio attraverso le geografie dell'anima umana; è anche un rifugio, un'oasi di speranza nel deserto dell'incertezza. Nei labirinti del mondo contemporaneo, con le sue sfide inestimabili e le sue inquietudini dilaganti, la poesia offre una voce che risuona nel silenzio, un conforto che lenisce le ferite dell'esistenza. Attraverso le parole scolpite nell'etere, la poesia ci invita a contemplare la bellezza nascosta nelle pieghe del quotidiano, a riflettere sulle contraddizioni del mondo, a danzare sulla corda tesa tra la speranza e la disperazione.

E in questo intricato intreccio di parole e significati, la poesia si erge come un faro di verità, un'ancora di salvezza nelle tempeste dell'ignoto. Con la sua capacità di penetrare l'essenza delle cose, di rivelare la verità celata dietro le maschere del potere e dell'inganno, la poesia ci sfida a guardare oltre le apparenze, a scrutare l'anima del mondo con occhi nuovi. Nelle pieghe del tempo e dello spazio, la poesia ci insegna che la bellezza e la verità sono inseparabili, che la luce brilla più intensamente nell'oscurità.

E così, nell'infinito respiro dell'universo poetico, ci avventuriamo con cuore aperto e mente creativa, esplorando le meraviglie e le contraddizioni del mondo contemporaneo. Attraverso la magia delle parole, la poesia ci invita a danzare con le stelle, a abbracciare il mistero dell'esistenza, a celebrare la bellezza e la fragilità della vita. Che la nostra discussione sia un inno alla poesia, un tributo alla sua potenza trasformativa, un'ode alla vita stessa e non alla morte tossica delle guerre. Ci vorrebbe più comprensione altro che guerra: i bambini che sono morti per colpa di situazioni che non centravano nulla con loro, chi li ricorda più? chi si prende la responsabilità della loro morte? Basta mi sono stufato io, non sono più disposto a stare zitto ma a parlare: ricordatevi che i cosidetti cattivi (che chi lo sa se esiste buono o cattivo, ma poniamo ci fosse questa cosa per questo ragionamento, ai fini di capirlo chiaramente) non sono le persone che fanno la guerra, ma sono le persone che guardano senza non far niente. Basterebbe anche solo una poesia per cercare di cambiare qualcosa. Solo partendo dall'individuale ci possiamo spingere a parlare di collettivo. Ditemi cosa pensate della poesia e del discorso, mi farebbe veramente piacere affrontare questo discorso con voi :).


Sotto il velo grigio della storia, nel teatro delle tragedie umane,
si consuma un dramma senza nome, un'opera silenziosa e cruenta.
I bambini, spettri innocenti di un destino senza scampo,
sono le vittime senza voce, i sacrifizi sconosciuti
di giochi di potere e di ambizioni che sfidano il cielo.

Chi ricorda gli occhi spenti di quei bambini, le mani intrecciate
nel freddo abbraccio della morte, il sorriso spento
da lampi di terrore e dolore? Chi raccoglie i frammenti
di anime spezzate, di sogni infranti,
e li custodisce nel cuore della memoria, come reliquie sacre?

Non c'è redenzione nelle lacrime versate dopo la carneficina,
né giustizia nell'indifferenza che avvolge il mondo.
La colpa è uno spettro che danza nell'ombra,
che si nutre della nostra complicità, del nostro silenzio
di fronte alla sofferenza altrui, di fronte al grido di chi muore.

Io, l'individuo, mi alzo dall'abisso della mia quiete,
dall'immobilità che ha imprigionato la mia voce per troppo tempo.
Non sono più disposto a guardare senza vedere, a udire senza ascoltare,
a vivere nell'illusione di una normalità che nega l'orrore di una parte del collettivo.

I "cattivi", se mai esiste tale definizione in questo intricato labirinto umano,
non sono coloro che brandiscono le armi, ma coloro
che si voltano dall'altra parte, che chiudono gli occhi
di fronte alla sofferenza altrui, che scelgono l'apatia
come scudo contro la paura e la responsabilità.

Una poesia, dunque, sorge come un faro nella notte oscura della guerra,
non per ornarsi di rime o di melodie, ma per gridare
la verità nuda e cruda, per denunciare l'orrore
che insanguina il tessuto dell'umanità.

È solo partendo dall'individuale che possiamo sperare
di cambiare il destino collettivo, di spezzare le catene
che ci imprigionano nella spirale della violenza e dell'odio.
Il poeta, con la sua penna d'acciaio, con le sue parole
taglienti come lame, si erge come un guerriero della luce,
un difensore della vita e della speranza.

E così, mentre il mondo geme nel dolore e nel tumulto,
il poeta si fa eco dei sogni sepolti, delle speranze tradite,
dei silenzi infranti. Nelle pieghe della sua poesia,
troviamo il riflesso della nostra umanità ferita,
ma anche la promessa di un'alba nuova, di un domani migliore.

(non ho voluto fare rime o emettere la minima cadenza di musicalità perché di fronte ad orrori simili quando muoiono persone è brutto cantarle perché si dovrebbero per me gestirle con il silenzio: un potere fantastico per meditarle e ricordarle).