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Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

Poesie di Aldo Oliva

  • Messaggi
  • filodiseta
    00 05/05/2007 14:02
    Conoscevo Aldo Oliva come "qb": aveva generosamente commentato alcune mie poesie sul blog "The Cats Will Know", dal quale ho trascritto queste sue da proporre alla vostra attenzione.

    Aldo si è spento il 30 Aprile scorso all'eta di 50 anni.






    Per cena, la carcassa d'un amore

    Con la rabbia

    d’una tigre bengalese

    ho cercato

    la giugulare del tuo amore



    ed aspettato impaziente

    passassero i rumori del traffico, l’ora di punta,

    le ronde dei poliziotti di quartiere,

    le extrasistole del mio sismografo



    per poter finire, con calma,

    il mio pasto.

    _________________________________________________________________


    Comparazione delle maddalene

    Non mi toccare maddalena,

    che ora mi scorre vapore fra le dita

    ed ho collocato la tua foto lontana

    nel rispetto dell’editto di Saint – Cloud



    non ti disturbare per i miei occhi feriti

    da questo anticipo inquinato di primavera

    che sfila sotto i portici bolognese

    e risparmiami, se puoi, la tua

    weltanschaung

    difficile da pronunziare persino

    dentro una poesia



    prendimi solo la misura delle scarpe

    per le prossime milonghe

    e benedici

    anziché cercar benedizione,

    che il tuo ventre è ancora asciutto

    e non sai imitare la postura delle madri



    non toccarmi maddalena,

    che non intendo danneggiare

    la trabeazione del tuo tempio,

    solo trovare un posto in ombra

    per controllare gli addominali non più piatti

    e la durezza delle anse intestinali,

    prima d’uscire alla luce e ritornare

    bersaglio dei cecchini,

    prima dell’inevitabile persistenza

    d’un sapore salino sulla pelle,

    prima che il tardi si trasformi

    in un codice binario



    no, non mi toccare

    anche se hai cambiato volto e nome,

    che non posso trovarmi ancora

    le vene spezzate per parole

    che non riesco nemmeno a pronunziare,

    che, come nel finale d’un brutto film,

    mi sento finalmente orfano.

    _________________________________________________________________

    Titoli di coda

    Appena spento

    il suono dei violini,

    nell’aria rimane il ricordo

    d’un do

    ed il respiro d’un vecchio,

    stomaco pieno d’aria

    e camicia sporca di fernet,

    intento a masturbarsi

    mentre cerca nel doppio fondo del cuore

    un’immagine di te

    e sa già le strade

    da solcare stasera,

    sugo di tabacco sulle labbra,

    in mano stretta una tua fotografia,

    buona a provocare una bestemmia

    che imbarazza la luna.

    _________________________________________________________________

    Non è la casa di bernarda alba

    Non è la casa di bernarda alba,

    anche se le campane suonano

    per santificare il mezzogiorno

    ed una macchia blu tracima sul foglio



    qui le cose sono state tutte dette

    dall’’alfa al sampi

    ed i muri trasudano umido color vinaccia

    e ricordi prestati dalla strada



    (ed anche tutte scritte per buona aggiunta

    che non si sa più come chiamarti

    e nel cortile non c’è più vladimiro ad aspettarmi)



    no, non è proprio la casa di federico garcia

    qui le stanze sfilano mute in un sonno non di mela

    e quasi dispiace il suono sordo

    di quest’età di mezzo

    che controlla con costanza

    la sufficiente erezione del sesso

    e la buona tenuta della memoria



    qui le finestre restano spalancate,

    in attesa che la luce curva degli shrapnel

    possa far annotare il risultato finale

    di questa guerra dei trent’anni

    (in fondo,un’unica vittima, non c’era bisogno

    di sprecare così tante parole).

    _________________________________________________________________

    Sura della salvazione

    In anticipo sulla preghiera della sera,

    un crepuscolo azzurro cupo

    nasconde il contorno avvizzito

    di questi occhi modello mezza età

    ed il pugno che stringe monete di speranza

    in conio sconosciuto



    perché ti cerco anche qui,

    fra ricordi d’uccelli accucciati sui nilometri

    e minareti elettrificati per accordarsi

    alle sorti magnifiche (e progressive?)

    di questo millennio



    ti cerco per salvare me e non solo



    che anche se sordo da anni,

    ti offro i vestiti e le mani,

    in cambio del mio udito nuovo

    e d’un bisturi sicuro e preciso



    scegli pure il tuo nome

    dopo questa sura

    ed anche un altro per me



    se scivolerà indenne

    questo venerdì dal numero indigesto,

    m’unirò all’ultimo urlo del muezzin

    che termina la preghiera della sera.

    _________________________________________________________________

    Venti anni dopo Robinson

    Ed ora, Robinson, che sono arrivati i barbari

    e non avrei vergogna

    a piantarti addosso una poesia?



    niente più cornetti letterari a colare crema nella notte,

    nihil sub sole novi



    niente tradimenti (i miei) e pene d’amor perdute (le tue)

    a separarci, ma solo terra e terra



    [ fuggito nella marca dei montefeltro,

    spiegò con inesattezza la vicina,

    non comprendendo l’horror vacui nei miei occhi

    ed il cattivo presagio delle nuvole bombardiere

    in avvicinamento rapido alla città ]



    bisognerebbe far presto, Robinson,

    per non trovare buchi neri negli annali



    prima che scompaiano i comunisti in velluto beige,

    le donne ritrose a ballar stretto,

    i vecchi soci d’affari



    bisognerebbe far presto,

    scambiarci di nuovo indirizzi e foto,

    segnare con il gesso il ponte dell’accademia



    perdonare quel che c’è da perdonare, amen



    che qui, non vedi, ci hanno circondato i barbari,

    qui viviamo in stanze con finestre troppo strette

    per i tuoi chili (ancora cento?) e le mie malattie

    un poco immaginarie,

    qui hanno rubato anche l’inverno

    e violentato donne che pensavamo nostre



    ed allora, Robinson, ho pulito il giradischi ed il fucile

    e t’aspetto alla curva delle scale



    per appoggiarci ancora spalla a spalla,

    gli occhi asciutti a scrutare dietro il tramonto.



    (a Stefano, che sarebbe piaciuto a Celine)



    [ROBINSON

    Non trovo più foglietti nelle tasche,

    Robinson,

    da quando sei andato via

    portandoti dietro il diluvio,

    lasciando tracce di bombe

    nel cortile ed un disco,

    che continua a suonare

    una vecchia canzone

    che non sai.

    1987 – Ed. Illibroitaliano 1999]

    _________________________________________________________________

    MACCHINA D’OSSA (poesia dal titolo spudoratamente copiato)

    Stanco ancor prima di cominciare,
    con un dolore all’ altezza delle scapole,
    lì, dove una volta erano le ali

    osservo i rimasugli di questa colazione,
    ed annoto mentalmente il resoconto
    dei disastri quotidiani,
    mentre con la mano allontano il fumo
    e penso che non posso, I can’t, ich kahn nicht,
    essere una macchina d’ossa da guerra e
    continuare ad avere negli occhi
    le strie di sangue che avanzano dal televisore,

    che sarà pure una primavera invincibile,
    ma odora di fango e cordite

    e non è in vista nessuna madonna del pozzo,
    né aleggia nella testa il ricordo di alcuna
    canzone di Waits.

    _________________________________________________________________

    HYPNOMACHIA

    Questa è la terra dei miei teschi

    e non serve scriverla in versi alessandrini



    non è qui il grande romanzo americano,

    solo movimenti rapidi degli occhi

    in cui inquadro a malapena

    galli da combattimento e vicoli Toledo



    è la terra dei miei teschi,

    dove brindo con misture di lexothan

    e negroni



    e le lenzuola sono maltrattate

    dal calore sputato dall’asfalto

    e dal sesso che, come stazione del calvario,

    la mano sfiora,

    proprio nel mezzo dell’ipnagogica convinzione

    che sia tu

    a guidarmi dentro il tuo calore



    non è la notte di San Lorenzo,

    solo un’alba incerta

    dove il camion dell’immondizia in frenata

    spezza un sogno che devo ricordarmi di ricordare



    non è una visita al reliquario del santo,

    solo un passaggio rapido nel chiosco dei morti,

    con, nelle orecchie, il rumore di fondo

    prodotto dallo strato sottile dell’atmosfera

    ed intorno, le spaesate figurine da presepe

    dell’agosto bolognese



    passata la domenica di festa,

    è questa la mossa d’apertura – di cavallo, ovvio-

    della mia traumfabrik,

    l’andirivieni di puttane, passi ipocondrici ed assassini

    nascosti nelle pieghe della dura madre,

    cui non posso rinunziare nella terra dei miei teschi.

    (scritta nell'agosto di due anni fa visitando la chiesa di san francesco della città ove da domani andrò a vivere)

    _________________________________________________________________

    Civico 42

    Tornato alle occupazioni solite

    -dormire, mangiare, annuire, annoiare-

    e rinnovato il permesso di soggiorno ai miei occhi



    ho allineato preposizioni senza virgola

    e congiunzioni in fila,

    un orecchio sul cuscino, l’altro attento

    al vibrare della finestra al passaggio dei treni,

    nel buio cieco che precede il rondò della sveglia



    wake up, wake up little boy

    le occupazioni solite

    -stirare la schiena, ignorare il dolore,annusare il caffè –

    t’aspettano,prima di poter provare, ben

    pettinato e rasato,

    l’esatto

    sguardo a prova di specchio



    necessario per dire quanto non ne possa più

    di quel che dicono i poeti



    e ritrovarmi ancora immerso nei lavori in corso

    di questa casa da riempire di mobili e parole,

    senza far caso ai muscoli che tirano

    od ai sobbalzi non preventivabili del cuore



    e terminare una canzone d’aprile

    scritta a novembre,

    giusto in tempo per correre a depositarla

    sul primo scalino del tuo portone.

    _________________________________________________________________

    Niente baci sulla bocca

    Spenta la mezzaluna,

    non mi resta che scrivere il silenzio

    e decifrare ricordi

    in caratteri braille



    infastidito dal viavai

    di facce gonfie di acidi urici

    e dalla polvere che ingombra la città



    e (per scrivere il silenzio)

    non presto il corpo alla luce,

    confinato nelle ore che precedono l’alba

    insieme alle zanzare



    la porta semichiusa

    per non incoraggiare troppo

    ospiti improvvisi



    ciononostante,



    passaste di qua,

    potrete di nuovo prendermi,se volete,

    ma, per favore,

    niente baci sulla bocca.

    _________________________________________________________________

    Ghost tour


    Dopo tanto viaggiare,

    negli occhi c’è solo una valle

    di conifere, vuota d’animali

    ed il tempo perduto

    a progettare vacanze in Spagna e

    coltivazioni d’amminoacidi

    e lillà



    e l’esercizio circense

    di tenere perle fra i denti



    ed allevare un leviatano

    che scalcia gli stinchi ed il ventre,

    mette sale sulle ferite e

    sabota i tralicci della tensione

    di questo vaso di pandora

    che pompa sangue acido

    e rimasugli di cibo



    di questa casa galleggiante

    sotto pelle,



    ancora intenta a rimirare

    la giacca a tre bottoni

    che indossavo

    il giorno in cui ho perso

    la verginità.

    _________________________________________________________________

    Rivisitazione del carme presunto

    Riesco a capire chi ha cercato sirene

    od inseguito fantasmi di versi

    fra Plaza Cortazar (già Serrano)

    e Avenida J.L. Borges ( già Serrano tambien)



    meglio che ritrovarsi eroe

    di scarsa fortuna

    dove il silenzio è un gigante mancino

    con un fastidio al metatarso

    e la chiusa dell’Aniene

    getta riflessi marroni sull’asfalto



    dove non ci sono suoni d’angeli

    da avvicinare con cautela,

    né canzoni che non temono l’inverno

    o camicie bianche di dolore



    dove navi non ne partono più

    e gli etimi incerti di ogni amore

    riempiono cassetti e cappelliere



    meglio, molto meglio, che lavare le strade

    con tentativi di poesie

    che aspettano il proprio plotone d’esecuzione

    o fissare, non ricambiato, il tramonto



    già, riesco a capire chi ha cercato sirene

    piuttosto che rotolarsi in un’altra bugia.

    _________________________________________________________________


    Diluite queste tra le vostre letture: conservo le altre da pubblicare più avanti.





    per lui, la mia preghiera. daniela [SM=g27999]

  • OFFLINE
    walter.w
    Post: 17
    00 09/06/2007 16:59



    Sono molto intense e ricche di cultura.


    Solo che io mi sono posto sempre un dubbio verso questo modo di scrivere che, secondo me, si può sintetizzare così: "Io sono colto ma mi spoglio apparentemente della mia cultura”.

    È per me un approccio non-sincero verso il lettore, a meno che io voglia dire: Oggi è tutto un mondo di apparenze, come io ora ti mostro, basta formalizzare tutto e dargli una forma che si rispetti a che diventi valida e, quindi, omologabile.

    Questo è un ossimoro. Una falsità ideologica, secondo me.

    lì o è filosofia o è poesia, altrimenti come sembra è soltanto un ibrido.



    Tradurre in chiave moderna il canto di un pastore errante, può essere un esercizio di logica, più che di cuore.

    Occorre certo una totalità, in questi poeti, che afferri tutti i loro sensi per navigare questa comunicazione difficile. Ma mi chiedo: a cosa serve tutto questo se a me non piace la sintesi tra Leopardi e Platone?

    Io preferisco leggerli entrambi e separatamente secondo i miei diversi stati d’animo, e non in un racchiuderli entrambi in una sintesi, e poi poter dire: questo è mio, questo sono io.




    Vorrei chiedere a te, filodiseta, dopo aver letto queste poesie e quanto dice Arnaud nel tuo post, a quale conclusione arriveresti.

    Grazie.

  • firstlast
    00 09/06/2007 19:27
    No Walter, non sono d'accordo.
    Premesso che, a mio avviso, la lettura dei classici è un "esercizio" necessario al "poeta" quanto lo studiare la storia bizantina o pre-romana al matematico, ciò non toglie che ognuno di noi è la sintesi, quasi inevitabile, della miscellanea dei pensieri che impregnano le nostre letture, con l'aggiunta di una personalizzazione dovuta al carattere ed ai gusti personali, in sostanza, si esprime la sommatoria delle proprie conoscenze, indipendentemente dalla propria volontà.

    Ciò detto, l'esposizione culturalmente ricercata o immediatamente fruibile di un qualsiasi testo, è frutto di un percorso culturale del quale probabilmente non esiste una meta, ma che ad ogni tappa intermedia rappresenta la liberazione o l'ampliamento delle vedute e degli schemi precedentementi costruiti; salvo rare eccezioni, ciò che siamo non è ciò che vorremmo essere, se questo nella vita rappresenta una condizione essenziale al miglioramente di sé, nell'arte rappresenta quella spinta senza la quale ci sarebbe piattume ed omologazione. La ricerca della personalità (anche quella letteraria o poetica) passa attraverso lo stadio del "mito" e della emulazione. E' come un vestito che scegliamo in base al colore, al taglio, al tessuto, all'occasione in cui indossarlo, ma la principale caratteristica è sempre quella di attagliarsi alla nostra conformazione fisica(mentale nel caso della poesia).

    A me piace il tuo modo di scrivere versi? E' inevitabile che attinga da te quelle caratteristiche che sento più consone alle mie ambizioni letterarie. Se poi anche Alfieri riesce a catalizzare la mia attenzione è altresì inevitabile che la risultante sia un ibrido, tanto più inconcepibile(agli altri) quanto più le loro preferenze letterarie si indirizzano su differenti correnti (poetiche/letterarie).


    In conclusione:

    non credo sia necessario ogni volta che si legge un autore cercare le influenze dei classici,( è la cosa che mi inorridisce ogni volta che leggo un commento, perchè quello sì che dimostra uno sfoggio inutile e saccente di cultura), i testi, gli autori, soprattutto quelli contemporanei, dovrebbero essere accettati (o rifiutati) per quello che riescono ad esprimere o a non esprimere (che poi è, probabilmente, lo stesso concetto) e se contengono della filosofia ben vengano dato che, se giudicati troppo difficili, si hanno due scelte: approfondire la conoscenza o accantonarli come inadatti al nostro livello culturale. Questa scelta dipende dalla volonta e dalle capacità del singolo individuo. (Io, notoriamente molto pigro e tremendamente ignorante, quasi sempre propendo per la seconda delle due). [SM=g27995]



    Leonardo


    Modificato da firstlast 09/06/2007 19.30
  • OFFLINE
    walter.w
    Post: 23
    00 11/06/2007 08:21


    Non è questione di classici, ma solo di profondità del pensiero e del sentimento, i due lobi diversi della nostra mente, Leonardo.
    La sintesi non approfondisce ma appiattisce solo su una matrice comune due situazioni estreme, nel caso: il pensiero speculativo e il pathos poetico, fornendo un prodotto più fruibile a tutti ma privato delle essenzialità più profonde e sensibili alla partecipazione delle due diverse sensibilità della mente e del cuore.
    Ne esce una medietà che, per me, non accantenta nessuno, né il filosofo, né il poeta.
    Se la tematica è quella di rappresentatre la nostra epoca mediocre, sintetizzata dalla contaminazione, a livello superficiale, di più discipline, ne diventa un'opera d'arte, altrimenti non so.




  • firstlast
    00 11/06/2007 10:47
    Walter,
    in generale potrei essere d’accordo con quanto affermi, ma solo se partiamo dall’ipotesi di considerare quella tua “matrice comune” in un ambito bidimensionale, dove le uniche coordinate restano arte(poetica) e filosofia. Tu parli di appiattimento del pensiero speculativo e del pathos poetico in una sorta di riassunto immediatamente fruibile, ma trascuri, a mio avviso, una componente essenziale che ritengo possa essere la nostra terza dimensione e cioè la componente della genialità, della originalità.

    Non credo sia positiva la generalizzazione tout-court, non si può tralasciare il fatto che sia la poesia che la filosofia concorrono allo stesso fine: la conoscenza, che nel caso della poesia rappresenta una mediazione (mezzo con cui si arriva alla conoscenza) tra la percezione fisica, materiale, morale, trascendentale e l’emotività.

    Anche i tuoi testi sono permeati di una filosofia che di certo non trovo a buon mercato, né la tua poesia risulta di facile approccio, pur tuttavia ricorri a concetti che mesci a tecniche poetiche ricavandone una "sintesi" che rivela una impronta personale non riproducibile.

    Allora è probabile che filosofia e poetica abbiano il punto di incontro nella originalità, nella sapiente mescolanza dei concetti per arrivare alla riproduzione di nuovi assiomi che non necessariamente debbano rivelarsi astrusi ai più.





    Leonardo

    Modificato da firstlast 11/06/2007 10.48
  • OFFLINE
    walter.w
    Post: 31
    00 11/06/2007 16:09



    Avrai senz’altro ragione, Leonardo, e qui noto ad esempio la diversità dei caratteri e conseguentemente il diverso approccio verso l’Altro; verso l’alterità.
    Nel mio carattere non c’è posto per la medietà delle cose, almeno nell’arte. Focalizzare il micron in ogni campo, è per me esplorare il cosmo intero. Il frattale o l’intero cosmo racchiudono il mistero tutto.
    Se a metà tra il cosmo e noi sulla terra, costruiamo una nostra forma spaziale, e vorremmo decantare quel luogo, a me sembra un qualcosa di inutile rispetto alla totalità.
    Un viaggio sulla luna può interessare tutti: dal geologo all’astronauta, dal ricco che vuole provare l’ebbrezza dello spazio allo studioso di medicina che vuol comprendere se in assenza di gravità il concepimento avviene o no allo stesso modo che sulla terra.
    Solo che se facciamo una sintesi di tutti questi interessi particolari e proviamo a metterli in un unico campo del sapere, uscirà qualcosa che non servirà e piacerà a nessuno.

    Dicono i giapponesi: se agli italiani piace per l’auto il colore rosso, ai francesi il blu e agli americano il bianco, mettendo assieme questi tre colori e pitturando l’auto otterrò un’auto nera che non piace a nessuno. Se invece ne scelgo uno solo dei tre colori, oltre ad accontentare quel popolo, posso trovare anche qualche francese e qualche americano a cui piaccia il rosso.

    È questione perciò di carattere. A me piace enfatizzare la mia differenza, se esiste, anziché cercare, nel campo artistico, la mia comunanza.
    Di comunanza c’è tutto, delle nostre differenze pochissimo; se ne abbiamo di singolarità.

    Questo almeno in teoria. Nell’operare ognuno fa poi le sue scelte, di volta in volta, nel rendersi più leggibile o meno, più accettabile o no.





    Modificato da walter.w 11/06/2007 16.18
  • firstlast
    00 12/06/2007 09:34



    Ma sì, è un po’ la differenza tra l’impiegato del catasto (o il geometra) ed il cartografo dell’IGM. Il primo approfondisce la conoscenza del territorio alla particella ed alla sub fino a determinarne la grandezza in termini di cm e gestirne la destinazione d’uso, il secondo ha la visione d’insieme a partire dal 25000 in su e gestisce il territorio nella sua globalità (studio degli ecosistemi, prevenzione frane ed incendi, determinazione dei siti pluviali, linee spartiacque, rilievi, ecc..).
    Solo che io trovo sinergica la loro collaborazione; non avrebbe senso, infatti, studiare la globalità del territorio se non si conoscesse in maniera approfondita la particolarità del terreno su cui si va ad operare, come non avrebbe altresì senso conoscere approfonditamente un pezzetto di territorio e non avere la visione globale dell’ecosistema dove questi è inserito.