17/06/2007 14:32


Chiarimento del nesso tra il pensare e il poetare




Heidegger pone il problema del suo stesso interpretare il detto del poeta. Bisogna infatti riconoscere che Holderlin, nel nominare l’uomo e il suo abitare poetico, non stabilisce esplicitamente alcun rapporto tra il Bauen (il coltivare e il costruire) e il Dichten (il poetare), e, in generale, parlando del poetare, parla differentemente:


Holderlin, non parla dell’abitare poetico nel modo in cui ne parla il nostro pensiero. Tuttavia noi pensiamo quel medesimo che Holderlin dice poeticamente”.


Che significa questa affermazione? Se viene riconosciuta una differenza, come si può parlare di medesimezza? Ma proprio qui è il punto. Da un lato si dà il detto di Holderlin, dall’altro il tentativo del pensiero; quest’ultimo dice di nuovo e a suo modo (quindi non ripete) il detto poetico. (Non dimentichiamo che l’aggettivo <poetico> deve sempre essere inteso nel senso dell’essenza storica della poesia poetata dal precursore dei poeti in tempo di povertà). Pertanto il pensiero non dice meglio ciò che la poesia canta; tutto quello che può fare è dargli parola diversamente, in accordo, cioè,
con la propria differente essenza. In questo dire diverso consiste il corrispondere del pensiero all’appello della Dictung (il poetare). Ma il pensiero può dire in modo differente, giacché risponde a ciò cui risponde il poetare. Pensare e poetare sono raccolti nel medesimo. Si richiamano già in una Zwiesprache:


Pensare e poetare si incontrano nel medesimo solamente se e fino a quando permangono nella differenza della loro essenza [del loro dispiegarsi, e quindi, del loro essere in cammino]. Il medesimo non coincide mai con l’uguale, e tanto meno con la mera uniformità dell’identico…”


- Il medesimo non può essere l’uguale o l’identico, poiché esso non si lascia afferrare una volta per tutte, ma si dà di volta in volta alla parola in quell’unico modo in cui può destinalmente darsi. L’uguale è sempre il risultato di una cancellazione o di un toglimento delle differenze: esso scaturisce da un concordare che considera la differenza un errore:


“…L’uguale è sempre incline a ciò che manca di differenza, affinché ogni cosa concordi in esso. Il medesimo, invece, è il coappartenersi di ciò che è differente a partire dalla riunione che la differenza stessa opera. Il medesimo si lascia dire solo in quanto viene pensata la differenza…”.


- La differenza riunisce in quanto lascia che i differenti siano. Siccome il medesimo non può essere detto una volta per tutte, esso giunge alla parola mano a mano che la differenza viene pensata come ciò che riunisce i differenti lasciandoli essere. Così è proprio nel conservarsi del differente come tale che il medesimo dà segni di sé.


“…Nella determinazione [nella de-cisione, nella de-finizione] del differente viene alla luce il dispiegarsi riunente del medesimo. Il medesimo impedisce ogni tentativo di ridurre il differente sempre solo all’uguale…”.


- ossia: il medesimo, in quanto riunisce conservando la differenza, costituisce l’unico vero ostacolo alla caduta di ogni differenza nell’uguale e nell’identico. Seguono due affermazioni importanti:


“…Il medesimo riunisce le differenze in un’unione originaria. L’uguale, al contrario, disperde nell’insignificante unità dell’unico unicamente uniforme”.


Che cos’è, dunque, il medesimo? Non possiamo rispondere in modo definitorio. Ma ora sappiamo che in esso è preservata la possibilità di un esplicito incontro dei differenti – incontro in cui essi conservano la differenza assegnata e disposta dalla loro unione originaria. L’indicazione da cui siamo partiti ( “Tuttavia non pensiamo quel medesimo che Holderlin dice poeticamente”) ora parla, forse, più chiaramente: a nostro modo, che è quello del pensiero, siamo vicini a ciò cui è vicino, a modo suo, il poeta. Il medesimo si lascia condurre al linguaggio solo mantenendo in vista la differenza. Non appena meditiamo sull’abitare poetico dell’uomo così come è esperito in Holderlin, appare all’orizzonte ciò verso cui ci muoviamo; è il suo detto, infatti, che apre la via e regge la parola:


Se meditiamo ciò che Holderlin dice sull’abitare poetico, intravediamo una vita mediante la quale, attraverso quello che è differentemente pensato [quello che è pensato nella differenza, appunto, del poetato] ci avviciniamo a quel medesimo che è detto dal poeta”.


Quest’ultimo convoca il pensiero come il differente che si approssima.







G. Zaccaria – L’etica originaria