E’ proprio vero, quando un testo è ben fatto arriva in “profondità” e si riesce a distinguerci la vita o almeno una parte di essa.
Addentrarsi in questi versi è facile, basta lasciarsi andare per immaginazione farsi rapire da quelle.
Ma non è solo nostalgia, c’è anche l’amarezza per qualcosa che sembra lontano, inafferrabile, qualcosa del quale si cerca di definire l’indeterminatezza attraverso il richiamo a figure ed ambienti familiari; una sorta di consapevolezza (quasi pentimento) di aver unito sacro e profano.
Davvero raffinata la chiusa nella quale l’amarezza lascia spazio ad una rabbia contenuta che solo in apparenza può somigliare alla rassegnazione.
Mi strapiace quel “ l’assenza che stringevi dentro al pugno ”; quasi una evocazione dell’inutilità di gesti che alfine si rivelano senza senso essendo finalizzati a colmare il perpetuarsi di una assenza.
Questo e tanto altro ancora si legge in questa stupenda poesia di filodiseta, ma il resto voglio anche io lasciarlo all’immaginazione degli altri lettori, così come ha fatto chi mi ha preceduto.
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Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi