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Laboratorio di Poesia scrivere e discutere di poesia

Dario Bellezza

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    filodiseta--
    Post: 621
    00 14/07/2009 08:11
    Dario Bellezza (Roma, 5 settembre 1944 – Roma, 31 marzo 1996) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo italiano.

    Si impose all'attenzione del grande pubblico con l'Innocenza (1970) romanzo breve con il quale esordì, del quale Alberto Moravia scrisse la prefazione: storia di un'adolescenza tormentata con precise connotazioni autobiografiche. Seguirono i romanzi Lettere da Sodoma (1972) e Il carnefice (1973), ispirati anch'essi alle proprie esperienze personali. Dal 1978 inizia una collaborazione produttiva con Pellicanolibri. Angelo (1979) è una testimonianza commossa al grande amore della sua vita: la letteratura. Successivamente pubblicò Turbamento (1984), L'amore felice (1986) e Nozze col diavolo (1995).

    Anche la poesia di Bellezza si è spesso ispirata a temi autobiografici, fra i quali spicca l'amore omosessuale (vissuto con un sofferto atteggiamento maledettista, nella ricerca ossessiva di un "bellissimo assassino" fra drogati e prostituti), risentendo inizialmente dell'influenza dei poeti simbolisti e dell'opera di Sandro Penna.

    Muore in solitudine il 31 marzo del 1996 a Roma dopo un lunga malattia.





    riporto in sequenza le poesie scelte dalla mia amica Maeba, che ultimamente si è occupata di questo autore

    *



    Forse mi prende malinconia a letto
    se ripenso alla mia vita tempesta e di
    mattina alzandomi s'involano i vani
    sogni e davanti alla zuppa di latte
    annego i miei casi disperati.

    Gli orli senza miele della tazza
    screpolata ai quali mi attacco a bere
    e nella gola scivola piano il mio
    dolore che s'abbandona alle
    immagini di ieri, quando tu c' eri.

    Che peccato questa solitudine, questo
    scrivere versi ascoltando il peccatore
    cuore sempre nella stessa stanza

    con due grandi finestre, un tavolo
    e un lettino di scapolo in miseria.



    E se l'orecchio poso al rumore solo
    delle scale battute dal rimorso
    sento la tua discesa corrosa
    dalla speranza.



    *



    Se un poeta, io, regalo al cupo silenzio
    della notte metà del tempo che m' incalza
    ostinato inquisitore di un corpo
    sbalordito dall'abitudine, decomposto,
    in ansia perpetua di non lasciare traccia
    di sé nei corpi altrui o stampo caldo
    nelle fresche leggere menti adolescenti



    né la Storia, l'ordalia infernale
    dei tiranni assetati di sangue e morte
    non considero, ne viene anzi, rabbia,
    sgomento, urlo lontano nella gola secca,
    pianto sommesso o gridato, abbiate pietà!,
    vi scongiuro, trattenete l'angoscia che sale
    alle mie stanze, feritela, fate qualcosa!
    grida la mia voce isterica e arrotata
    dallo snobismo clientelare con il Diavolo;
    ne viene tutto come meta finale un nulla,
    un ghiacciato nulla senza escrementi
    o virtù viziosa di drogato. Talché scrivo
    in privato, di nascosto, che nessuno sappia,
    per carità, madre di un attimo, amante

    passeggero dentro un treno o una fratta,

    scrivo un testamento o calendario, a seconda
    dei temi giornalieri destinati dal Caso,
    non umili o meschini o facili o malati
    ma sempre datati come ogni cosa deriva
    dall'anno il suo profumo e la menzogna,
    spera di trovare l'occaso salutare
    fuori di qui, terra bruciata, di nessuno
    di là dal mondo certo e pellegrino.



    *



    Racconto l'affamato scontro di due vite
    per impietrare nella vita idiota
    la promessa felice della vittoria
    sul ricordo del lupo e del pugnale
    e voi assonnati adolescenti odorosi
    di fumo presto sfiancati dalla maturità
    rispettate il codice cupo di chi vi volle
    strumento assurdo dell'eternità.



    Il pane muffo e le patate bollite che mangiai
    con uno di voi sonnolento buffone meritano
    la muffa eterna della vigliaccheria o
    la forza della misericordia che s'elimina
    crescendo verso la dolcezza estrema
    del suicidio più lento: vivere.



    *



    Come le stelle da secoli spente
    ancora inviano lor luce splendente
    ai nostri casti occhi che guardano
    la luna e le stelle e tutto
    il firmamento remoto,
    amore solitario
    il tuo pallido ricordo
    arriva in ritardo all'appuntamento
    sperduto nella vastità
    della mia solitudine.

    Arriverà la notte suicidale
    a ricoverarci lo spremuto
    cervello che s'accende ancora
    di questo deserto e spaventoso
    “A presto!”



    *

    Amato o no il mondo era vero
    vero simulacro del fabbisogno di Dio
    sembrava un sogno ad occhi aperti
    occhi aperti sugli abissi e i confini del sonno

    Sogno o son desto era il mio motto
    le parole del cuore consolavano i pianti smisurati
    gli assalti del cuore raggelavano i pieni
    del cinema – la voluttà di baciare
    Liside era spenta nelle braccia della fortuna.
    Chiamate il bisogno – amaro o dolce -
    della carne più sincero di ogni strazio
    e ogni pentimento della ragione silenzio accorato.



    *

    LA PATRIA E' LA LINGUA



    Per una mattina il male e il vero si confondono;
    nessuna bestemmia per l'opera esaurita
    da chi, come me, non spazia più nei sentieri
    della poesia. Forse sbagliai arte, la sovrumana
    fine non cercai con accanimento; non avevo
    mestiere; così passai ad invidiare i pittori.
    Ma quali? I mentali, tutti figurativi
    e anormali, astratti e immaginosi vigliacchi
    nel rifiuto dell'Antico e della Tradizione,

    ma virili nell'accettazione del Caos
    del mondo moderno. Creatori d'immagini, sì,
    beati, mentre il poeta s'arrangia anche
    in estreme parole, afferrando, magra
    consolazione, che la sua patria è la lingua!

    Assassino, scuoti il poeta, discreto infantile
    tessitore d'inganni, scuotilo, con la tua magia:
    fallo fuori con gli occhi della mente bruta;

    calpesta l'orgoglio di chi rimane attaccato
    alla Realtà! La Realtà non esiste, ma esiste
    un mattino in cui ci si sveglierà perfetti
    e ciechi nella ridondanza dei corpi,
    o della loro fresca resurrezione. E noi saremo
    là, angeli di fiamma e ghiaccio, a cantare
    la gloria del Signore per aver saputo
    registrare l'orrore del mondo mendico
    in Marocco o a New York, non ha importanza.



    *



    La sedia di paglia si è rotta,
    ne conservo solo lo schienale.
    Fu regalo di un amico defunto
    ormai sparito, suicida, arrivato
    nel buio calmo degli Inferi.

    A presto mi dice nel sogno
    a presto dentro la stufa aspettando
    l'Inverno dove butterai lo schienale
    e della vecchia sedia non resterà
    traccia, come noi mortali.
    Diventerà fuoco, poi brace
    piena di tizzoni ardenti
    sfrigolando nel pianto sommesso

    della cenere.
    Tu, tu,

    sempre tu
    calzando mattutine babbucce
    ti riscalderai al fiato
    solenne di una statua

    bottiglia di Centerbe.
    _______________________________
    Jai guru deva om
    Nothing's gonna change my world

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    Francesca Coppola
    Post: 1.097
    00 09/09/2009 10:46


    beh! sarebbe bello scambiarci opinioni al riguardo. Non credete?
    Tipo cosa ci colpisce o no, l'attenzione che si mette in alcuni passaggi, o semplicemente riportare quelli che ci sono piaciuti particolarmente...



    "i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
    www.francescacoppola.wordpress.com