00 31/07/2009 14:43
La ballata della masturbatrice solitaria



La fine della tresca è sempre morte.
Lei è la mia bottega. Viscido occhio,
Fuori dalla tribù di me stessa
l'ansimo che non ti ritrova. Matto paura
a chi mi sta a guardare. Banchetto.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Dito dopo dito, eccola, è mia.
E lei il mio rendez-vu. Non è lontana.
La sbatto come una campana. Mi chino
nel boudoir dove eri solito montarla
tu che mi prendevi a nolo sul copriletto a fiori.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Metti ad esempio stanotte, mio amore:
ogni coppia s'accoppia
rivoltolandosi, di sopra, di sotto,
in ginocchio s'affrontan spingendo
su spugna e su piume l'abbondante duetto.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Così evado dal corpo,
è un miracolo irritante. Come posso
mettere in mostra il mercato dei sogni?
Mi distendo. Mi crocefiggo.
La chiamavi mia piccola susina.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Poi venne lei, la rivale occhi neri.
Signora delle acque si staglia sulla spiaggia
ha dita vellutate da pianista
parole flautate e pudore sulle labbra.
Mentre io, gambe a X, sembro lo scopetto.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Lei ti prese come una donna prende
un vestito a saldo dall'attaccapanni,
e io mi spezzai come si spezza un sasso.
Ti rendo i libri e la roba da pesca.
Ti sei sposato, il giornale l'ha detto.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.

Ragazzi e ragazze son tutt'uno stanotte.
Sbottonan camicette, calano cerniere,
si levano le scarpe. Spengono la luce.
Le creature raggianti sono piene di bugie.
Si mangiano a vicenda. Sono sazi.
Di notte, da sola, mi sposo col letto.