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Iole Toini

Ultimo Aggiornamento: 24/12/2015 09:35
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23/12/2015 08:51
 
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Piazza Duomo

Piazza Duomo e il podere della mia pancia
che continua a credere ai tordi, alle lumache,
agli svincoli della pelle con una chiarezza
che mi intimorisce. Senza dubbio
ho avuto qualche trauma infantile.
Ne sono certa quando guardo ragazze
che attraversano il parco
sotto gli occhi famelici dei castani:
nel bel mezzo della falcata del sole
questi tipi gorgogliano la loro più vera
somiglianza con l’uomo calvo.

Ma la piazza non se ne cura, i ciottoli
continuano a farsi calpestare da persone ignote ai più,
i bar si sporgono, fanno l’occhiolino interessati;
tutto noiosamente comune all’ordine tanto caro ai piedi.

Ma torno alle mie certezze, tipo che da qualche parte rinascerò prato.

Intorno intanto altri alberi viaggiano spregiudicati
dichiarando la mia distanza dalla loro altitudine
direttamente proporzionale alla certezza di esistere.




Nel leggere questa poesia mi sono imbattuto e perché no, arenato sull’identità di quell’uomo calvo. Ho cercato di collegarlo alla piazza ma poi mi sono orientato a considerare l’immaginario infantile della poetessa. Chissà come sarà stato quest’immaginario e che ruolo avrà rivestito nei suoi sogni questa figura. Se fosse così, ho il dovere di rassicurarla almeno in questo punto che non sempre gli uomini calvi rappresentano una minaccia e stanno agli occhi famelici dei castani come i padri ai figli, il più delle volte se ne discostano e potrebbe addirittura capitare che qualcuno ami l’universo poetico e se ne cibi. Detto questo arrivo al testo, alla piazza incurante dei traumi infantili, coi suoi ciottoli indifferenti e annoiati protagonisti del viavai cittadino, ai bar che strizzano l’occhio ai passanti e di contrasto a questo strana pancia che crede nei tordi, nelle lumache in maniera chiara, evidente da farne un podere di terra invisibile ma pur sempre vero.
Ecco, che certezza è mai questa di rinascere prato? Del tipo che la superbia\spregiudicatezza delle cime degli alberi -in "altri alberi" si legge(almeno io lo sento) che sta parlando di alberi di altro tipo, uomini per esempio-implica l’esistenza dell’umile prato. la certezza d'esistere non si fonda sul pensiero stesso che s'interroga freddamente e indaga come per Cartesio ed i razionalisti, ma nel sentire lo stare in vista, -il giganteggiare nell'apparenza-, lontanissimo dal sè, dal piccolissimo podere vivo che crede nei tordi e le lumache. L'accostare podere a potere nella mia mente ha un fascino incredibile. Continuamente confondo l'uno con l'altro, come se l'una volesse suggerire anche l'altra e farmi pensare alla forza della vita nelle sue infinite manifestazioni inspiegabili sul piano razionale come l'esistenza dei singoli esemplari, di tordo, di lumaca, di uomo\donna per cui credere è più appropriato di spiegare.
E' dunque un pensiero fondante che qui si incontra, di un' uscita umile all' esistenza come quella di un prato di cui si sente tutta la vita in pancia e di cui si è partecipi.
Ah il prato! Quanti ne attraverso in città, tutti gli universi noti a me e alla stirpe dei gatti. Non sono gli stessi ma un poeta che è certo di rinascere prato, non può che essermi vicino, tanto.

ciao franco
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